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Renato CIABURRI, I Romani e le vinee.

E’ noto che i Romani, nell’utilizzare vari mezzi di assedio, si basarono anche sulle conoscenze in materia dei Greci e dei Cartaginesi. In molti casi, addirittura, le migliorarono, contribuendo cosi’ a rendere sempre piu’ potente la loro” macchina bellica.
La vinea, in particolare, era una vera e propria tettoia mobile alta circa 7 piedi, larga 8 piedi e lunga 16. Era praticamente alta 2 metri e larga 2 metri e 40 centimetri, completamente riparata su ambo i lati da vimini. Unite tutte insieme le vinee formavano un lungo e protetto corridoio, attraverso il quale i soldati romani potevano facilmente raggiungere le mura delle citta’ assediate.
Peraltro, per ovviare al pericolo di materiali incendiari buttati giu’ dagli assediati, si usava ricoprirle con coperte bagnate. Non venivano appoggiate ma fissate al terreno con pali appuntiti.
Vari storici  parlano di questo mezzo di assedio e, tra questi, figurano Tito Livio e Sallustio. Naturalmente anche Gaio Giulio Cesare ne parla nel “De bello Gallico”; le vinee furono utilizzate in gran numero proprio da questo famoso generale romano durante l’assedio di Avarico del 52 a.C., determinando la vittoria dei Romani sulla popolazione gallica dei Biturigi ed il conseguente loro massacro: solo 1000 uomini riuscirono a sopravvivere al massacro.

Autore: dott. Renato  Ciaburri – r_ciaburri@libero.it

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