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EGITTO: Materiali egiziani ed egittizzanti in Occidente (considerazioni di carattere generale).

L’espansione dei Fenici nel Mediterraneo rappresenta forse un caso unico, rispetto agli altri popoli vicino – orientali, in cui è possibile uno studio circa la loro più o meno contemporanea presenza in un’area geografica comune anche se mancano, a tutt’oggi, informazioni di attività colonizzatrici per molte città fenice, tranne per Tiro che è la sola città che le fonti citano come protagonista della diaspora mediterranea. Tale fenomeno di diffusione non deve essere considerato coincidente con quella fase in cui Tiro si trovò nel pieno della sua potenza, cioè nel X secolo a.C. Le fonti scritte, sporadiche e tarde, sottolineavano la diaspora fenicia in Occidente come conseguenza del ritorno degli Eraclidi dalla penisola iberica ottant’anni dopo la guerra di Troia, “leggenda” nata in età ellenistica basata sull’attribuzione di una piena veridicità storica ai poemi omerici. A smentire tali dati è l’evidenza archeologica che dimostra una presenza fenicia a Kition ed area egea intorno al IX secolo a.C. e in Sicilia, Sardegna e Spagna nell’VIII secolo a.C. circa, con una tipologia insediativa che in linea generale si ripete da Oriente ad Occidente e che trova i suoi precedenti nell’area siro – palestinese. Lo spostamento di numerose persone da Oriente ad Occidente comportò diverse innovazioni, quali, ad esempio, un consolidamento delle relazioni commerciali che solo parzialmente erano state attivate nei secoli precedenti e con l’affermazione di modelli culturali proposti dai nuovi arrivati i quali favorirono un insediamento stabile e complesso, una sorta di città, che si affermò soprattutto in Sicilia, in Sardegna, in Nord Africa e nella penisola iberica.

La società fenicia era sostanzialmente suddivisa tra un settore che era alle dipendenze del Palazzo, che poggiava sull’operatività di messaggeri, funzionari e varie maestranze, e un altro, successivo, privo di collegamenti organici con l’autorità palatina. Progressivamente, essa ha la “forza” di dotarsi di una forma di stratificazione sociale più complessa e sufficiente per dare vita al fenomeno coloniale.

Relativamente al rapporto con la colonizzazione greca, i Fenici si insediarono in Sicilia prima dei Greci per poi ritirarsi in alcuni punti più strategici, come Mozia, Palermo e Soluto, in seguito ad una avanzata greca. I primi movimenti nei mari occidentali avevano come scopo principale il commercio. Tra le motivazioni che hanno spinto i Fenici alla ricerca di un mercato mediterraneo occidentale è da annoverare la chiusura dei mercati asiatici interni a seguito della conquista assira, tenendo in considerazione anche il fatto che Tiro, città che favorì la cosiddetta diaspora in Occidente, ebbe un ruolo principale nella politica assira sia con il compito di tenere sotto controllo l’Egitto sia come strumento esecutivo di un commercio a lunga distanza. L’ostilità assira, che ostacolò l’attività dei mercanti fenici ebbe, comunque, un risvolto positivo perché fece si che i Fenici si orientassero verso mercati di altre zone e ciò favorì l’acquisizione di nuovi prodotti e, viceversa, l’inserimento dei propri in nuovi empori.

La diffusione della popolazione fenicia venne a determinare uno degli aspetti senz’altro più interessanti della diaspora, cioè l’incontro tra genti e culture in conseguenza del quale si venne a creare un rapporto tale da influenzare la civiltà fenicia sotto diversi punti di vista. In questo senso si può parlare di azione di sostrato determinato dall’incontro dei Fenici con popolazioni già presenti nelle zone in cui questi comparvero, e di azione di adstrato, cioè delle culture per così dire adiacenti a quella fenicia. Un caso piuttosto complesso è rappresentato dal momento in cui la popolazione fenicia entra in contatto con quella egizia, dato che si possono applicare entrambi i termini, cioè un’azione di sostrato, nell’area siro – palestinese, e di adstrato, nell’Egitto stesso, azioni che favorirono la diffusione della cultura egiziana anche nelle aree occidentali. Infatti, il rapporto che si venne a stabilire tra l’Egitto e Cartagine, ma anche con le altre aree occidentali, fu del tutto separato da quello che univa l’Egitto con la Fenicia, evidenziato nei rapporti commerciali che si stabilirono con i principali centri occidentali ed un tipico esempio di questa differenza si ha negli amuleti dei quali è dimostrabile la fattura egiziana e dei quali si può seguire lo stesso arco di sviluppo proprio dell’area egiziana. Quindi una provenienza, se non totale, sicuramente prevalente, dall’Egitto.

È all’interno del processo commerciale e non coloniale che si deve inquadrare il fenomeno della presenza di materiali egiziani ed egittizzanti, e in modo più ampio di oggetti di matrice orientale, la cui diffusione nell’ambito di una generale frequentazione del Mediterraneo si deve collocare tra il XI e IX – VIII secolo a.C., quindi antecedente alla fase della colonizzazione.

La presenza egizia ebbe un influsso determinante in tutti i settori artistici a tal punto che determinati motivi architettonici ed iconografici subirono una sorta di “traduzione” nell’ambiente fenicio. Non meno significativa fu l’influenza egizia nell’Occidente punico in cui si registrò sia un’importazione sia un’imitazione soprattutto di amuleti e scarabei, la cui diffusione fece sì che credenze e concezioni, in modo particolare a valenza magico – protettiva e funeraria, si travasassero nel mondo punico.

Nel tragitto verso le regioni occidentali più lontane, i Fenici prediligevano due rotte, una più settentrionale, che si potrebbe denominare “rotta delle isole”, e l’altra più meridionale. La prima puntava dalla Fenicia verso Cipro per poi raggiungere Rodi, Egeo, Peloponneso e proseguire per la costa ionica italiana e la Sicilia, e da qui verso la Sardegna e le Baleari oppure per Pantelleria, Cartagine e le coste nord – africane per arrivare nella penisola iberica. La rotta meridionale, invece, puntava verso l’Egitto e proseguiva verso Creta, Malta e la Sicilia e da qui terminava in Spagna secondo la rotta prima delineata. Fu soprattutto quest’ultima rotta che permise ai Fenici di entrare in contatto e prendere visione diretta dell’artigianato egizio per poi importarlo od imitarlo nei centri occidentali. In sostanza si potrebbe dire che fu il commercio fenicio l’unico responsabile della distribuzione degli oggetti egizi.

E’ tenendo in considerazione questo concetto che si ritrovano diversi oggetti egiziani ed egittizzanti. Con il termine “egiziani” s’intendono materiali che risultano essere fabbricati in Egitto da artigiani indigeni, e con “egittizzanti”, oggetti il cui esame iconografico e stilistico evidenzia una certa aderenza al patrimonio figurativo egiziano, ma resa con modi che rivelano differenti origini cultuali dovuti alle diverse esigenze di un mercato per lo più volto a paesi stranieri. La produzione egittizzante si riferisce a manufatti eseguiti in Egitto da maestranze straniere operanti per lo più a Naukratis ma anche a Menfi, o in un contesto non egizio per imitazioni di esemplari importati ed eseguiti da maestranze locali.

Un aspetto di difficile studio è capire quale via hanno seguito i prodotti egittizzanti e quelli originali “classici” per giungere nei vari centri occidentali, escludendo, ovviamente, il fatto che possano essere stati acquistati in tempi moderni. In entrambi i casi, la via era sicuramente di tipo commerciale, ma seguiva un tragitto difficile da definire, anche se solo per alcuni di essi si può stabilire con precisione una loro fabbricazione nell’emporion greco – egizio di Naukratis.

Elementi di minore impatto, ma non certo privi di importanza e di dignità documentativa, sono, ad esempio, alcuni aspetti che si riscontrano nell’architettura in modo particolare nella planimetria nei templi punici che riconducono ad uno schema tripartito il quale, anche se trae la fonte d’ispirazione in Egitto, rinvia ad una sua più antica manifestazione è da ricercare nell’area siro – palestinese nel periodo tra fine – Bronzo ed inizio – Ferro. Una particolare tipologia connessa con un determinato sistema decorativo trova un suo riscontro nelle edicole naiskos egittizzanti diffuse nella madrepatria fenicia ma anche in Egitto, e nelle piccole cappelle votive in pietre erette nel “Tempio degli Obelischi” a Biblo. Questi naiskos erano caratterizzati dalla presenza di un architrave composto da un cavetto a gola, decorato dal disco solare alato e da un fregio di urei discofori e che trova attestazioni in Sicilia, in Sardegna e a Cartagine. In alcuni casi, ritrovati per lo più nell’area siro – palestinese, la nicchia interna dei naiskos erano caratterizzati dalla presenza di una divinità fiancheggiata da sfingi. Il motivo architettonico egittizzante dell’ureo discoforo, su stele e cippi, presente nel mondo punico si deve datare già a partire dal III millennio a.C il quale presenta caratteristiche, pur nella loro estrema semplicità, che successivamente verranno riprese nel I millennio. L’iconografia del naiskos con fregi di urei, nel VI secolo a.C., sarà presente sotto forma di altri generi artistici come negli amuleti, nei gioielli, e nella “paccottiglia” in generale e successivamente anche nei cippi e nelle stele.

In generale gli oggetti egiziani ed egittizzanti maggiormente attestati nel mondo punico sono gli amuleti, presenti soprattutto nel tofet, nelle necropoli e nelle aree templari, quindi si collocano in un ambito che è completamente estraneo a forme di propaganda politica. Ad una prima analisi si può dire che non vi è nessuna tipologia che, per un qualche motivo, dovrebbe essere collegata alla particolare natura del contesto funerario come conseguenza della sua più diffusa attestazione. Così pure non vi era nessuna significativa correlazione tra amuleto e defunto o tra amuleto e classe sociale. Le iconografie maggiormente attestate sono da collegare unicamente alle credenze magico – protettive che in generale ricoprivano gli amuleti, di conseguenza erano assenti quelle che presentavano una simbologia complessa e maggiormente aderenti ad un contesto religioso egizio, come il nodo di Isis, la squadra e la livella da muratore. Pur avendo un’impostazione generale che risente dell’influenza egiziana, alcuni amuleti sono propri del repertorio figurativo punico.

Non solo la presenza di amuleti e di scarabei, ma anche di gioielli rappresenta uno degli aspetti più caratteristici dell’artigianato fenicio e punico, dove nei pettorali, medaglioni, anelli, bracciali ed orecchini è preminente la componente egizia. Le tematiche che prevalgono sono le medesime che si ritrovano negli amuleti e negli scarabei, cioè motivi egittizzanti dalle valenze magico – religiose, anche se la componente egiziana non è l’unica riscontrabile. Quindi sono attestate le iconografie fitomorfe come la rosetta ed il fiore di loto, zoomorfe come gli scarabei, sfingi e leoni, ma anche motivi geometrici, mentre l’unica figura umana che sembra prevalere è quella figura femminile perché da collegare al tema della fecondità.

Relativamente alla documentazione eburnea, i ritrovamenti in ambiente punico sono meno consistenti a differenza di quelli rinvenuti in siti orientali, e ciò trova una sua giustificazione se si tiene in considerazione la situazione storico – economica, nel senso che la produzione di tale forma di artigianato in Oriente deve essere connessa direttamente o indirettamente ad una società palaziale, mentre in Occidente il possesso di oggetti in avorio ha una valenza sociale di ricerca dell’esotico e del prezioso, finalizzata a sottolineare una personale agiatezza, documentabile sia in un ambito civile che religioso, cioè sia nella credenza di un viaggio verso l’aldilà che negli ex voto templari.

Vi è anche un’altra classe di oggetti che ha risentito delle influenze egizie: sono i rasoi punici, principalmente attestati a Cartagine, in Sardegna e in Spagna. Il corpus dei rasoi punici conferma il fatto la lettura di tali oggetti come veicoli di credenze funerarie d’élite. In generale, per i motivi iconografici presenti sui singoli esemplari, si potrebbe operare una sorta di classificazione: motivi architettonici e lineari; motivi vegetali; figure zoomorfe; antropomorfe; divine; simboliche; figure diverse; e scene dalla valenza cultuale. Questa classificazione potrebbe essere valida solo per Cartagine, in considerazione dell’abbondanza dei ritrovamenti, mentre per quanto riguarda le attestazioni sarde e iberiche tale suddivisione si potrebbe ridurre in considerazione del fatto che, al momento attuale delle ricerche, mancano iconografie simboliche e “diverse” in Sardegna, e motivi divini, “diversi” e scene cultuali in Spagna.

Il fatto di non attribuire a tale forma di artigianato nessuna peculiarità originale, imponeva una ricerca dei motivi che erano alla base di tali rasoi, la maggior parte dei quali spiegabili attraverso un’iconografia tipicamente egizia ma anche attraverso la cultura classica in generale; questa metodologia, però, mancando di un’esatta definizione in tutte le sue componenti, qualsiasi riscontro che venisse dall’esterno e non tenesse conto del sottile tessuto connettivo ed evolutivo interno alla categoria risultava sfocato nelle sue dimensioni storico – artistiche. I rasoi punici, di fronte ad una comparazione con quelli dell’Antico Egitto, mostrano soluzioni che evidenziano uno stretto legame con gli esemplari egiziani. Le soluzioni originali si potrebbero individuare in una maggiore decorazione plastica delle parti maggiormente funzionali senza alterarne la struttura di base, come ad esempio, la lama principale negli esemplari egizi lascia il posto al manico in quelli punici, considerata una delle elaborazioni più riuscite nei modelli bronzei, mentre la lama secondaria mantiene la sua funzione che, al contrario, perderà nelle sue soluzioni più tarde.

Iconograficamente, le figure di animali e di personaggi sembrano prevalere su quelle simboliche ed astratte, mettendo in evidenza alcuni particolari zoomorfi e anatomici.

Anche il rilievo in pietra, su stele e sarcofagi, ha conosciuto una grande produzione nel mondo punico. Per quanto riguarda le stele, sono note in grande quantità a Cartagine ma significative testimonianze si hanno anche in Sicilia e in Sardegna. Invece, i sarcofagi non mostrano solamente un’ispirazione egiziana ma in diversi casi provengono anche dall’Egitto. Comunque, bisogna notare che negli esemplari datati tra il V ed il IV secolo a.C. l’influenza greca lascia inalterata la tipologia ma muta sensibilmente l’iconografia.
Fonte: Redazione
Autore: Fabrizio Castaldini
Cronologia: Egittologia

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