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UDINE. Alla fine del Medioevo il nucleo urbano cresce: tante le testimonianze.

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L’impianto medievale della città di Udine si modellò sulla conformazione dell’antico castelliere dell’età del bronzo sorto ai piedi del colle. Solo a partire dal Duecento con l’espansione avvenuta al di fuori della terza cerchia, che ricalcava ancora i limiti dell’insediamento protostorico, la città fu dotata di altre due cinte murarie a inglobare i borghi esterni.
A partire degli anni Novanta, con una ricorrenza sempre più sistematica negli ultimi due decenni, la Soprintendenza ha condotto una serie di ricerche archeologiche inserite nel quadro di progetti di riqualificazione dell’ambito urbano, intervenendo su piazze, palazzi e complessi edilizi compresi all’interno della quinta cerchia muraria, ambito questo interamente soggetto a tutela e normato anche dal piano regolatore comunale.
I dati raccolti nel corso di questi lavori hanno permesso di mettere a fuoco l’aspetto più significativo delle trasformazioni urbanistiche che si registra nel corso del XVI secolo, allorché si assiste ad un progressivo accorpamento di nuclei residenziali di età medievale destinato a cambiare radicalmente il volto della città. La progettazione di dimore nobiliari, edificate in concomitanza all’ascesa economica di alcune famiglie udinesi, si concretizzò nella riqualificazione di interi quartieri prima attraverso la creazione di cortili e passaggi coperti di collegamento tra le varie unità abitative accorpate in un’unica proprietà e poi attraverso la definitiva rielaborazione di tali spazi.
Il racconto di queste trasformazioni emerge dall’archeologia dei palazzi udinesi (Casa Colombatti Cavazzini, lascito Ferruzzi; Palazzo Mantica, sede della Società Filologica Friulana e altri) che andarono a inglobare anche aree inedificate, zone artigianali e piccole botteghe sorte sulla riva delle rogge nella fitta maglia delle città medievale.
Le stesse ricerche condotte nell’ambito delle piazze urbane hanno contribuito a precisare la fisionomia della città precedente alla creazione di questi spazi architettonici sorti demolendo chiese, palazzi più antichi, vecchi caseggiati con orti e giardini annessi, come avvenne in Piazza XX settembre e Piazza Venerio, oppure bonificando intere aree aperte come è documentato per Piazza I Maggio, anticamente occupata da un bacino lacustre collegato alle rogge cittadine che scorrevano nei fossati delle mura.

Autore: Angela Borzacconi

Fonte: www.messaggeroveneto.gelocal.it, 5 nov 2020

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