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Marina CELEGON. Oche e serpenti dell’Antico Egitto.

serpente

Le tavole da gioco pervenute dall’Antico Egitto sono numerose e tra queste frequenti sono quelle del gioco del serpente o mehen che prende il nome da un mitico dio serpente, presente già nei Testi delle Piramidi e meglio noto nel Nuovo Regno per il suo ruolo di guardiano della barca solare del dio Ra.
Il gioco sembra essere stato popolare solo fino alla fine dell’Antico Regno, periodo nel quale venne anche raffigurato sulle pareti di alcune tombe non reali a Saqqara. Purtroppo non ci sono pervenute le regole di questo gioco, ma diverse serie di pedine sono state ritrovate negli stessi contesti archeologici nei quali sono state trovate le tavole.
Mehen significa “colui che è arrotolato” e l’esemplare della V o VI dinastia conservato a Leida è uno dei meglio conservati ed è particolare in quanto rappresenta proprio un serpente arrotolato su se stesso, con al centro la testa finemente scolpita e le squame accuratamente delineate.
Tracce di colore fanno intuire che il serpente fosse in origine accuratamente dipinto. L’effetto sarebbe quello di un serpente arrotolato se non fosse per la testa e le zampe di anatra scolpite sul bordo esterno che non hanno trovato una chiara spiegazione.
Per alcuni era un passatempo, per altri invece il gioco aveva anche un significato funerario, dove il defunto è immaginato giocare per garantirsi il passaggio all’aldilà. Un antenato del gioco dell’oca della nostra infanzia?

Autore: Marina Celegon

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