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TARQUINIA (vT). Gravisca liberata.

A poca distanza da Tarquinia Lido, in provincia di Viterbo, il sito archeologico di Gravisca, indagato dagli anni Sessanta da Mario Torelli, ha restituito un complesso di edifici, gran parte dei quali dedicati al culto.
Gravisca è il nome della colonia romana del 181  a.C., che sorse in corrispondenza del porto dell’antica città etrusca. Il porto si connotava come emporion, un luogo «protetto» per la sua sacralità, che consentiva ai mercanti stranieri non solo di esercitare le attività commerciali in tutta sicurezza, ma garantiva loro la possibilità di praticare liberamente le proprie funzioni religiose. Le divinità oggetto di venerazione, come indicano i numerosi ritrovamenti di oggetti votivi, erano in prevalenza femminili: Afrodite, Hera, Demetra, Adone e Turan, dea etrusca corrispondente ad Afrodite, alla quale si attribuiva anche il ruolo di protettrice della navigazione.
La datazione del complesso si situa tra l’inizio del VI e il III secolo a.C. In prossimità dall’area archeologica, il paesaggio che declina verso il mare è stato per lungo tempo interrotto da uno scheletro in cemento armato, che insisteva sui resti di una domus romana del IV secolo d.C. Priva della necessaria concessione edilizia, la struttura portante dell’edificio è rimasta in piedi per una quarantina d’anni, impedendo ai cittadini e agli studiosi di visitare i resti della domus, nella quale fu rinvenuto un gruzzolo di 176 monete, ora nel locale Museo Etrusco.
Il lavoro di demolizione, assai delicato, è stato condotto con estrema cautela, per non arrecare ulteriori danni alla villa. Un plauso quindi al Ministro per i Beni e le Attività Culturali, esortandolo però a dar seguito all’abbattimento degli altri «ecomostri».

Autore: Maria Arcidoacono

Fonte: http://www.archeo.it, settembre 2007

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