Archivi

Carolina ORSINI * : Schema delle culture del Perù rappresentate nella mostra al Castello Sforzesco di Milano nel 2004.

* Conservatrice delle Raccolte Extraeuropee al Castello Sforzesco di Milano

Premessa 1: la storia peruviana si divide per convenzione in periodi e orizzonti. Si tratta di un concetto vecchio ma per alcuni aspetti efficace che riassume una tendenza nella storia preispanica andina: l’alternarsi di momenti in cui prevale una cultura unificante che estende la sua influenza in tutta l’area del Perù (i cosiddetti orizzonti) e di periodi in cui prevalgono i regionalismi e le diverse tradizioni etniche locali (i cosiddetti periodi intermedi).
Questa maniera di chiamare le differenti fasi della storia peruviana si utilizza a partire dal 1000 a.C. circa, quando vediamo insorgere una prima cultura unificante nel senso che estende su una zona molto vasta del Perù una sua tradizione che è essenzialmente di natura artistica e religiosa, e forse anche politica (ma su questo punto, gli esperti sono ben lungi dal mettersi d’accordo).

Premessa 2: la geografia del Perù è assai complessa e ha profondamente influenzato tutta la storia peruviana. Il Perù è divisibile in tre fasce nel senso verticale. La prima fascia è quella costiera, è essenzialmente desertica ed è quella dove oggi si concentrano le maggiori attività industriali ed economiche, anche grazie allo sfruttamento delle risorse marine (siamo sul livello del mare). La seconda fascia è quella andina (dai 3600 a più di 6500 metri sul livello del mare), dove si pratica un’economia agro-pecuaria. Ovviamente è la zona meno popolata oggi ma in passato è stata la culla delle maggiori culture andine. Notevoli anche le risorse minerarie sfruttate abbondantemente nel periodo preispanico e coloniale. La terza fascia, sempre procedendo da ovest verso est, è quella amazzonica (dalla cosiddetta ceja de selva, attorno ai 2000 metri, fino alla vera amazzonia che è al livello del mare). Qui si sfrutta un’economia agricola (in particolare la coltivazione della frutta e della coca) e le risorse della foresta e del fiume.

Primo Orizzonte
Il primo orizzonte si caratterizza per la nascita di una grande tradizione “religiosa” che raccoglie e espande su un vasto territorio le tradizioni religiose dei periodo precedente (il Formativo). In questo periodo proprio le forme di aggregazione religiosa sembrano essere state il motore della socialità e della nascita degli insediamenti. Sino ad oggi infatti l’archeologia ha ritrovato insediamenti di questa fase associati a grandi centri cerimoniali dalla caratteristica pianta a C almeno nella zona costiera del Perù. Più disperso il modello di insediamento per la zona andina dove esiste una tradizione di architettura religiosa (quella cosiddetta Mito o Kotosh con templi molto più ridotti di dimensione e formati da camere quadrangolari) altrettanto antica e importante.
Durante il primo orizzonte queste due differenti tradizioni sembrano convergere nel modello di insediamento che sta alla base del tempio formativo più importante di questa fase che è quello di Chavín de Huántar. Chavín de Huántar è un complesso che sorge nel cuore delle Ande, sul versante orientale della cordigliera bianca del Perù. Qui, dal 1000 avanti cristo fino al 200 a.C. è fiorito un tempio, forse un oracolo, e al suo attorno una comunità elitaria probabilmente religiosa. Il tempio, costruito in maniera ingegnosa per suscitare ammirazione e timore nei pellegrini che lo frequentavano presenta nella parte più antica (il cosiddetto templo viejo) il fogón di tradizione Mito (ovvero un pozzo circolare in cui venivano bruciate le offerte) e nel templo nuevo (o castillo) una pianta a C e una piazza sprofondata che ricorda la tradizione dei templi costieri. Sia il tempio più antico che quello più moderno presentano una serie di gallerie sotterranee che dovevano in parte servire per il convoglio delle acque e in parte come camere cerimoniali sotterranee. Una di questa contiene ancora la rappresentazione in pietra della principale divinità di Chavín: un essere antropo-zoomorfo dalle fattezze mostruose scolpito su una sorta di lancia in pietra (infatti si chiama el lanzón) infissa, nella parte inferiore, nella terra e nella parte superiore nel tetto della galleria. La statua si trova proprio al di sotto del templo viejo al centro di 4 gallerie. Rappresenta una divinità suprema, i cui attributi sono il dominio sul regno vegetale, animale e umano. La posizione e l’iconografia sembrano suggerire un ruolo mediatore tra le parti in cui gli antichi andini pensavano si dividesse il mondo (hanan paccha – il mondo di sopra, kai paccha – il mondo di qua, quello in cui viviamo, hurin paccha – il mondo di sotto). Nella concezione andina l’equilibrio ha come condizione la tensione tra gli opposti: tra l’alto e il basso, tra la destra e la sinistra, tra il dentro e il fuori, ma anche tra l’uomo e l’animale, tra il sole e la luna, tra maschile e femminile e così via. Tutta l’iconografia Chavin e buona parte dell’iconografia dei periodi successivi avrà dei richiami a questo principio base che viene denominato dualismo andino. Evidentemente l’omaggio tramite sacrifici (anche umani) a detta divinità era il prezzo da pagare per ottenere un equilibrio di tutte le forze naturali e permettere il normale ciclo della vita. Garanti della buona comunicazione tra il mondo umano e quello divino erano i sacerdoti del tempio, sciamani in grado di parlare ai due mondi perché capaci di trasformarsi, in apposte cerimonie, essi stessi in esseri sovrannaturali. Nella mostra c’è un frammento di una cabeza clava (scultura in pietra che era infissa nella parte esterna del templo nuevo di Chavin) che rappresenta un di questi sacerdoti nel momento in cui si trasforma in un giaguaro (l’alter ego animale per eccellenza dello sciamano in molte tradizioni indigene americane). In generale la ceramica chavin o in stili contemporanei che subiscono la sua influenza (chongoyape per esempio o paracas) è tutta volta alla rappresentazione di questo mondo sovrannaturale.

Primo periodo intermedio
Non sappiamo come mai il centro di Chavín smise di esercitare la sua influenza nell’area andina né come mai lo stesso centro venne abbandonato e invaso da stranieri attorno al 200 a.C. Quello che sembra certo è che il primo periodo intermedio è caratterizzato dalla nascita di molte tradizioni culturali locali che si affermano sia nella zona andina che in quella costiera. Questo periodo, detto anche il periodo classico della storia preispanica peruviana, si caratterizza per il sorgere di una tradizione architettonica molto più laica, per la presenza di piccoli chiefdom che estendo la loro influenza su territori di dimensioni più o meno ridotte. Le rappresentazioni artistiche di questo periodo rappresentano non solo la casta religiosa e le divinità, ma anche una nuova élite di signori che ama farsi rappresentare con i simboli del potere economico e religioso. La nascita della rappresentazione della figura umana come di un modello d’insediamento ben definito dal punto di vista architettonico sono tutti indicatori che hanno fatto pensare che questo sia il periodo in cui nascono, in nuce, i germi dell’organizzazione statale nelle Ande. Questo periodo si caratterizza anche per la grande vivacità delle arti che sviluppano numerose tecniche innovative. La ceramica moche, la più famosa di questo periodo, si caratterizza per l’uso di stampi bivalvi e per una fine ingobbiatura color crema. I Moche sono la cultura meglio conosciuta di questa fase: gli insediamenti moche coprono un area molto vasta della costa centro settentrionale del Perù in un lasso di tempo che va dal 0 al 800 d.C. Oggi si pensa che esistessero almeno due centri di potere, uno più a nord e l’altro più a sud: si tratta di fiorenti insediamenti che ospitavano una popolazione sempre crescente, e degli artigiani specializzati nell’arte della ceramica e dell’oreficeria (ne è esempio lo splendido pendente per collana che rappresenta una testina in stile sipán di area moche). La celebre ceramica moche è rappresentata nella mostra nei suoi due filoni principali:
à la ceramica cosiddetta ritratto, figure modellate a tutto tondo che rappresentano personaggi della vita quotidiana, ma anche animali, frutti, piante divinità e prigionieri di guerra (l’intero periodo è caratterizzato da numerosi conflitti e lotte etniche),
à la ceramica a linee fini dove vengono rappresentate sempre scene mitologiche con divinità o scene di caccia, legate ad alcune forme rituali.
Contemporaneamente allo sviluppo della cultura moche nell’area settentrionale del Perù assistiamo nella zona meridionale costiera del Perù allo sviluppo della cultura nasca. Meno realista dell’arte moche, l’arte nasca si caratterizza per la presenza di due fasi, una così detta “monumentale” e l’altra “proliferata”. Nella fase monumentale vengono rappresentate in prevalenza divinità terrificanti, spesso dall’aspetto zoomorfo, come il cosiddetto mostro volante. La rappresentazione della figura umana si fa strada in maniera progressiva pur non affermandosi mai come un tema d’ispirazione preponderante. Nella fase finale della cultura nasca prevale una geometrizzazione e stilizzazione estrema dei temi figurativi, che affollano le rappresentazioni in un stile conosciuto come proliferato.

Orizzonte Medio
Verso il VI secolo dopo Cristo una nuova forza sembra affermarsi nell’area peruviana costiera e andina: si tratta della civiltà wari originaria della sierra central, della zona dell’attuale città di Ayacucho. La natura di questa influenza nel territorio andino, sia essa militare, religiosa o politica, è ancora oggi al centro di dibattiti tra gli studiosi. Si tratta della prima realtà che varca il limite del villaggio. Gli antecedenti storici della cultura wari sono da rintracciare nella zona di Ayacucho in una civiltà conosciuta come huarpa. La zona di influenza degli Huarpa si espanse al punto da confinare con la zona di influenza nasca, nelle vicinanze della costa meridionale del Perù. Nel frattempo, dall’altopiano meridionale si espandeva una tradizione culturale, conosciuta come tiwanaku dal celebre centro cerimoniale che sorge nelle vicinanze del Lago Titicaca, portatrice di nuove idee religiose e di una iconografia che presto venne a fondersi con quella wari. La produzione artistica della sierra central e meridional di questo periodo annovera almeno due stili importanti: la ceramica Conchopata con rappresentazioni del Dios de los Bakulos o dei suoi assistenti, che è collegabile direttamente alla influenza di Tiwanaku, e lo stile Chakipampa, che subisce l’influenza della millenaria tradizione ceramica della costa meridionale, o sia dei Nasca. Oltre alla ceramica è importantissima la produzione dei tessuti, veri stendardi dell’ideologia religiosa e politica wari-tiwanaku. Utilizzati in vita ma anche come offerte funerarie, i tessuti di produzione wari-tiwanaku sono considerati tra i più raffinati del mondo andino. Particolarmente importante è la fascia di piume presente nella mostra, adorno dell’elite utilizzato per la testa o per la cintura, raffigurante cormorani stilizzati.

Periodo Intermedio Tardo
Il periodo successivo, denominato periodo intermedio tardo, si caratterizza per la nascita delle cosiddette signorie etniche. Le più importanti sono in questo periodo quelle della costa centro settentrionale del Perù. Il regno chimú si estende su più di 20 valli controllando una zona vastissima che va da Chillón a Tumbes. Raccogliendo molta dell’eredità moche, i Chimú arrivarono a costruire una civiltà molto complessa, altamente stratificata e con una notevole produzione di beni suntuari. In particolare la diffusione di questi oggetti, distribuiti su un vasto territorio attraverso il complicato sistema viario che collegava le valli interandine con la costa, dove sorgeva la capitale Chan Chan, permetteva un’ampia circolazione di questi beni che si mantenne anche dopo la conquista inca del regno chimú, avvenuta tra il 1460 e il 1470. Particolarmente importante l’oreficeria e la tradizione tessile che, come ormai hanno dimostrato le scoperte archeologiche, era sotto il diretto controllo delle corti ed era eseguita da artigiane specializzate.
I temi iconografici dei tessuti rappresentano spesso il signore, normalmente con un copricapo complesso e seduto, con le gambe incrociate, su una portantina che rappresenta un’immancabile simbolo di potere in questo periodo (si veda anche la ceramica contemporanea Chancay in mostra con la rappresentazione di un signore su una portantina).
Un altro regno importante sorge nella zona della costa centro meridionale in questo periodo è quello chancay. Si tratta anche in questo caso di una signoria che espande la sua influenza su diversi valli interandine, con una sviluppata tecnologia agricola che permetteva il sostentamento di una sempre crescente popolazione residente nei centri di potere. La produzione artistica chancay fu molto feconda. La ceramica bianca a disegni neri, spesso prodotta in serie, era decorata essenzialmente con motivi geometrici e con la rappresentazione d’animali, molti dei quali non autoctoni dell’area costiera come le scimmie e i felini (si veda ad esempio l’eccezionale opera in mostra: un recipiente con un felino al laccio sul coperchio). Tali oggetti testimoniano il prestigio dei contatti a lunga distanza dei signori. Le usanze funerarie chancay, ovvero le tombe a pozzo profondo, grazie al contesto climatico del deserto costiero, hanno permesso il recupero di una gran quantità di tessuti cerimoniali, in cotone e lana di camelidi, ben rappresentati i mostra. I tessuti, assieme alla ceramica, erano offerti nelle tombe e costituivano la base del fardo, l’involto attorno al corpo dei defunti. Rappresentano immagini mitiche, in particolare le stilizzazioni di uccelli, serpenti bicefali ma anche motivi geometrici intesi da alcuni studiosi come la rappresentazione delle onde del mare. Le tecniche tessili chancay arrivarono a una maestria insuperata. In particolare le garze e le reti con rappresentazioni di pesci e uccelli, sono tra le più straordinarie opere preispaniche giunte fino a noi.

Orizzonte Tardo o Inca
Meglio conosciuto come Orizzonte inca, questo periodo vede la nascita della maggiore organizzazione statale dell’area andina, quella dell’imperio dei quattro cantoni, ovvero il Tawantinsuyo. La leggenda mitica dell’origine di questo popolo racconta che la coppia che fondò la città del Cuzco (Manco Capac e Mama Ocllo) era uscita direttamente dal Lago Titicaca grazie all’intervento del dio Viracocha. Mitologia a parte, quando l’etnia inca arrivò (forse da sud) a occupare la zona del Cuzco, la trovò abitata da altri gruppi (gli Antasayas, gli Ayacuchus, i Poques e i Lares). Il mitico Manco Capac è, nella cronologia ufficiale, il primo sapay inca, ovvero il primo sovrano di una lista di 12 che termina nel 1532, con l’arrivo degli spagnoli. Da piccola etnia gli Inca arrivarono in un periodo straordinariamente breve a costituire una complessa organizzazione statale che si estendeva, nel periodo del suo massimo splendore, dall’Ecuador al nord fino al Cile al sud. Conquistarono tutti i regni più importanti del tempo, come il grande regno chimú che divenne una delle principale province tributarie dell’Impero.
Gli Inca, come le altre culture andine, non utilizzarono mai la scrittura, ma la complessa organizzazione dei tributi e alcuni eventi importanti venivano memorizzati con l’aiuto dei quipu, cordicelle annodate, di cui abbiamo un esempio in mostra. Un altro sistema di memorizzazione e di calcolo sono le yupanas, rappresentate in mostra da due stupendi esemplari. Il dibattito sull’utilizzo di questi modellini per il calcolo è, proprio in questi mesi, al centro di un infuocata discussione che vede come protagonisti proprio alcuni studiosi italiani.

Autore: Carolina Orsini
Cronologia: Arch. Precolombiana

Segnala la tua notizia