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ADRIA (Ro). 60.000 reperti al (nuovo) Museo Nazionale Archeologico.

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Sono serviti sette anni di lavoro, ingenti investimenti e finalmente il Museo Nazionale Archeologico di Adria, sul grande Delta del Po in provincia di Rovigo, è completato.
Vi hanno trovato casa ben 60 mila reperti, ovviamente solo in parte esposti, tutti documenti della storia di una città e di un territorio che hanno dato il nome ad un mare e che hanno visto stratificarsi 2500 anni di civiltà, dai veneti, ai greci, agli etruschi, ai romani. Reperti, a volte assolutamente eccezionali e unici, restituiti dai limi di quella che non a torto è stata definita come “la Mesopotamia d’Italia”.

Gli interventi sul vecchio Museo sono iniziati nel 2002 con il cantiere di ristrutturazione e di ampliamento dell’edificio (2002-2004) e sono poi proseguiti con i nuovi allestimenti del Lapidario Romano (2006), della Sezione Etrusca (2007) e della Sala della Romanizzazione (2008).

La nuova Sezione Romana occupa due ali del piano rialzato del Museo. La prima illustra le vicende e l’aspetto di Atria nella prima età imperiale, utilizzando i dati degli scavi ed i preziosi disegni di archivio che tramandano la memoria della ricchezza di una città per noi oggi perduta. Un tempio, il teatro, l’anfiteatro ed il foro riprendono consistenza grazie a suggestive ricomposizioni grafiche tridimensionali. Gli elementi ornamentali e gli arredi delle ricche domus adriesi sono stati inseriti in una scenografia per restituirne la collocazione e l’originaria funzione.
La seconda ala è dedicata alle ville del Delta del Po, Corte Cavanella di Loreo e San Basilio di Ariano Polesine, entrambe sorte lungo importanti arterie di traffico per via di terra e per via d’acqua. Corte Cavanella porta nel suo nome il ricordo della darsena per il ricovero delle barche che la caratterizzava, funzionale alla stazione di posta, la mansio Fossis, di cui con il tempo divenne sede. Una grottesca maschera di terracotta scacciaguai pendeva tra le colonne di questa darsena.

adria12In una parte del complesso fu anche stabilito un luogo di culto a Mitra, dio di lontane origini orientali, venerato in cerimonie segrete. Del mito cruento, pieno di allegorie cosmogoniche, del sacrificio del toro restano pochi frammenti del quadro marmoreo che lo illustrava e che non mancava mai in questi piccoli e bui santuari.

San Basilio, con un passato etrusco e greco alle spalle, fu in età romana uno snodo importante di strade, fiumi e canali. Intorno alla stazione di posta, la mansio Hadriani citata negli antichi itinerari, si svilupparono un piccolo centro e diverse ville rustiche. Una di queste ha restituito un numero impressionante di reperti databili tra I sec.a.C. e V sec.d.C. Qui sorse poi uno dei primi centri di culto della nuova religione cristiana dell’attuale provincia di Rovigo. Ritrovato pochi anni fa e ancora in corso di scavo, il complesso romano-paleocristiano di San Basilio ha restituito i resti di un battistero ottagonale, oggi visitabili in loco.

Al termine del percorso due piccoli spazi sono stati riservati rispettivamente ai reperti che documentano il passaggio di Adria dall’Antichità al Medioevo, e i suoi speciali rapporti con Ravenna, ed a un omaggio all’amore per la loro piccola patria e alla passione per le antichità dei membri della nobile famiglia adriese dei Bocchi, grazie alla cui collezione oggi può esistere un Museo Archeologico di Adria. Emblema di questa sezione sono i gioielli neoclassici di famiglia, restaurati da Banca Intesa, ornati da gemme romane e moderne.

Ma i veri protagonisti di questo nuovo allestimento sono i preziosi e bellissimi vetri romani. Ad essi è dedicata la scenografia di maggiore impatto visivo: una grande vetrina speciale, dagli innovativi effetti illuminotecnici progettati da Alberto Pasetti Bombardella. Ma vetri altrettanto eccezionali sono esposti nelle vetrine che illustrano le necropoli di Adria di età imperiale, come pure nelle vetrine di Corte Cavanella  e di San Basilio.

Info:
Tel. 0426 21612  
E-mail: museoadria.archeopd@arti.beniculturali.it
Url: http://www.smppolesine.it

Fonte: Archeologia Viva, 01/11/2009

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