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VERONA. Altri tre scheletri trovati sotto gli arcovolti.

arcovolt

È l’Arena delle sorprese. Che dopo duemila anni continua a stupirci. A raccontarci com’è stata, com’è. E anche come sarà. Accompagnando la vita della sua e della nostra Verona, il cui centro storico è patrimonio dell’Unesco, quindi del mondo intero.
Sono tre, vicini. Rinvenuti a non oltre quaranta centimetri sotto terra. Forse in una tomba di famiglia. Un maschio adulto e due adolescenti, sui 16 anni, uno dei quali con certezza è di una femmina.
Dentro l’arcovolto 10 dell’Arena sono spuntati tre scheletri. Che si aggiungono a quello, di una donna, forse del periodo tardo-romano, rinvenuto lo scorso dicembre, e ad altri, otto anni fa. I ritrovamenti archeologici dell’arcovolo 10, come per il 31, sono avvenuti nel corso dei cantieri di restauro dell’anfiteatro romano.
Dalla pulizia delle gradinate e di tutte le pietre, alla sigillatura, al rifacimento dei bagni e alla sistemazione degli impianti elettrici, alla riqualificazione di tutti gli arcovolti.
Un monumento che, oltre a essere il tempio della lirica e dei concerti è sempre di più «un serbatoio di storia, da scoprire ancora», dice l’archeologa Brunella Bruno, della Soprintendenza. Presenti il sindaco Federico Sboarina, il vicesindaco e assessore ai lavori pubblici Luca Zanotto, l’assessore alla cultura Francesca Briani, il soprintendente all’archeologia, belle arti e paesaggio Vincenzo Tinè. E poi la Bruno, Irene Dori che si occupa delle ricerche antropologiche, l’esperta di numismatica del Comune Antonella Arzone e gli archeologi della ditta Lares, incaricata degli scavi. C’è anche il conservatore dell’Arena, Franco Volterra. Amministratori e archeologi spiegano che dopo i ritrovamenti della prima sepoltura a dicembre, la Soprintendenza ha disposto ulteriori approfondimenti archeologici per verificare se anche altri piccoli e stretti arcovolti interni fossero destinati a usi funerari, come avvenuto per l’arcovolto gemello interno, il 31. Sono arcovolti di piccole dimensioni, chiusi e inutilizzati da decenni se non saltuariamente come deposito, che la Soprintendenza ha ben inteso potessero custodire sorprese. Bruno e Dori, stando alle prime analisi, fanno sapere che «l’età dei più giovani si evince, anche a occhio nudo, non solo dalla diversa lunghezza degli arti, più corti rispetto a quelli dell’adulto, ma anche dallo spessore delle ossa che risultano più minute».
Ma a quando risalgono le tre sepolture? Come illustra Arzone, di certo l’uomo adulto è vissuto nel dodicesimo secolo: «Una certezza che proviene da alcune monete rinvenute in una sorta di borsellino attaccato alla fibbia circolare. Le analisi numismatiche già effettuate confermano che si tratta di denari enriciani, una monetazione della Zecca di Verona, l’unica in circolazione nel XII secolo».
«Questo monumento non finirà mai di stupirci e ci ha regalato un’altra grande emozione», sottolinea Sboarina. Mentre il vicesindaco Zanotto sottolinea che «grazie al restauro conservativo dell’Arena vediamo una cavea che, nella parte conclusa, ha ritrovato i colori originali dell’epoca romana. E le innovazioni tecnologiche che faranno dell’Arena un monumento moderno e più sicuro».
Il restauro dell’Arena, svolto dal Comune, proprietario, in collaborazione con la Soprintendenza, è finanziato con 14 milioni, sette a testa, da Fondazione Cariverona e Unicredit, grazie all’Art Bonus, che consente di detrarre fiscalmente il 65 per cento. I tre scheletri verranno portati in laboratorio per le analisi più approfondite. E la voglia di nuovi ritrovamenti c’è già.

Autore: Enrico Giardini

Fonte: www.larena.it, 11 giu 2021

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