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CAPUA (Ce).Storia di un restauro riuscito.

Storia di un restauro riuscito che ha saputo coniugare esperienza e professionalità. E’ un percorso fatto a tappe quello per i lavori di ripristino e di restauro consolidativo per la Basilica di S. Angelo in Formis, alle porte di Capua.
Un’area di sacralità che si respira dai tempi più antichi. Il luogo dove sorge il complesso monumentale, infatti, è lo stesso dove si trovava il tempio di Diana Tifatina che fu il santuario federale dei popoli campani e dove vennero trovate nel corso del diciannovesimo secolo, durante un’operazione di scavo, le statue votive in terracotta dedicata alla dea della fertilità: le madri di Capua che faranno il giro del mondo per la loro importanza artistica ed estetica al tempo stesso.
Il complesso esisteva già al principio del decimo secolo, quando Pietro I vescovo di Capua lo concesse ai monaci cassinesi per costruirvi un monastero. La notizia è documentata dalla Chronica monasteri Casinensis.
Nel 943, al tempo dell’abate Baldoino, il vescovo di Capua Sicone tolse violentemente la chiesa ai cassinesi dandola in beneficio ad un suo diacono.
Nel 1055 l’arcivescovo di Capua Ildebrando concesse al normanno Riccardo I, principe di Capua, la chiesa di S. Angelo insieme con le chiese dipendenti e vicine di S. Giovanni, di S. Salvatore e di S. Ilario sul Monte, ricevendo in permuta la chiesa di S. Giovanni di Lantepladi. Da qui una lunga storia fatta di conquiste e di donazioni che si sono avvicendate con le dominazioni di cui è stato protagonista il territorio campano.
I primi veri e propri lavori di restauro che seguono una metodologia non invasiva, risalgono all’inizio del secolo scorso, se si escludono tutti gli interventi del passato. Nella chiesa si interviene nella zona dell’altare, si ripristina parte della pavimentazione proveniente dalla distrutta chiesa di S. Benedetto in Capua e si procede ad un primo restauro del campanile.
Negli anni Trenta seguirà il rifacimento della copertura e la sistemazione generale della zona di ingresso. La Basilica subirà una serie di danni per la carente manutenzione straordinaria e dissesti strutturali causati dalla vicinanza di cave di pietrisco con lo sparo delle mine. Ma è dal 1982 e per un intero decennio che, sospesa l’attività di estrazione della pietra, riprendono i lavori di restauro.
Si parte dalle coperture costituite da capriate in legno realizzate nel 1929, molto deteriorate, sulle cui catene era stato appoggiato un tavolato in sostituzione di una tela preesistente.
L’obiettivo è lasciare a vista la struttura in legno e pianelle; idea scaturita dalla lettura delle vecchie contabilità dei lavori in legno e dalla ricerca di antiche fotografie. Ad una soletta armata, dove scarica l’intero sistema strutturale, posta sulle falde inclinate che ne assicura la rigidità e ne evita il crollo in presenza di eventi sismici si collegano le capriate principali che sostengono un’orditura secondaria e le pianelle in cotto. Allo stesso tempo, attraverso la tecnica del “cuci e scuci”, dove possibile, si è riproposta la continuità muraria con la riparazioni delle lesioni presenti sulle pareti di perimetro ed interne alla Basilica. Operazione questa eseguita con estremo rigore per la presenza sulle pareti del ciclo di affreschi.
All’interno i sottarchi hanno riacquistato la propria stabilità statica con iniezioni di malta cementizia. Grazie ad un accordo con il parroco e con la Curia di Capua, si è potuto procedere alla demolizione della casa parrocchiale addossati al prospetto della Basilica, restituendo quella dignità architettonica, quel decoro e quelle caratteristiche di essenzialità che erano andate perdute.
Tra gli ultimi interventi, il restauro sia del ciclo degli affreschi che del pavimento, sistemando infine il piazzale antistante con il disegno in pietra dell’antica strada che da Capua saliva al tempio di Diana Tifatina. E proprio durante il restauro dell’abside centrale e delle due piccole absidi laterali è venuta alla luce la figura di Cristo fra i Santi nella calotta, e nella fascia sottostante una Teoria di Santi attribuibili alla maestranza di Costantinopoli. Quasi sicuramente, ma rimane il dubbio che sia la stessa autrice della decorazione delle pareti. Una scoperta che era sfuggita ad altri studiosi, tra cui Ottavio Morisani che studia la chiesa negli anni Sessanta. Il soggetto ritrovato nell’abside di sinistra si raffronta con quello rappresentato nell’abside destra, dove la Madonna col Bambino è affiancata da figure angeliche.
Di recente scoperta è stato il ritrovo di un capitello romanico di pregevolissima fattura, ritrovato sulla sommità del pilastro destro addossato all’abside.
“Era stato ricoperto, probabilmente nell’800, da scaglie di intonaco e gesso, e si presentava esternamente come un elemento bianco informe. Sul pilastro opposto, sul lato sinistro dell’abside, un altro elemento romanico: una lastra di marmo decorata facente le funzioni di capitello”.
“È chiaro, a questo punto, la definitiva scansione della pianta della Basilica: le quattordici colonne disposte su due file di sette, si concludono verso l’abside con pilastri poligonali in muratura sormontati da capitelli romanici, mentre nella controfacciata si concludono con le due mezze colonne in tufo sormontate da analoghi capitelli romanici”.
E’ quanto si legge nella relazione conclusiva della soprintendenza di Caserta intervenuta per restauri di varia natura nella città di Capua.
“Un esempio di come un’amministrazione dello Stato, oltre che a svolgere un’opera di sensibilizzazione culturale, debba indirizzare verso scelte urbanistiche di recupero edilizio, indicando alle amministrazioni locali le modalità di intervento in un centro antico di grande valenza architettonica come è indubbiamente la città di Capua”.

 


Fonte: Avanti 17/07/2006
Autore: Elviro Di Meo
Cronologia: Arch. Medievale

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