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L’opera faraonica.

La prima fase di una opera faraonica, spetta agli scalpellini che dovevano scavare nel calcare per ricavare stanze e corridoi. Le pareti, grezze, ricevono una mano d’intonaco per creare una superficie sufficientemente liscia su cui abbozzare il ritratto.
I primi tratti venivano fatti da artisti mentre il maestro pittore, accedeva all’opera per correggere i disegni ed aggiungere dettagli. Una volta terminate la prime fasi, l’opera era pronta per guidare lo scultore di bassorilievi. L’opera veniva poi terminata da un altro artigiano, per i dettagli finali.
Con questa catena di montaggio, spazi spogli e gallerie si trasformavano in elaborate stanze ed artistici corridoi. Ma i problemi erano molti, alcuni tanto semplici quanto complessi da risolvere.
Chi operava nelle costruzioni doveva necessariamente anche respirare; le quantità di polveri, provocate dalla pietra e dallo stucco, creavano enormi difficoltà alla respirazione, spesso trasformandosi in un’impresa. Purtroppo non si era a conoscenza delle tecniche per evitare le difficoltà respiratorie e sicuramente molti operatori devono aver sofferto molto per ciò che erano obbligati ad inalare.
Un differente difficoltà era provocata anche dall’oscurità. Nel profondo degli scavi, per poter svolgere il lavoro, venivano installate lampade di terracotta con stoppini di lino. Queste lampade erano alimentate con olio o grasso, il tutto mischiato con il sale che riduceva l’emissione del fumo.


Cronologia: Egittologia

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