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ROMA. Appia Antica: il nodo scorsoio dei condoni.

“Conosciamo i giornalisti: si stancano presto”, così sentenziava un funzionario della Pubblica Istruzione circa un anno fa, quando cominciammo a denunciare le prodezze dei Gangsters dell’Appia. L’astuto funzionario si sbagliava: la campagna di stampa ha preso proporzioni considerevoli e l’Appia Antica, com’era giusto, è man mano diventata un banco di prova di tutta un’amministrazione; come era giusto essa ha procurato notevoli preoccupazioni a parlamentari, ministri e senatori, ha promosso voti, interrogazioni….ha spinto ad agire soprintendenti i distratti…ha provocato le dimissioni dell’assessore all’urbanistica Enzo Storoni. La conservazione dell’Appia val bene una crisi in Campidoglio”(da La valle di Giosafat, Il Mondo, 2.11.1954)

Ancora una volta partiamo dalle parole di Antonio Cederna per fare il punto sulla condizione dell’Appia dopo un incontro promosso, nei giorni scorsi, dal Municipio XI, dall’Ufficio antiabusivismo della Regione Lazio, dalla Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma che hanno siglato, da qualche mese, un accordo per collaborare negli interventi contro quelle realizzazioni che arrecano sfregio a questo ambito territoriale.

L’iniziativa si è focalizzata sul fenomeno massiccio delle pratiche relative a concessioni edilizie in sanatoria presso l’Ufficio Condono Edilizio del Comune di Roma riguardanti il Parco dell’Appia: concessioni rilasciate senza alcuna valutazione di conformità con lo strumento urbanistico e con i vincoli e senza l’imprescindibile parere di competenza di chi è preposto alla tutela.
Domande di condono che attendono, a migliaia, di essere esaminate dopo anni dall’avvenuto pagamento di oblazione, che ha quindi creato più che motivate aspettative nei richiedenti; domande relative alle ultime tre leggi sul condono edilizio che, in attesa di un riscontro, hanno dato luogo a un crescendo di abusi, sovrapposti uno sull’altro nel corso degli anni, determinando situazioni che, nella loro complessità, non sono ora più riconducibili a uno stato di legittimità e sono divenute, quindi, ingestibili.

Per questo, la proposta del presidente del Municipio XI di trasferire l’istruzione di queste pratiche agli uffici tecnici del Municipio, non è una provocazione mediatica, ma un’offerta di collaborazione per risolvere il problema delle numerosissime domande inevase, destinate ad aumentare nel tempo. D’altro canto i Municipi rappresentano gli organi dell’amministrazione pubblica a più stretto contatto con il territorio e di questo, come dello stato degli immobili che vi sono presenti, hanno una conoscenza non superficiale.

Per fortuna i giornalisti, come all’epoca dell’articolo di Cederna, non sembrano stanchi dei problemi dell’Appia, ne seguono le vicende, accorrono ad ogni occasione e contribuiscono, forse in forma esclusiva, a tenere viva l’attenzione sul problema. Credo anzi di poter affermare che questa attenzione non sia derivata solo dal “mestiere”, ma dal fatto che questo territorio, con la sua bellezza e la complessità della gestione che ne deriva, suscita un interesse profondo, in molti casi: a quest’attenzione, che non permette di dimenticare, l’Appia deve molte delle sue residue speranze di salvezza.

Ciò che sorprende è che, diversamente dai tempi di Cederna, non sembra che sulla situazione di questa area si manifestino preoccupazioni da parte di chi è istituzionalmente interessato al caso Appia. Il fenomeno dei condoni ha iniziato a manifestarsi nella sua gravità dal 1998 e da allora è stato sempre regolarmente denunciato dalla Soprintendenza Archeologica.
L’interesse istituzionale, all’inverso, è stato scarso, ed ha portato solo a qualche presa di posizione politica che non ha mai condotto a soluzioni efficaci: mai si è tentato un ordinamento delle leggi urbanistiche e di tutela archeologica e paesaggistica, oltre che di quelle più recenti del parco regionale, mai ne è stato condotto l’aggiornamento alla luce delle varie sentenze dei tribunali. La situazione si è a tal punto aggrovigliata che, a questo punto, occorre ribadire al più presto il sistema delle regole che governano questo territorio, affinchè ne sia garantita quella conservazione da tutti auspicata, a parole, ma sottoposta, nei fatti quotidiani, alla prevaricazione di interessi personali sostenuti da uffici legali e delegittimata dall’inerzia delle amministrazioni pubbliche.

Come ha dichiarato nell’incontro del 14 gennaio Vezio De Lucia (cfr. C. A. Bucci in La Repubblica, 15.1.2010) occorre ripartire dal vincolo decretato dal Piano Regolatore del 1965: già allora risultava evidente e, all’epoca, a livello istituzionale, che per l’Appia si fosse superato ogni limite consentito di rovina e devastazione e fosse necessario ripartire con un piano che sancisse chiaramente i valori di questo ambito territoriale e non lasciasse spazio a ulteriori scempi.

Riprendere quelle idee e quelle determinazioni non deve avere il senso di un immobilismo appiattito sul passato, ma deve divenire lo stimolo per una seria ricognizione e presa d’atto della situazione attuale e per ricominciare a decidere e progettare, nell’interesse pubblico, su questo immenso patrimonio storico-ambientale.

Autore: Rita Paris, Responsabile dell’Appia Antica per la Soprintendenza Archeologica Speciale di Roma e Ostia.

Fonte: http://www.eddyburg.it, 18/01/2010

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