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SIDNEY (Australia). Decifrato un manuale di incantesimi egizio.

In Egitto, i ricercatori hanno decifrato un testo medievale scritto in copto, rivelando una serie di invocazioni e incantesimi.
Tra le varie cose, il “Manuale del Potere rituale”, come lo chiamano i ricercatori, spiega ai lettori come lanciare incantesimi di amore, esorcizzare spiriti malefici e trattare “l’ittero nera” (la leptospirosi), un’infezione batterica presente ancora oggi e che può essere fatale.
Il libro risale a circa 1.300 anni fa ed è scritto in copto. È un codice, un libro manoscritto fatto con pergamene legate insieme.
“È un codice completo di 20 pagine di pergamena, contenente il manuale di un praticante rituale”, scrivono Malcolm Choat e Iain Gardner, professori rispettivamente presso l’Università di Macquarie e l’Università di Sidney, nel loro libro “A Coptic Handbook of Ritual Power” (Brepols, 2014).
L’antico libro “comincia con una lunga serie di invocazioni che culminano con disegni e parole di potere”, scrivono. “Seguono un numero di prescrizioni o formule magiche per curare la possessione da parte di spiriti e vari malanni, o per avere successo in amore e nel lavoro”.
Per esempio, per soggiogare qualcuno, il codice dice che devi recitare una formula magica su due chiodi, e poi “piantarli negli stipiti della porta, una sul lato destro e uno sul sinistro”.
I Sethiani
I ricercatori ritengono che il codice possa risalire al VII o all’VIII secolo. In questo periodo, molti egizi erano cristiani e il codice contiene una serie di invocazioni in riferimento a Gesù.
Comunque, alcune delle invocazioni sembrano più associate con un gruppo che è talvolta chiamato “Sethiani”. Questo gruppo prosperò in Egitto durante i primi secoli della cristianità e aveva grande riguardo verso Seth, il terzo figlio di Adamo e Eva. Un’invocazione recita: “Seth, Seth, il Cristo vivente”.
L’apertura del codice si riferisce a una figura divina chiamata “Baktiotha”, la cui identità è un mistero, dicono i ricercatori. Si legge: “Ti rendiamo grazie e ti preghiamo, Baktiotha: il grande, che è molto affidabile; quello che è il signore su quaranta e nove tipi di serpenti”.
“Il Baktiotha è una figura ambivalente. È un grande potere e un governante di forze nel regno materiale”, hanno detto Choat e Gardner.
I resoconti storici indicano che i leader della chiesa consideravano i Sethiani come eretici. Dal VII secolo, i Sethiani erano estinti o stavano scomparendo.
Questo codice, con il suo mix di invocazioni cristiane ortodosse e sethiane, potrebbe in verità essere un documento di transizione, scritto prima che tutte le invocazioni sethiane venissero epurate dei testi magici. Esistono altri testi simili a questo codice, ma contengono dei tratti più cristiani ortodossi e meno sethiani.
I ricercatori sostengono che le invocazioni fossero in origine separate da 27 degli incantesimi del codice. Più tardi invece, invocazioni e questi incantesimi vennero combinati per formare un “singolo strumento di potere rituale”, dice Choat.
Chi lo usò?
L’identità del suo utilizzatore è ignota. Non necessariamente doveva essere un sacerdote o un monaco.
“Credo che ci fossero praticanti rituali al di fuori delle cerchie di clero e monaci, ma chi fossero esattamente non lo sappiamo poiché le persone non volevano essere etichettate come ‘maghi'”, dice Choat. Parte del linguaggio usato nel codice suggerisce che venne scritto per un uomo. Tuttavia, ciò “non avrebbe certo fermato una praticante donna dall’utilizzo del testo”.
Origine
Anche l’origine del codice è un mistero. L’Università di Macquarie lo acquistò alla fine del 1981 da Michael Fackelmann, un mercante di antichità di Vienna. “Negli anni ’70 e ’80, l’Università di Macquarie (come molte collezioni in tutto il mondo) acquistò dei papiri da Michael Fackelmann”, dice Choat. Ma dove Fackelmann abbia preso il codice non si sa.
Lo stile della scrittura suggerisce una provenienza dall’Alto Egitto: “Il dialetto indica un’origine dell’Alto Egitto, forse nelle vinanze di Ashmunein/Hermopolis”, scrivono Choat e Gardner. Il codice è attualmente ospitato al Museo delle Culture Antiche dell’Università di Macquarie a Sidney.

Fonte: http://www.ilfattostorico.com, 25 dic 2014

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