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SALONICCO (Grecia). Prima di Piero.

Nei rituali di una cultura che deriva dal miceneo, il paesaggio della morte permane tra i tumuli della Macedonia, topografia sacra e insieme presente storico degli archeologi che comunicano al mondo la scoperta.
Da noi si ripete che non c’è più pittura greca, rinunciatario lamento di chi non vuole andare a vedere gli incredibili risultati.
Fin dal 1977 Manolis Andronikos aveva messo in luce le tombe dei dinasti nella leggendaria Ege: con le testimonianze che continuano ad affiorare, ammontano a una cinquantina i complessi pittorici dalla classicità all’ellenismo.
Nicomaco, Nicia e Filosseno sono tra i maestri in causa, di cui possiamo paragonare gli originali con omologhi soggetti sulle pareti di Pompei o dell’Urbe: proprio come si fa con i bronzi venuti dal mare e le copie romane che stavano nei musei.
Quello che ora Maria Tsibidou Avloniti presenta in una rigorosa edizione, col regesto delle altre decorazioni, è il dipinto che rivela l’evoluzione della perfezione, l’intatto capolavoro dell’arte succeduta ad Alessandro.
Siamo presso l’antica Chalastra, a mezza strada tra Pella, la capitale più recente, e Salonicco, fondata da Cassandro nel nome della spasa Thessalonike, sorella del conquistatore.
Sulla fronte della camera in località Agios Athanasios, l’ornamento figurato è su due registri, diversi per natura e ambientazione entro l’impianto architettonico. Ai lati dell’ingresso le sentinelle rendono gli onori militari al defunto: sentimentale monumentalità dell’uomo d’arme che alza il mantello a nascondere il pianto.
L’ordne del comporre, lo spazio segnalato dalle lance oblique, la chiarezza dei volumi e la luminosità plastica dei colori, preludono allo stile di Piero della Francesca: il tema stesso delle guardie al sepolcro col loro geometrico copricapo attraversa carsicamente la geografia e i secoli per ricongiungersi ad altro antico nella tavola con la Resurrezione di Gesù, custodita dal borgo natio del pittore rinascimentale. In alto un’evocazione notturna, tra la cimasta del tramezzo e l’architrave poggiato ai pilastri: Demetrio in persona si reca a un simposio offerto dal protagonista quando era in vita. Come ad Arezzo per il sogno di Costantino, un effetto lunare unifica la marcia dei “paggi” (“paides“, nella letterale etimologia della corte macedone), e la cavalcata del giovane Antigono Gonata al seguito del Poliorcete, il cui cenno di saluto lievita nella regale irrilevanza del personaggio.
Portentosa dall’oscurità del fondo l’epifania di Alessandro, icona dell’invisibile che sormonta i viventi, ignora la familiarità del convegno, intercetta le fiaccole ardenti dilatando in primo piano il gesto guerriero di quella mano che aveva dato agli Elleni l’ordine di avanzare.


Fonte: Il Giornale dell’Arte 01/09/2006
Autore: Paolo Moreno
Cronologia: Arch. Greca

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