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CATANIA. In salute e in malattia. Le antiche popolazioni siciliane rivelano la loro storia.

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Un progetto che non ha precedenti, nato dalla collaborazione di un gruppo di ricercatori delle università di Vilnius, Oxford e Cranfield e dell’IBAM-CNR di Catania.
Ricostruire la storia nosologica degli antichi siciliani attraverso l’ispezione dei loro resti mortali, diagnosticare eventuali condizioni patologiche che abbiano lasciato segni inequivocabili sulle ossa, analizzarne lo stress fisiologico correlandoli alle strategie di sussistenza.
Nasce con questi obiettivi il progetto “Salute e malattia in Sicilia”, che coinvolge i ricercatori di tre prestigiosi atenei europei – quello lituano di Vilnius, e quelli britannici di Oxford e Cranfield – che, insieme a quelli dell’IBAM-CNR di Catania, affronteranno lo studio dei resti riferibili a vari contesti cimiteriali che coprono un periodo compreso tra il Neolitico e la prima Età Moderna.
Il progetto ha previsto una prima fase di selezione dei materiali e di standardizzazione dei protocolli, una seconda fase di formazione dei ricercatori, per poi passare a una fase operativa, grazie alla cooperazione di numerose istituzioni regionali che hanno reso disponibili i preziosi reperti.
“Abbiamo già completato lo studio di due ampie necropoli – dice il coordinatore siciliano dello studio paleopatologico, Dario Piombino-Mascali, che è anche docente di antropologia forense all’ateneo di Messina – e stiamo per iniziare un’ulteriore missione insieme con vari dottorandi e giovani ricercatori estremamente competenti e motivati. Dopo aver schedato i materiali, i dati verranno elaborati attraverso un software specifico che permette di ottenere un indice di salute e valutare attraverso il tempo la presenza di stress biologico e di specifiche malattie tra i campioni in esame”.
Il progetto non si limita però a valutare le condizioni che afflissero le popolazioni antiche. “Infatti – continua l’antropologo forense Nicholas Marquez-Grant dell’Università di Cranfield – stiamo procedendo anche a indagini chimiche minimamente invasive, attraverso lo studio degli isotopi stabili”.
L’analisi degli isotopi stabili da campioni ossei o dentari è una tecnica biogeochimica molto comune in archeologia. I rapporti di carbonio e azoto provenienti dagli individui in esame saranno utilizzati per ricostruire la loro dieta (alimentazione a base di prodotti animali o vegetali, consumo di carne o pesce), ma anche per identificare periodi di stress fisiologico nelle loro ossa, corroborando i risultati delle analisi paleopatologiche. Accanto a ciò, i valori di ossigeno e stronzio saranno invece utili per determinare la provenienza geografica di alcuni di questi gruppi umani, che consentirà di identificare eventuali migrazioni sul territorio isolano.
“Dobbiamo molto, in termini logistici – conclude Piombino-Mascali – agli studiosi di varie sedi di Siciliantica, che hanno contribuito alle diverse fasi di catalogazione, e spero che questa ricerca diventi un modo per coinvolgere giovani archeologi siciliani attraverso dottorati o borse di studio in un futuro abbastanza prossimo”.
“Si tratta di un progetto senza precedenti – osserva Massimo Cultraro, archeologo e primo ricercatore dell’Istituto per i beni archeologici e monumentali di Catania – che ci permetterà di acquisire una banca dati e delle statistiche attraverso lo studio del materiale scheletrico proveniente da diversi contesti siciliani, dalla preistoria alle soglie dell’Età Moderna, senza limiti territoriali né culturali. Attraverso una mappatura di imponenti dimensioni, che a oggi costituisce un unicum, con analisi legate agli ambiti dell’antropologia biologica e della paleopatologia, sarà possibile rilevare l’insorgenza di alcune malattie, circoscriverle per aree geografiche e interpretarle attraverso il contesto ambientale”.
Archeologia e paleopatologia, insomma, si affiancheranno per raccogliere una nuova sfida. Che non sarà soltanto un affascinante e articolato viaggio nel passato, ma anche una ricerca fondamentale per il presente e il futuro: una nuova chiave di lettura data dalla mappatura delle patologie e della loro evoluzione in Sicilia.
I primi risultati di questo importante progetto multidisciplinare verranno presentati la prossima estate proprio a Vilnius, durante il Congresso europeo di paleopatologia.

Gli scheletri di Santa Maria della Valle rivelano frammenti di vita e morte del Medioevo.
Paternò – Nell’ambito del progetto “Salute e malattia in Sicilia” la Soprintendenza BB CC AA di Catania, guidata dall’archeologa Rosalba Panvini, ha promosso lo studio paleopatologico dei resti umani pertinenti alla necropoli della chiesa medievale di Santa Maria della Valle di Josafath, nota anche come chiesa della Gangia.
Le indagini sono state coordinate dall’archeologa Laura Maniscalco, dirigente della sezione archeologica dell’ente regionale, che nel 2009 aveva supervisionato lo scavo studiandone i reperti. Dopo una prima valutazione dei dati storici, gli antropologi delle università di Vilnius, Oxford e Cranfield hanno investigato i resti, affiancati dagli archeologi dell’associazione Siciliantica di Paternò, che hanno contribuito all’opera di catalogazione all’interno del locale museo civico.
Al termine di un’attenta opera di pulitura, identificazione e documentazione, accompagnate dal microscavo di due sepolture infantili in coppo, si è proceduto al rilievo delle condizioni patologiche. I reperti, suddivisi in 56 casse, e pertinenti a tutti i sessi e a diverse età, hanno rivelato interessanti caratteristiche, tra cui la presenza di osteoartrosi, a volte particolarmente grave, la frequenza di malattie metaboliche rappresentate da porosità delle ossa, e un numero di traumi, tanto guariti che inferti in prossimità del decesso, rappresentando, per uno dei soggetti, la probabile causa di morte.
Anomalie congenite tra cui la spina bifida e una costa biforcata, così come una neoplasia benigna (osteoma) e una possibilmente maligna sono state identificate sui resti, assieme a segni di infezione aspecifica (non attribuibile a un determinato agente patogeno) rappresentati da periostite e da lesioni endocraniche. Sono stati evidenziati anche casi di ernie di Schmorl (noduli sui corpi delle vertebre spesso asintomatici), e finanche un caso di miosite ossificante (calcificazione post-traumatica in ambito muscolare). La cospicua presenza del forame omerale sembra essere caratteristica della popolazione in questione.
Infine, si sono riscontrati vari casi di patologie dentarie, come la parodontosi, la carie, il tartaro, ascessi e ipoplasia dello smalto legata a un episodio di stress biologico occorso durante l’infanzia.
La fase di studio successiva, programmata per il mese di gennaio 2020 prevede l’analisi degli isotopi stabili da campioni ossei o dentari per ricostruire la dieta e la provenienza di questo interessante gruppo umano, presumibilmente di origine normanna.

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