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Michele Zazzi. La pena del sacco era di origine etrusca?

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Uno dei supplizi più atroci previsti dal diritto romano era la pena del sacco (poena cullei).
La pena, che nel tempo subì vari cambiamenti, veniva comminata ai parricidi. Al parricida venivano fatti indossare degli zoccoli di legno (probabilmente per impedirgli di contaminare il terreno) ed un cappuccio di pelle di lupo (che voleva sottolineare l’uscita del condannato dalla società umana e civile) e condotto nelle carceri.
Dopo la fustigazione, il colpevole veniva chiuso dentro un sacco di cuoio (culleus) con un cane, un gallo, una vipera e una scimmia (ma gli animali potevano variare). Il sacco veniva poi caricato in un carro trainato da un bue nero e portato sulle rive di un fiume o del mare, dove veniva gettato.
Il rito oltre che particolarmente violento aveva forte valenza simbolica. In sostanza il parricida non solo non veniva sepolto ma prima di morire veniva privato del contatto con gli elementi: l’aria, la terra e l’acqua.
Secondo la tradizione la pena sarebbe stata introdotta a Roma da Tarquinio il Superbo per punire il decemviro M. Atinio che aveva divulgato i segreti dei sacri riti civili e, successivamente, il supplizio fu esteso ai parricidi, in quanto la profanazione dei genitori e degli dei doveva essere espiata allo stesso modo (Valerio Massimo I, I, 13; cfr. Dionigi di Alicarnasso. 4,62; Zonara, Ann. 7,11).
Per l’analisi della Pena del Sacco cfr. Eva Cantarella I Supplizi Capitali Origine e funzioni delle pene di morte in Grecia e a Roma, BUR, 2005, pagg. 215 e ss.

Autore: Michele Zazzi – michele.zazzi@alice.it

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