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VOLTERRA. L’Ombra della Sera.

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Con quello sguardo enigmatico, forse un sorriso, e quel ciuffo incongruo di fanciullo etrusco, l’Ombra della Sera da millenni sfida archeologici, scienziati, filosofi e letterati. E sembra chiedere con le parole del silenzio d’indovinare i tre interrogativi dell’umanità: chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo. C’era anche un quarto enigma da svelare, il più complicato, difficile e doloroso. La statua di bronzo alta appena 57,4 centimetri, sottile e dall’aspetto di un extraterrestre, è stata veramente forgiata all’epoca dei lucumoni oppure è un falso realizzato nel Settecento o nell’Ottocento quando artisti e archeologi si divertivano a creare improbabili capolavori?
Gli esperti si sono divisi, nei secoli dei secoli. E adesso, 2300 anni dopo, la verità è stata svelata grazie ai laboratori dell’Istituto di fisica applicata “N. Carrara” del Cnr di Firenze diretti da Salvatore Siano. Per la prima volta al mondo, grazie all’impiego di laser particolari realizzati dai giovani ricercatori del laboratorio (un’eccellenza toscana e italiana), i raggi di luce rivelatori hanno illuminato i segreti dell’Ombra. Chiarissimo il verdetto: la statua è di epoca ellenistica, è stata forgiata dagli Etruschi e per millenni è rimasta interrata prima d’essere scoperta.
Sono le anticipazioni della ricerca che tra qualche settimane sarà diffusa e pubblicata sulle riviste scientifiche di tutto il mondo. Perché la statuetta votiva di Velathri, il nome antico di Volterra, una Gioconda del terzo secolo avanti Cristo, al mondo appartiene e lo ha girato per intero volando nelle esposizioni dei musei più importanti: da New York a Tokyo, da Londra a Parigi.
«Una straordinaria buona notizia – dice Fabrizio Burchianti, direttore del museo archeologico Guarnacci di Volterra dove l’opera è conservata come una star – perché sono rarissime le opere d’arte che possano assurgere a simbolo di un’intera civiltà come l’Ombra della Sera lo è per il popolo Etrusco».
L’Ombra ci ha sfidato per secoli guardandoci come Monna Lisa. Tutta la sua storia si snoda attraverso un sentiero a volte luminescente, spesso oscuro, dove si sono intersecate leggende, racconti e aneddoti. E nomi illustri come quello della famiglia Buonarroti, sì, quella del grande Michelangelo.
«La statua diventò famosa nel 1737 – racconta Burchianti – quando lo studioso fiorentino Anton Francesco Gori pubblicò il suo Museum Etruscum dove l’Ombra era censita come divinità. Apparteneva a Filippo Buonarroti, pronipote di Michelangelo, anch’egli erudito fiorentino, e proprietario di una importante collezione di antichità».
La statua passò poi nella collezione di monsignor Mario Guarnacci, un presule affascinato dall’antichità e grandissimo collezionista (il museo di Volterra a lui è intitolato).
«Fu lui nel 1761 a donare tutta la sua raccolta archeologica e bibliotecaria al “pubblico della città di Volterra”, – continua Burchianti – costituendo così il nucleo principale del Museo Etrusco della città, che da lui prenderà il nome. Non conosciamo con esattezza quando la statuetta fu acquistata, ma certamente avvenne tra il 1744, anno in cui A. F. Gori redasse una dettagliata descrizione della collezione – in cui l’Ombra non figurava – e il 1761, data della sua comparsa nell’elenco dei materiali donati al pubblico di Volterra».
Trascorsero anni di silenzio. L’Ombra non risplendeva più, perché dall’acropoli volterrana, la stessa oggi minacciata dalla frana, uscivano opere ed opere, testimonianze, tesori e ricchezze. E il neoclassicismo s’illuminava ancor di più facendo sognare popolo e nobiltà. Un raggio di notorietà tornò ad illuminare l’Ombra nel Novecento.
Gabriele D’Annunzio ne rimase affascinato per la sua incongruità. Fu lui a deciderne il nome, maestoso e roboante come solo il Vate sapeva e poteva pensare. Neppure di questo, però, ci sono certezze assolute. Altri racconti farebbero risalire il nome ad alcuni contadini che poi si sbizzarrirono a giudicarlo un angelo e un demone, un portatore di ricchezze o un malaugurato messaggero di sventure. E arrivarono, più tardi, anche le illazioni sulla non autenticità della statua. Un falso, uno dei tanti, per di più di scarso valore.
«Negli ultimi anni da più parti, le voci sulla non autenticità dell’Ombra della Sera si sono fatte sempre più insistenti e il museo ci ha incaricato di eseguire le analisi non invasive – spiega Salvatore Siano del Cnr -. L’analisi delle leghe condotte in maniera non invasiva mediante una tecnica denominata ‘spettoscopia di plasma indotto da laser’ (Lips, laser induced plasma spectroscopy) hanno fornito evidenze oggettive che dovrebbero portare i dubbiosi a rivedere le loro posizioni. E’ un manufatto che ha una composizione compatibile con quelle di epoca etrusca (è un bronzo ternario con un contenuto medio di rame, stagno e piombo, rispettivamente, del 71%, 14%, 15%) e che il medesimo è rimasto interrato per molti secoli. In altre parole, l’opera è senza dubbio un originale».
I ricercatori sono giunti a questa conclusione misurando la composizione superficiale del bronzo. «Essa rivela le tipiche alterazioni indotte da interramento di lungo periodo – spiega Siano -. In pratica, i bronzi archeologici originali, presentano nei primi strati superficiali del metallo (entro diversi decimi di millimetro) un drastico aumento della quantità di stagno e tracce di calcio provenienti dal terreno di giacitura. Una sorta di impronta analitica che non può essere riprodotta artificialmente. Ecco perché l’Ombra è autentica».

Autore: mgasperetti@corriere.it, gen 2021

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