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PERUGIA. Il migliore vino per i Romani conservato in un anfore made in Perugia. Riscoperte le antiche fornaci.

Il vino umbro destinato ai Romani era più buono, se conservato nelle anfore fabbricate, e cotte, a Montelabate. Località che, recentemente, è pure stata prescelta per fare da set cinematografico alla produzione de “Il nome della rosa”, ispirato all’omonimo romanzo di Umberto Eco. A Montelabate, recentemente, sono state reperite fornaci per anfore fittili, destinate al consumo di vino dell’antica Roma.
La campagna di scavi (in concessione dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali per il tramite della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria) si è attuata in due fasi (nel 2012 e dal 2016 a quest’anno) ad opera dell’Università di Cambridge e del Politecnico di Milano. Nella vallata sottostante l’abbazia benedettina di Santa Maria Valdiponte, è stata effettuata la sensazionale scoperta. Ma quale tipo di anfore? Non olearie, ma soprattutto vinarie, oltre a laterizi e ceramiche per la cucina (un po’ più tardi).
A fornire la notizia, al Manu, la direttrice Luana Cenciaioli, d’intesa con la responsabile dei lavori Maria Letizia Ceccarelli e Giorgio Postrioti, archeologo della Soprintendenza Archeologica dell’Umbria.
Le fornaci erano ben due: una delle quali molto grande (m 8*6), spaccata dalle alte temperature, e una più piccola, ben conservata, con intatti gli archi di supporto del piano di cottura. Le temperature raggiungevano i 900°C ma, per eludere l’esplosione dei manufatti, non c’era esposizione alla fiamma diretta.
Gli scavi hanno dunque confermato la creazione di anfore vinarie, realizzate a fondo piatto, proprio per evitare rotture o versamenti, durante il trasporto a Roma del vino umbro. Com’è noto, i Romani non avevano l’abitudine di assumere vino puro (merum), ma erano soliti berlo in diluizione e spesso, addirittura, “cotto”, ossia bollito in recipienti di piombo. Da qui la diffusione della malattia definita “saturnismo” cui qualche storico arriva ad attribuire la responsabilità del declino dell’impero romano.
Il nostro vino di qualità ricercata era indicato come proveniente dalla Regio VI (Umbria). Ma, a un certo punto, i nostri antenati smisero di esportarlo e preferirono consumarselo da soli. Così gli operatori di quelle fornaci, per non rimanere disoccupati, si misero a fare ceramiche da cucina. Ma anche mattoni, tegole e coppi per costruire abitazioni. Questo il succo dell’interessante scoperta archeologica, utile a far luce sulla storia e le attività del territorio umbro.

Autore: Sandro Francesco Allegrini

Fonte: www.perugiatoday.it, 15 settembre 2018

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