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SAN VINCENZO AL VOLTURNO (Is). Scavi e scoperte nel Monastero.

volturno

San Vincenzo al Volturno, questo il nome della località (siamo in provincia di Isernia, nei pressi delle sorgenti del fiume Volturno), fu sede, dalla fine dell’VIII secolo, di un complesso monastico estremamente importante, in quanto rappresentava il punto di riferimento religioso di quell’area dell’Italia nota all’epoca come Longobardia del Sud. E infatti il centro fu fondato solo dopo il benestare del potente duca di Benevento Gisulfo I.
Saccheggiato e dato alle fiamme dai Saraceni nell’anno 881 e riedificato tra la fine del X e gli inizi dell’XI, San Vincenzo ospitava circa 400 monaci. Era un complesso vasto, composto da vari ambienti che si sviluppavano intorno a dei chiostri molto scenografici.
I primi ad arrivare in Molise per scavarlo furono, negli anni ’80, gli archeologi britannici della University of East Anglia di Norwich, ma solo un decennio dopo, grazie alle intuizioni del professor Federico Marazzi, docente di Archeologia Cristiana e Medievale dell’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli, vennero realizzate le scoperte più importanti che consentirono di tracciare la topografia esatta della piccola città-stato.
Proprio nel chiostro centrale del monastero, dunque, qualche mese fa gli archeologi partenopei, “sponsorizzati” dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli, hanno recuperato una grossa olla in terracotta che – si è capito in seguito – costituisce un pezzo di inestimabile valore.
“Sulla superficie esterna sono state graffite le figure di tre individui in abito monastico e altri segni che sembrano lettere e stelle”, spiega Marazzi.
Se i disegni vergati sulla ‘pancia’ del vaso appaiono parecchio intriganti, quel che è conservato al suo interno lo è anche di più.
“Nell’olla abbiamo trovato frammenti di ceramica di forma oblunga, riteniamo siano delle tessere”, annuncia, con una certa emozione, il responsabile dello scavo molisano, Daniele Ferraiuolo, mentre ci mostra gli oggetti. L’olla potrebbe essere stata usata come urna per consultazioni interne alla comunità monastica e quelle tessere in pietra incise avrebbero rappresentato le ‘schede elettorali’.
volturnoMai un oggetto di questo tipo è stato rinvenuto in un contesto archeologico, sarebbe la prima volta in assoluto. Ma, come si diceva, sono tanti gli interrogativi a cui dare risposte. Per esempio cosa significhino le lettere A ed R di fianco alle stelle a cinque punte, oppure, proprio vicino ad una delle anse, la lunga iscrizione in stile ‘protobeneventano’ (che, tra l’altro, consente la datazione del vaso ad un periodo compreso tra l’VIII e il IX secolo).
La frase, molto probabilmente graffita dalla stessa mano che disegnò le figure, riporta parte di un nome accompagnato da una formula cristiana elegante e molto diffusa in ambito monastico: […]nar [..]egnanus indignus Dei serbus. La qual cosa porta gli studiosi a ritenere che l’autore fosse proprio un monaco educato nel cenobio.
Purtroppo è ancora presto per risalire al significato che aveva in relazione all’oggetto su cui è vergata.
San Vincenzo era un luogo di fede ma anche un polo ‘tecnologicamente’ autonomo. I monaci che vivevano lì producevano tutto in casa, dagli oggetti in ferro alle serrature, dagli attrezzi da lavoro alle mattonelle in terracotta, dalle campane di bronzo alle vetrate.
Già, il vetro: in Molise lo si colorava, decorava e lavorava già prima dell’anno Mille, mentre per vedere le prime spettacolari vetrate artistiche nelle cattedrali bisognerà attendere addirittura il XII secolo, con le francesi Reims, St. Denis e Chartes. E’ dunque plausibile che anche in quanto a meccanismi di democrazia interna i chierici locali fossero avanti anni luce rispetto ai loro colleghi europei.

Autore: Marco Merola

Fonte: www.nationalgeographic.it, 18 luglio 2019

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