Archivi

VENEZIA. Dal cantiere di piazza San Marco spuntano decine di teschi e ossa.

venezia

Il cassone «di giornata» conteneva una montagna di ossa e cinque teschi. Tra questi ne spiccava uno con i denti bianchissimi, quasi che non fosse passato un giorno invece che più di sei secoli: probabilmente si trattava di un uomo giovane e il fango che l’ha ricoperto per secoli, fino a poche ore fa, l’ha preservato come se fosse appena uscito dal dentista.
Ma ormai quasi ogni giorno è così. Perché tutta l’area che si trova attorno alla Basilica di San Marco in epoca medievale era un cimitero per le persone più benestanti, che si facevano seppellire nella zona più prestigiosa della città. E così, ora che le imprese che stanno lavorando alla barriera di vetro a difesa della chiesa dalle acque alte hanno iniziato a scavare la zona attorno ai leoncini, di scheletri ne stanno spuntando a decine.
«Questo, insieme alle acque alte, sta rallentando i lavori – spiegano Renzo Rossi, a capo dell’omonima impresa, e Devis Rizzo, presidente di Kostruttiva – Rispetto ai tre mesi previsti potrebbero servirne almeno altrettanti». Se già infatti c’erano i numerosi stop dovuti alla marea, che quando sale sopra i 50 centimetri sul livello medio allaga il cantiere, i rinvenimenti archeologici sono l’altro «problema» che si sta frapponendo all’avanzata dei cantieri.
Ogni volta che viene trovato qualcosa, infatti, interviene l’archeologo di cantiere che valuta il da farsi.
Gli scheletri dovrebbero risalire a un periodo tra il 1300 e il 1400 e una volta rimossi vengono messi in un magazzino ad hoc: peraltro una parte era già stata tolta quando vennero realizzati gli scavi del collettore fognario un secolo fa. Tre anni fa fu invece la volta di due scheletri ritrovati dall’altro lato della Basilica, verso Palazzo Ducale, durante i lavori di scavo per i lavori del sistema di pompe a protezione del nartece, cioè l’atrio.
«In quel caso si trattò dell’unico scavo un po’ più profondo, visto che il resto dei lavori erano superficiali – continua Renzo Rossi – Ora invece stiamo scavando a mezzo metro di profondità e poi per un tratto dovremmo scendere a un metro e mezzo».
Ma non ci sono solo le ossa: stanno infatti emergendo anche dei pavimenti antichi sul fronte della Basilica, che dovrebbe risalire al 1300 come dimostrano i mattoni piccolini che venivano chiamati «altinelle» proprio perché erano prodotti ad Altino. Gli scavi tra l’altro hanno dimostrato che in alcuni punti mancano le fondazioni e questo potrebbe portare le imprese a fare qualche rinforzo, per il quale serviranno dei progetti.
Tutto questo però comporterà dei ritardi rispetto alla tabella di marcia. I lavori sono stati consegnati un paio di mesi fa, ma sono iniziati operativamente da un mese. L’obiettivo era arrivare ad avere la Basilica protetta per la messa di Natale. Le lastre di vetro stopperanno infatti l’acqua che di solito entra nel nartece dalla piazza, quando la marea supera gli 88 centimetri e scavalca dunque il bordo. In realtà proprio l’aver avviato i cantieri in prossimità della stagione in cui le acque sono più alte, insieme all’incognita archeologica, sta rallentando le operazioni. Peraltro dopo un ottobre con maree limitate, proprio all’inizio della prossima settimana ci saranno tre giorni impegnativi, in cui sarà quasi sicuramente alzato il Mose. Il Centro maree del Comune di Venezia, guidato da Alvise Papa, ha infatti previsto che la «saccatura» che da domenica sera interesserà la zona sopra le Alpi avrà delle ripercussioni anche sul Veneto, tanto più in giornate in cui c’è anche un’elevata marea astronomica di base (sopra gli 80 centimetri). L’ipotesi è che già lunedì sera la marea possa salire addirittura sopra i 130 centimetri, quota che fa scattare sicuramente il sollevamento del Mose. In questi giorni sono stati eseguiti dei nuovi test delle paratoie, che sono state alzate una bocca di porto per volta e che hanno dato risultati positivi.

Autore: Alberto Zorzi

Fonte: www.corrieredelveneto.corriere.it, 29 ott 2021

Segnala la tua notizia