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SAN LORENZO BELLIZZI (Cs). Ritrovati i resti di un uomo vissuto 7000 anni fa.

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Nei pressi di San Lorenzo Bellizzi, un municipio di circa seicento abitanti in provincia di Cosenza, si trova la cosiddetta Pietra Sant’Angelo, una formazione calcarea in cui, fino ad ora, sono state individuate ventuno caverne. Una di loro, la Grotta di Pietra Sant’Angelo, ha custodito per millenni un tesoro inestimabile: i resti di tracce di frequentazioni umane risalenti al Paleolitico.
Situata nell’estremo sud orientale del Parco Nazionale del Pollino – l’area naturale protetta più grande d’Italia – questa grotta ha da poco restituito un tesoro che potrebbe portare a rivalutare totalmente l’interesse archeologico della zona: all’interno di una nicchia è infatti stato ritrovato ciò che resta del corpo di un uomo vissuto migliaia di anni fa.
La dottoressa Antonella Minelli (Università degli Studi del Molise) e il dottor Felice Larocca (Università degli Studi di Bari Aldo Moro), dirigono in maniera congiunta il progetto e hanno collaborato con il Comune di San Lorenzo Bellizzi per dare inizio, nel 2017, alle campagne di scavo finanziate dal municipio cosentino e, successivamente, da parte del Parco Nazionale del Pollino e della Regione Calabria.
«Questa è stata una campagna fortunatissima, – afferma Larocca – perché il ritrovamento dei resti umani è avvenuto nel corso del terzo giorno di scavi. Quando abbiamo notato lo scheletro sepolto ad appena 35 centimetri di profondità stentavamo a crederci»
I resti, conservatisi perfettamente secondo la collocazione originale, appartengono a un uomo di circa 30-35 anni di età. Il suo corpo contratto fu sepolto in una piccola fossa scavata nella terra e poi coperta da un cumulo di pietre. Secondo le analisi condotte fino ad ora, tra cui la datazione radiocarbonica realizzata a partire dai resti di un femore, questo individuo sarebbe vissuto intorno ai 7.000 anni fa, quindi durante il Neolitico.
«La datazione in un primo momento ci ha stupito – continua Larocca – perché non ci aspettavamo dei resti così antichi a questa profondità superficiale, ma il difficile accesso della grotta insieme alla situazione geopomorfica sono stati i fattori determinanti che ne hanno permesso la conservazione».
Sui resti è stato condotto uno studio antropologico e paleontologico. Secondo la dottoressa Alessandra Cinti, dell’Università di Torino, l’uomo godeva di ottima salute. L’unico segno particolare riscontrato è un’usura dentaria localizzata negli incisivi, che potrebbe essere indice di una qualche attività diversa dalla masticazione. Un’ipotesi potrebbe essere che i denti venivano utilizzati per lavorare pellame o fibre.
«Sebbene la causa della morte sia sconosciuta, possiamo affermare che il soggetto fu spostato all’interno della grotta dopo il decesso; il corpo venne di certo legato per un trasporto più agevole e fu sepolto in posizione prona, cosa un po’ inconsueta», afferma Larocca.
L’interno della Grotta di Pietra Sant’Angelo però non ha ancora rivelato tutti i suoi segreti. Lo strato superficiale del giacimento celava alcuni manufatti come oggetti in terracotta e strumenti in pietra, in osso o in ossidiana – quest’ultima proveniva dalle Isole Eolie. La maggior parte dei reperti analizzati fin ora risalgono all’epoca neolitica ma, sotto questo primo strato, gli archeologi hanno rinvenuto i resti di alcuni focolari molto più antichi. Segnalerebbero infatti l’esistenza di frequentazioni umane risalenti addirittura al Paleolitico superiore, quindi al periodo compreso tra gli 11.000 e i 14.000 anni fa.
Tutti questi ritrovamenti, collocabili in un ampio periodo di tempo, rendono la Grotta di Pietra Sant’Angelo un luogo di inestimabile valore archeologico e scientifico. È facile immaginare perché i nostri antenati abbiano scelto questo cunicolo, lungo oltre 20 metri, per proteggersi dal freddo dell’ultima glaciazione: la grotta è difficilmente individuabile dall’esterno ed è illuminata naturalmente dalla luce del sole.
«Al comune di San Lorenzo Bellizzi va riconosciuto il merito di aver intrapreso questa ricerca con le proprie forze per investigare sul proprio passato: la ricerca è iniziata con l’esclusivo contributo comunale», precisa Larocca. E la volontà di conservare i reperti rinvenuti in zona all’interno del territorio comunale si è tradotta, l’anno scorso, nell’inaugurazione di un deposito-laboratorio archeologico. Il comune, con il sostegno della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Catanzaro, Cosenza e Crotone, ha creato le condizioni a norma di legge per cui i manufatti rinvenuti rimanessero nel territorio di San Lorenzo Bellizzi, affinché questo piccolo comune dell’entroterra calabrese diventi un’altra meta di rilevanza archeologica nel panorama nazionale.

Autore: Annalisa Palumbo

Fonte: storicang.it, 8 lug 2020

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