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Giuliano CONFALONIERI, Archeologia precolombiana.

L’ampiezza del territorio americano nonché la carenza di attendibili fonti scritte ha impedito finora uno studio accurato delle testimonianze lasciate dalle popolazioni autoctone. Tuttavia nell’area Maya è stato rinvenuto un villaggio agricolo insieme ai resti di perdute città amazzoniche e ciò induce ad effettuare ulteriori indagini per valutare i primordi della nazione oggi predominante.
Risaliamo al 1782: colui che diventerà uno dei presidenti degli USA – Thomas Jefferson 1743/1826 – quando nel 1782 scavò un tumulo nei suoi possedimenti in Virginia, seguito poi da altri che visitarono la città Maya di Palenque. L’introduzione scientifica del metodo delle stratificazioni e le continuate esplorazioni archeologiche permisero – malgrado la mancanza di un sistema di scrittura – un riordinamento delle notizie e del materiale a disposizione.
Le moderne sofisticate metodologie d’indagine (new archaeology) tendono ormai a conservare i reperti delle varie epoche come le fortezze preincaiche in Bolivia e quindi a valutare con maggiore attenzione il contesto dell’immigrazione nel territorio attraverso lo stretto di Bering.
I rapporti culturali tra le diversissime etnie dell’immenso continente si evidenziano soprattutto nel periodo coloniale con le prime sporadiche indagini negli insediamenti europei.
L’Amazzonia nasconde tuttora antichissimi stanziamenti monumentali: fondamentale è il suo ruolo nella diversificazione dei gruppi umani, derivata dalla vastità delle varie regioni e dal clima talvolta sostanzialmente contrapposto. La cordigliera della Ande è un’importante catena montuosa che si estende dalle coste della Colombia e del Venezuela alla Terra del Fuoco (cinquanta vulcani  attivi) collegandosi poi con le catene dell’America Centrale, la Sierra Madre e le Montagne Rocciose. Il ruolo della foresta amazzonica è determinante nella formazione delle diverse culture locali: infatti nel verde inestricabile si possono ritrovare pitture preistoriche sulla roccia, un sicuro segnale della presenza umana.
Gli studi e le ricerche archeologiche si sono occupati delle antiche culture della regione di Nasca, non trovando però tracce di un sistema di scrittura: l’origine degli Olmechi e la nascita della civiltà Maya rimangono perciò avvolti nelle nebbie del passato, malgrado gli scavi dei primi insediamenti europei. Rimangono invece ben visibili le pitture preistoriche che potrebbero costituire un ponte di collegamento tra loro e noi, insieme al chiaro riferimento al contatto con le divinità. Infatti le tavolette di terracotta ritrovate con disegni incisi sembrano avere il compito di lasciare messaggi tramite un alfabeto primitivo: i resti delle fortezze in Bolivia e in Perù (databili tra il Mille e il 1400 d.C) testimoniano la presenza sul territorio di una civiltà evoluta in grado di esprimersi (il noto studioso Carlo Ludovico Ragghianti ha lavorato con i suoi collaboratoti per raccogliere, documentare, conservare, restaurare ed esporre le opere tradizionali).
Abbiamo a disposizione esempi rilevanti di queste culture grazie anche ai progressi moderni dell’indagine stratigrafica, alle ricerche geologiche, chimiche e fisiche del territorio.                       

Autore: giuliano.confalonieri@alice.it

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