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YORK (Gran Bretagna): l’ultima legione di Roma imperiale; il mistero dei soldati senza testa.

Erano tutti lì, allineati, seppelliti nel giardino di un’antica casa nobiliare di York. Cinquantasei scheletri, la maggior parte decapitati, alcuni con la testa posta tra le gambe, forse in un ultimo segno di disprezzo feroce. Un caso per Scotland Yard? No, un mistero per gli archeologi: perché quei resti recuperati nel 2004 risalgono a milleottocento anni fa, esattamente al III sec. d.C. Quando quegli uomini furono massacrati York era nota come Eburacum, il quartier generale delle legioni di Settimio Severo in Britannia, impegnate nella campagna contro i “barbari”, i guerrieri calcedoni che abitavano le terre al di là del Vallo Adriano.
Alla vicenda si è appassionata la Bbc, che per il suo programma Timewatch ha arruolato il professor Anthony Birley, biografo di Settimio Severo. Chi erano stati in vita i trenta uomini dalla testa mozzata? Anzitutto erano dei giganti per quei tempi: alti 174 centimetri, quasi la media di oggi. Avevano una costituzione robusta. Ed erano nel fiore degli anni: tra i 20 e i 45. L’età delle armi.

Non erano barbari abbattuti nella spietata guerriglia condotta ai confini con l’impero, quando gli antichi scozzesi dissanguavano le legioni con attacchi mordi e fuggi e venivano ripagati con la strategia della terra bruciata. L’esame dello smalto sui loro denti ha svelato che venivano da ogni angolo dell’impero. Alcuni da province del Mediterraneo, uno dalle Alpi, uno dall’Africa. Potevano essere gladiatori. O legionari caduti in battaglia. Ma perché poi privati della testa? Una prima teoria è stata esaminata dalla squadra archeologica della Bbc: una procedura pagana. I romani erano superstiziosi e molti credevano che rimuovere la testa di un cadavere liberasse poteri magici facilitando l’ingresso nell’aldilà. E impedendo ai defunti di tornare a perseguitare i vivi. Ma l’ipotesi è stata scartata dagli anatomopatologi che hanno esaminato i resti: quel rito si faceva dopo la morte, usando una lama che tagliava di netto alla base del collo. I giganti di Eburacum invece erano stati decapitati brutalmente, con colpi che avevano fracassato le ossa del collo finchè la testa non era rotolata via.
Le ossa avrebbero dovuto rivelare i segni del combattimento, costole spezzate da un giavellotto, gambe troncate da un colpo di mazza, mani e braccia piegate da un colpo d’ascia mentre alzavano lo scudo in un ultimo tentativo di difesa. Niente di tutto questo. Fu un’esecuzione di massa. Tutti colpiti alle spalle. Uno degli scheletri portava ancora le catene alle caviglie.
Gli archeologi hanno scavato nella storia per scoprire una vicenda di odio, tradimento e guerra civile.
Settimio Severo aveva sconfitto i Parti, a Oriente. Ma nel 208 d.C., quando aveva già sessant’anni, voleva un ultimo trionfo. Era venuto a Eburacum e si era portato dietro i due figli, Bassiano (noto come Caracalla, dal nome della tunica con cappuccio che indossava in Britannia) e Geta. E’ lo storico Dione Cassio che descrive quei due ventenni: “I figli di Severo oltraggiavano le donne e abusavano degli uomini, distraevano denaro dai fondi imperiali ed avevano come amici gladiatori e carrettieri. Erano simili in tutto … ma pieni d’odio nella loro rivalità. Se uno sceglieva una parte, l’altro avrebbe sposato quella avversa”.
Alla morte di Settimio Severo, nel 211, quella rivalità divenne guerra, per la conquista dell’Impero romano. Gela fuggì, ma fu raggiunto da Caracalla a Roma e pugnalato tra le braccia della madre.
E secondo la Bbc alla vendetta del nuovo imperatore non sfuggirono nemmeno quegli uomini nella lontana Britannia che avevano scelto la parte sbagliata: i trenta legionari dalla testa mozzata sarebbero stati seguaci di Geta. Ma il professor Birley, eccitato nella sua veste di investigatore, ha cercato di superarsi, dando anche un nome agli scheletri: tra le prime vittime della purga a Eburacum-York ci furono Castor, il vecchio ciambellano di Settimio Severo; e poi il tutore Euhodus, che aveva cercato di portare concordia fra i due fratelli; e forse in quella fossa finì il medico di corte, che aveva rifiutato un favore a Caracalla, avvelenare Settimio Severo.
Sei anni dopo, nel 217, su una pista a Oriente (nell’odierna Turchia), un altro legionario avrebbe alzato il pugnale e colpito a morte: questa volta toccò a Caracalla.


Fonte: Corriere della Sera 22/04/2006
Autore: Guido Santevecchi
Cronologia: Arch. Romana

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