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TURCHIA. L’alba delle città (e dello stress) nel Neolitico.

NEOLITICO

Scorte di cibo più sicure e insediamenti stabili. Una vita a stretto contatto con gli altri membri di una comunità numerosa, che garantiva maggiori relazioni sociali e sviluppo culturale. Ma anche maggiore esposizione alle malattie infettive e a una primitiva forma di stress psicosociale, che poteva sfociare in conflitti anche violenti.
Sono questi alcuni tratti delle società del Neolitico sorte dopo il passaggio dalla sussistenza basata sulla caccia e sulla raccolta a quella basata sull’agricoltura e sull’allevamento.
Uno studio pubblicato sui “Proceedings of the National Academy of Sciences” da Clark Spencer Larsen, dell’Ohio State University a Columbus e colleghi, aggiunge informazioni importanti per comprendere questa svolta fondamentale della storia umana, grazie a nuove analisi dei resti rinvenuti nel sito neolitico di Çatalhöyük, in Anatolia, Turchia.
Spencer Larsen e colleghi hanno analizzato 742 resti umani risalenti a un periodo tra il 7100 e il 5950 a.C., quindi successivo all’avvento dell’agricoltura e della domesticazione degli animali. I dati raccolti mostrano un notevole aumento dei tassi di fecondità e di natalità rispetto ai secoli passati, con una crescita della popolazione che poteva arrivare a 3500-8000 individui.
La comunità assume sempre più i tratti di una società complessa, caratterizzata dallo sviluppo della cultura materiale, come testimoniano dipinti murari e statuette di esseri umani e animali emersi dagli scavi; e come suggeriscono anche gruppi di abitazioni molto vicine tra loro, con sepolture sotto i pavimenti delle case e resti di scheletri umani molto ben preservati. Queste modalità di sepoltura sono le stesse in tutto il sito, e fanno pensare a un forte senso di comunità.
La straordinaria abbondanza di resti di vegetali e animali getta una luce sulle coltivazioni e sulle specie che erano la base alimentare degli abitanti di Çatalhöyük. Le varietà agricole più consumate sono farro dicocco (Triticum dicoccum) e piccolo farro (Triticum monococcum), frumento, orzo, segale, piselli, lenticchie e altre specie vegetali non domesticate contenenti amido. Gli allevamenti sono principalmente di ovini e caprini, mentre le fonti di proteine animali non domesticate sono lepri, cervi, pesce e crostacei.
Tutti questi sono elementi indicativi di miglioramenti dell’alimentazione e delle condizioni di vita. Ma il modello di vita proto-urbano di questi millenni è anche fonte di problemi di salute. Il maggior consumo di carboidrati determina un incremento delle carie dentali, mentre l’elevata densità abitativa contribuisce, insieme alla prossimità con gli animali domestici, a una maggior incidenza delle malattie infettive.
L’affollamento degli insediamenti stabili, infine, è fonte di una maggiore competizione tra i membri della comunità e di una forma primitiva di stress psico-sociale: aumentano le occasioni di conflitti e di violenza, come indicato dalla diffusione delle lesioni craniche.

Fonte: www.lescienze.it, 19 06 2019

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