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GUARDAMONTE (Al). Quando in Val Curone nuotavano le balene.

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I bambini l’hanno ribattezzata “Appennina”, nome inusuale per un cetaceo ma che è mutuato dalla catena montuosa dove si depositò forse 12 milioni di anni fa quando Guardamonte – a quasi 800 metri di altezza, in Val Curone – era il fondale di un caldo mare tropicale.
Oggi i resti dello scheletro che è fra i ritrovamenti italiani più antichi di cetacei sono conservati al museo di scienze naturali «Giuseppe Orlandi» di Voghera, dopo una lunga querelle amministrativa che ricorda quella di Ötzi, la mummia di oltre 5 mila anni rinvenuta nel ghiacciaio del Similaun e ora in Italia dopo che per lungo tempo fu reclamata dall’Austria.
«Anche Appennina ha un destino simile. Solo in tempi relativamente recenti si è stabilito che il luogo del rinvenimento era in terra lombarda seppure di pochi metri» spiega Simona Guioli, direttrice del museo vogherese.
La vicenda sembra una favola di archeologia, da trama di un film di genere: oltre 40 anni fa un ragazzo della val Curone, giocando in un campo di Guardamonte trovò delle ossa e si convinse che erano antiche. Sia per la sua passione per la paleontologia, sia per la vicina presenza di qualche fossile. La sua insistenza convinse il padre e alcuni appassionati della zona a contattare le autorità scientifiche piemontesi. Quando arrivarono non trovarono più nulla. Decisivo fu un improvviso acquazzone di montagna, perché per ripararsi dalla pioggia gli studiosi entrarono in uno di quei capanni semi permanenti allestiti dai cacciatori.
Solo alzando la testa scoprirono che il tetto del rifugio era fatto proprio da quel che stavano cercando: vertebre e costole di un cetaceo. In un primo momento i reperti presero la direzione di Torino ma dopo una lunga diatriba sono approdati a Voghera. «Mancano parti fondamentali per capire a quale specie il mammifero appartenesse, anche se si stima si trattasse di un animale di 4-5 metri. Si fosse trovata la mascella, sarebbe stato più semplice, ma abbiamo solo vertebre e costole, comunque utili per darci ulteriori informazioni» spiega Simona Guioli, che fa riferimento agli esiti delle analisi batteriologiche effettuate al British Museum.
Quelle ricerche hanno dimostrato come l’animale non fosse finito sulle rive di un isolotto ma in fondo ad un mare di oltre 10 milioni di anni fa, quando la Val Curone era una distesa d’acqua marina e il monte Vallassa – dove si è ritrovata “Appennina” – forse un atollo, come quelli presenti anche ai nostri giorni ai Tropici.

Autore: Maurizio Iappini

Fonte: www.lastampa.it, 30 ott 2020

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