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SIRIA: Qala’at Salah ad-din (Castello di Saladino).

La Siria è sempre stata una regione di notevole importanza sin dall’antichità per la sua posizione, al centro di importanti aree geografiche come l’Anatolia, la Mesopotamia, tutta l’area del Vicino Oriente, ed il Mediterraneo sul quale si affaccia in parte sul versante nord-occidentale.

È stata quindi territorio di passaggio di interi eserciti e teatro di scontri di lunghe battaglie come quelle per la riconquista, da parte di cavalieri cristiani, della Terra Santa: le Crociate.

La spedizione per la prima Crociata giunse dall’Europa alle porte dell’antica Antiochia, all’epoca compresa nei territori siriani, nel 1096, ma come ben sappiamo fu solo la prima di una lunga serie. La Siria in quel periodo faceva parte dell’impero Turco-Selgiuchide, un impero che si estendeva dall’Asia centrale all’Anatolia e a tutto il Medio Oriente, occupando i territori dell’antico impero arabo-musulmano, compresa Baghdad sede del Califfo, la cui autorità rimaneva di fatto solo nominale. Ma in realtà ogni provincia dell’impero Selgiuchide era praticamente indipendente e i membri della famiglia regnante erano totalmente assorbiti dalle loro liti dinastiche. Sarà proprio quest’ultimo uno dei problemi più gravi che ostacolerà i musulmani nel contrastare la presenza straniera. I crociati, forti dell’elemento sorpresa e delle resistenti armature di cui i musulmani deficitavano, ebbero la meglio in numerose battaglie all’inizio degli scontri, e dovette passare del tempo finchè la coalizione nemica riuscisse a riscuotere delle rivincite.

Grande figura di spicco è senza dubbio quella di Salah ad-Din Ibn Ayyub (Saladino), il quale alla testa delle truppe curde, sotto il comando di Nur ad-Din (Norandino), riuscirà a riportare Gerusalemme in mano musulmana (1187) ed a fondare una dinastia che regnerà per breve tempo nei territori Sirio-Egiziani, quella Ayyubide che prende il nome dal padre di Saladino.

In tutto il territorio Sirio-Giordano tra l’XI e il XIII secolo sorgeranno innumerevoli fortificazioni sia sul litorale siriano che nell’entroterra, ed è difficile identificarvi un unico stile a causa di quella mescolanza venutasi a creare col susseguirsi delle distruzioni e delle ricostruzioni operate in una stessa fortificazione dai nuovi occupanti.

Un notevole esempio, capolavoro di architettura crociata tutta europea, è quella del noto Krak des Chevaliers, un’impressionante monumento architettonico rimasto perfettamente integro, situato nella provincia della città siriana di Tartusa, che domina una panorama spettacolare ricco di vegetazione mediterranea. Ricordiamo anche la cittadella fortificata di Aleppo.

Ma in realtà qui si vorrebbe citare un altro esempio di architettura di epoca crociata, che, se poco conosciuto dal punto di vista turistico, lo è ancor meno da quello archeologico artistico; esso non è stato studiato in maniera approfondita nel corso dei secoli e, a mio avviso, non gli è stata data la giusta attenzione.

Durante una visita, nell’autunno del 2002, si è potuto constatare con piacere che erano in corso dei lavori di restauro, ma a causa di questi risultava ardua una corretta lettura degli ambienti del castello.

Provenendo da Al-Haffa il castello di Salah ad-Din appare, osservandolo dai colli posti sul versante settentrionale, abbarbicato su una boscosa cresta e reso praticamente inespugnabile dagli strapiombi che la circondano. La strada dalla cima poi scende a continue curve e attraversa la valle, un corso d’acqua che in fine raggiunge una profonda gola artificiale.

Questa è stata ricavata scavando un fianco del colle, separando così il castello dalla cresta principale: in mezzo al canyon vi è un pilastro monolitico, alto più di 28 m. a base quadrata e rastremato verso l’alto, che fu risparmiato dallo scavo del fossato e che aveva funzione di battiponte, ovvero serviva a ridurre la luce tra il castello e l’altra sponda della collina, una distanza troppo grande per un’unica campata. Probabilmente in origine il pilastro era unito per metà alla collina mediante un ponte stabile, mentre dal posto di guardia veniva abbassato di volta in volta un ponte levatoio che copriva l’altra stazione dell’intervallo.

Dall’esterno, la cinta muraria si presenta cadenzata da una serie di torri semicircolari sul versante orientale, quadrangolari su quello meridionale, e contrafforti sul rimanente perimetro, tutti comunque aggettanti dalle cortine: elemento, questo, ben noto nell’antichità classica, lo riscontriamo nelle fortificazioni romane di tutto il vicino oriente. Il castello aveva due accessi, uno attraverso il ponte levatoio appunto, che lo metteva in comunicazione con la parte alta della collina, e uno raggiungibile dal canyon per mezzo di ampie gradinate, un tempo percorribili a cavallo.

Quest’ultimo è oggi l’unico accesso fruibile; non sono in grado di affermare se sia coevo o posteriore all’altro ingresso poichè le fonti da me consultate non ne riportano la datazione.

Il sito risale ad epoca Selgiuchide, ma la costruzione della fortezza venne iniziata dai bizantini nel X sec.; il luogo, scelto per la sua posizione strategica perchè a metà strada tra Lattakia e Aleppo, era in grado di dominare le pianure dell’entroterra: i resti dell’opera Bizantina sono visibili nella parte più elevata del sito. In seguito i crociati se ne impadronirono nel XII sec., dandone il nome di Qala’at Sayhun, da Roberto di Saone, uno dei crociati che iniziò l’ampliamento del sito poco prima dell’ anno 1188 (quando cadde in mano musulmana) ma la cui massima estensione venne raggiunta sotto l’ayyubide Salah ad-Din. I crociati non riuscirono più ad impadronirsene, rimase in mano musulmana fino a quando l’edificio, alla fine del XIII sec., in epoca Mamelucca, perse la sua importanza strategica e venne abbandonato. Solo recentemente la fortezza viene ribattezzata con il nome di Salah ad-Din.

Di conseguenza si può dire che la fortezza come la vediamo oggi, è stata quasi interamente costruita dai sovrani musulmani e presenta le peculiarità di una vera e propria cittadella musulmana in tutte le sue parti. L’ingresso, all’interno di una grossa torre quadrata, è a gomito e piega verso sinistra; appena fuori dal torrione ci si trova di fronte ad un’altra residua testimonianza bizantina: una piccola cappella.

A destra dell’entrata, sul lato sud, sono ubicate due torri quadrangolari a due piani, le uniche ora accessibili, dalle quali si domina perfettamente tutta la vallata sottostante. All’estremità sud-orientale troviamo una cisterna per l’acqua, alta 16 m; salendo verso nord c’è un grande ambiente all’aperto su due piani del quale rimane parte del piano elevato formato da un lungo corridoio aperto su un lato da grandi arcate, pare fosse adibito a scuderia ma l’interpretazione data non sembra trovare riscontri attendibili.

Straordinario esempio di architettura crociata lo troviamo sul lato orientale a nord della scuderia: il torrione principale, il mastio(o donjon), con muri in pietra spessi 5 m, il suo interno presenta un ambiente molto ampio ed archivoltato, forse utilizzato come prigione. I suoi architetti sembrano essere stati cristiani provenienti dall’Europa, quegli stessi architetti cioè che hanno contribuito a diffondere lo stile “Franco” nei castelli crociati in tutta l’area mediorientale. Con il termine Farangi, “Franco”, gli arabi indicavano tutti coloro che in nome della cristianità si erano mossi dall’Europa per riscattare la Terra Santa. È impossibile, quindi, poter identificare con questo termine generico, l’origine esatta di uno stile che manifesta diverse varianti. Il donjon, a pianta quadrangolare, derivato dell’esperienza carolingia, rappresenta una novità nell’architettura crociata, anche se in realtà il Vicino Oriente conosceva già esempi di questo tipo nell’architettura militare coloniale romana e nei castra bizantini.

In occidente era di solito ubicato nella parte più protetta della fortificazione, ne costitutiva cioè il ridotto di difesa, mentre in oriente occupava la parte più esposta agli attacchi; proprio come nel nostro caso, infatti insieme al posto di guardia, costituiva la parte maggiormente fortificata, perchè il crinale orientale era quello dal quale si temevano principalmente gli assalti.

Proprio per questo Saladino, abile stratega, nel 1188, attaccò le mura settentrionali con catapulte dalla collina di fronte, in modo da abbatterle e permettere alle sue truppe di irrompere e sconfiggere l’esiguo numero della difesa crociata.

Non resta che parlare di quelle unità distintive di una cittadella islamica, rese fortunatamente leggibili grazie ai restauri portati a termine: in prossimità della cappella bizantina è presente un’altra struttura religiosa, una piccola sala rettangolare adibita a masjid (moschea) caratterizzata da un muro rivolto verso la mecca nel quale è inserita una nicchia (mihrab) per indicare la direzione della preghiera; su uno dei muri è riportato il nome di un sovrano Mamelucco: Kalawun (fine XIII secolo)

Senza alcun dubbio, però, l’aspetto più interessante dal punto di vista architettonico è lo splendido complesso di bagni arabi (hammam), d’epoca ayyubide, un elemento presente in tutte le fortificazioni di epoca crociata. Dalla pregevole realizzazione del lavoro si può dedurre che vi aveva accesso soltanto una ristretta cerchia di privilegiati, come il sultano e personaggi di un certo rango: i bagni sono preceduti da una vasca ornamentale all’aperto e accessibili da un portale a muqarnās (stalattiti) con conci bicolori, e presentano il classico modello tripartito con un bel vestibolo, rischiarato dall’alto mediante un oculo, un tepidarium e un calidarium con ampie vasche per abluzioni in acqua calda.

Nella speranza che i restauri vengano portati presto a termine, sarà sicuramente possibile uno studio più accurato del sito e forse anche una maggiore valorizzazione.

Bibliografia:
Crusader Castels, T.E. Lawrence,
Guide del Mondo, Touring Club Italiano,
Il Mediterraneo e l’Arte nel Medioevo, a cura di R . Cassanelli, Jaca Bookm,
Lonely Planet Guide,
Le crociate viste dagli arabi, Amin Maalouf.

Autore: Antonella Bortolato
Cronologia: Arch. Medievale

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