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CERVETERI (Roma). La necropoli saccheggiata per togliere la tutela Unesco.

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La Smart avanza sobbalzando sullo sterrato. Arrivata a dieci metri rallenta: il guidatore ci scruta. Dietro gli occhiali scuri s’intuisce uno sguardo poco amichevole. Poi si allontana, per ripassare poco dopo in direzione contraria. Stessa andatura, identico sguardo ostile.
Siamo a Cerveteri, quaranta chilometri da Roma. Qui c’è la necropoli etrusca della Banditaccia, una delle zone archeologiche più importanti della Terra, che l’Unesco ha dichiarato nel 2004 patrimonio dell’umanità. Le tombe sono dappertutto. Sottoterra, e anche sopra, nei giganteschi tumuli dove i cadaveri venivano adagiati sui letti di tufo, insieme a monili e preziose suppellettili. Quei tumuli, soltanto nell’area recintata dove si accede con il biglietto, sono 400. Ma basta dare un’occhiata oltre il cancello per capire il resto.
Fuori da quel recinto sgangherato, in un paio di punti addirittura sfondato per permettere il passaggio di un uomo adulto senza che nessuno si curi di metterci una toppa per impedire l’andirivieni, c’è probabilmente la più grande cava di beni archeologici del pianeta: a cielo aperto e ingresso libero.
cerveteri_01_672-458_resize--75x60Da decenni alimenta il traffico illegale, per la felicità dei potentati locali, che sulla spoliazione delle tombe hanno costruito autentiche fortune, e dei mercanti senza scrupoli. Valga come esempio la storia del famoso Vaso di Eufronio, ritornato in Italia da quattro anni al termine di lunghe vicissitudini giudiziarie e diplomatiche. Per oltre 35 anni, dal 1972, quello straordinario oggetto era stato esposto al Metropolitan museum di New York, che l’aveva acquistato per la vertiginosa cifra di un milione di dollari da un commerciante americano, nelle cui mani era finito dopo una serie di passaggi, iniziati proprio a Cerveteri. Il Vaso era stato infatti trafugato da una tomba della Banditaccia, anche se non è mai stato chiarito quale.
cerveteri_02_672-458_resize--75x60E torniamo a quella macchinetta. Che ci fa un signore con gli occhiali scuri dentro una Smart appena uscita dall’autolavaggio su una strada di terra piena di buche che attraversa una zona archeologica, un venerdì mattina d’inverno a mezzogiorno? Controlla. Osserva chi passa, dove va, che cosa fa. Perché quel signore è un tombarolo. Uno dei più conosciuti, da queste parti. Vi chiederete: non ha paura di farsi vedere? Perché mai. Lui non rischia niente. Intanto grazie al nuovo codice dei beni culturali del 2004 non lo possono più arrestare nemmeno in flagranza di reato. Al massimo si becca una denuncia a piede libero. E poi la Banditaccia è la sua cava.
L’anomalia non è lui. L’anomalia sono i volontari che da mesi, in accordo con la Soprintendenza che non ha una lira, si stanno dannando l’anima sotto la guida dell’ex delegato comunale per l’Unesco Agostino De Angelis per rompere l’assedio della vegetazione e dei rifiuti alla zona recintata, nell’infastidita indifferenza locale.
Sono i giovani (e meno giovani) di tre associazioni: Archeo Theatron, Mare Vivo e Italia Nostra. Con loro Guardia di Finanza, Carabinieri e Polizia locale. Oltre a qualche ditta che ha prestato maestranze e motoseghe per un’impresa immane, non soltanto dal punto di vista materiale. Perché questa è una dichiarazione di guerra a un sistema che ha gestito indisturbato i tesori di Cerveteri per decenni. Dietro i cancelli della necropoli, la Soprintendenza. Fuori, negli altri 400 ettari dove si stima che ancora l’80% delle tombe sia da scavare, il regno dei tombaroli. Con qualche sponda all’interno, se sono vere le chiacchiere sui veri cocci spariti dai depositi del museo negli anni che furono, e di qualcuno che li sostituiva con i falsi cocci.
La verità è che buona parte dell’economia di Cerveteri girava, e gira ancora, intorno alle tombe. C’è chi scava e tira fuori di tutto. Scavano anche i romeni, insieme ai ceretani. E c’è pure chi, nei laboratori, produce imitazioni perfette che invecchiate artificialmente finiscono sul mercato come frutti autentici dei saccheggi. Qualcuno usa le tombe vuote come magazzini. Talvolta ci hanno trovato dentro reperti provenienti da altri sepolcri, vasi falsi messi lì a prendere la muffa per sembrare veri, attrezzi da lavoro. Perfino un bobcat, una di quelle ruspe mignon utilizzate per i piccoli scavi.
Tutto illegale, tutto normale. Anche perché a Cerveteri la politica è sempre stata debolissima: basti dire che da quindici anni non c’è una giunta che abbia terminato il mandato. Compresa l’ultima di centrosinistra guidata da Gino Ciogli, sommersa dagli avvisi di garanzia per presunte irregolarità urbanistiche. Prima di Natale è stata sciolta ed è arrivato il commissario. Ma qui ci sono purtroppo abituati. Non erano abituati, invece, i tombaroli, a veder circolare nella loro «cava» gente che tagliava le erbacce, raccoglieva la sporcizia e liberava i tumuli dalla morsa delle radici. Perché sotto quella selva si poteva agire indisturbati: al riparo, anche di giorno, da occhi indiscreti. Adesso, invece, è un bel problema. Man mano che la bonifica avanza la linea degli scavi clandestini si sposta. E ogni volta che si spazzano via gli arbusti e si mette a nudo un pezzo di terreno, ecco comparire la groviera.
Ma ci vuole tutta la determinazione dei volontari e l’abnegazione di chi è convinto che questo luogo incredibile non meriti il trattamento riservatogli finora. De Angelis ne sa qualcosa. Il 23 dicembre 2011 gli hanno fatto presente che siccome la giunta che l’aveva nominato delegato per l’Unesco era decaduta, si poteva ritenere libero dall’incombenza. E magari andare a fare una passeggiata. Lui non gli ha dato retta. Insieme ai volontari e alle ditte disposte a lavorare gratis si è messo a ripulire la Banditaccia. Fra minacce sempre più pesanti. E qualche pressione è arrivata pure al quotidiano locale, La Voce, che sostiene la battaglia. Finché per un mese intero, a gennaio, De Angelis ha dovuto girare con la scorta.
La posta in gioco è altissima. Gli ispettori dell’Onu arriveranno fra qualche mese, e per avere la conferma del bollino Unesco l’area dev’essere in uno stato decente. Ma c’è chi quel fastidioso bollino preferirebbe farlo saltare. Senza il patrocinio Onu, tombaroli e mercanti avrebbero vita più facile. E anche il partito del cemento che dopo aver devastato il litorale ha fame di terreni, potrebbe sperare nell’allentamento dei vincoli urbanistici che gravano sull’immensa area archeologica. Sarebbe una cuccagna.
Viene da dire: meno male che qualcuno nelle istituzioni adesso ha capito il rischio. Ma se siamo arrivati a questo punto, inutile girarci intorno, è chiaro che non tutti hanno fatto fino in fondo la propria parte. Pur nella drammatica carenza di denari. I numeri stanno a indicare responsabilità ben precise. Se nel 2004, anno del bollino Unesco, i visitatori paganti non erano che 22.198, nel 2010 sono scesi addirittura a 13.757. Una media di 37 al giorno, con un calo del 38 per cento. Nonostante i dieci minuti di treno da Civitavecchia, dove ogni anno passano due milioni e mezzo di croceristi senza che nessuno di loro abbia mai visto la necropoli. Andate a Cerveteri. A parte lo spettacolo, unico al mondo, aiuterete il cambiamento.

Autore: Sergio Rizzo

Fonte: Corriere della Sera, it, 28 febbraio 2012

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