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ROMA. Dispersione, recuperi e tutela: storie avventurose di reperti etruschi riportati alla vita.

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In occasione della Giornata internazionale contro il traffico illecito di beni culturali, archeologi ed esponenti di forze dell’ordine e di istituzioni hanno ripercorso le vicende del recupero di capolavori esposti per la prima volta al pubblico nella mostra “Caere. Storie di dispersione e di recuperi”.
“Il recupero del patrimonio archeologico disperso è frutto di un lavoro di squadra paziente, fatto di ricerche e intuizioni, di ricostruzioni e confronti, che si arricchisce dell’esperienza e contributo di tante professionalità – spiega Laura Michetti – e quando finalmente le tessere del mosaico vanno al loro posto, abbiamo l’orgoglio di restituire alla pubblica fruizione reperti di valore storico assoluto. Gli oggetti ‘strappati’ dal terreno, e migrati all’estero senza più alcun dato sulla loro provenienza, possono essere in alcuni casi ricondotti al proprio contesto originario, recuperando il ruolo di tasselli della nostra storia e della nostra memoria. Il valore aggiunto della collaborazione tra le diverse istituzioni risiede nel fatto che al recupero dei beni si affianca la possibilità di contestualizzare e soprattutto di approdare a nuove conoscenze: in questa attività di studio e ricerca, in cui vengono pienamente coinvolti gli studenti, il ruolo dell’università può essere certamente importante.
romaCosì, nelle parole della direttrice del Museo delle Antichità etrusche e italiche della Sapienza, si ritrovano il senso e il valore della Giornata internazionale contro il traffico illecito di beni culturali, indetta dall’UNESCO, e che si celebra il 14 novembre a partire dal 2020.
Quest’anno Sapienza ha scelto di celebrarla con un incontro in cui si sono avvicendati, alla presenza della rettrice Antonella Polimeni, archeologi ed esponenti delle forze dell’ordine e di istituzioni, accomunati dall’impegno nella tutela e nel recupero del patrimonio archeologico disperso. L’incontro è stato preceduto dalla presentazione di reperti etruschi, alcuni esposti per la prima volta nella mostra “Caere. Storia di dispersioni e di recuperi” allestita presso il Museo e curata dalla stessa Laura Michetti, insieme a Claudia Carlucci del Polo Museale Sapienza, Alessandro Conti del Dipartimento di Scienze dell’Antichità e Rossella Zaccagnini della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Provincia di Viterbo e per l’Etruria meridionale.
Il tema dell’esposizione in corso è infatti proprio quello della dispersione del patrimonio archeologico, causata dagli scavi clandestini che affliggono l’intero territorio nazionale e soprattutto l’area del Lazio etrusco, e del suo recupero reso possibile grazie alla collaborazione tra le istituzioni e le forze dell’ordine che si sono rese protagoniste di questi recuperi, il Ministero della Cultura, i Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio culturale, la Guardia di Finanza, cui si affianca il Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera per la tutela del patrimonio archeologico sommerso e costiero dell’Etruria Meridionale.
roma“Sapienza valorizza e mette a servizio del Paese la tradizione di eccellenza della sua Scuola di Archeologia, confermata più volte dai ranking internazionali, non solo attraverso le innumerevoli attività di scavo e di ricerca condotte dal Dipartimento di Scienze dell’Antichità in Italia e all’estero, ma anche con la responsabilità di custodire e valorizzare i reperti di eccezione che sono esposti presso il nostro Museo – sottolinea la Rettrice Antonella Polimeni -. Il tema dell’esposizione – prosegue la Rettrice – è quello della dispersione del patrimonio archeologico, causata dagli scavi clandestini che affliggono l’intero territorio nazionale e, soprattutto, l’area del Lazio etrusco, e del suo recupero reso possibile grazie alla collaborazione tra il Ministero della Cultura e le forze dell’ordine, che si sono rese protagoniste di questi recuperi e che abbiamo voluto oggi coinvolgere in occasione della giornata internazionale contro il Traffico illecito di beni culturali”.
Tra i reperti presentati, spicca un grande cratere a calice con figure rosse, gemello del “Cratere di Sarpedonte”, letteralmente “firmato” da Euphronios, uno dei massimi artisti greci della fine del VI secolo a.C.; l’opera ritrae una scena di lotta tra Eracle e Kynos, impreziosita dalla presenza dei nomi sia del ceramografo sia dei protagonisti rappresentati. Il cratere è stato restituito dal Metropolitan Museum of Art di New York ed è stato affidato ora alla Sapienza dalla Soprintendenza Archeologia belle arti e paesaggio per la provincia di Viterbo e per l’Etruria meridionale. Il recupero del bene è stato possibile grazie alle indagini della Procura di Roma e del Comando dei Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale che hanno accertato la provenienza da scavi clandestini avvenuti a Cerveteri negli anni ’70. Il cratere molto probabilmente è stato trafugato dalla necropoli di Greppe S., dalla quale proverrebbe anche l’altro celeberrimo esemplare con la morte di Sarpedonte, e dopo diversi passaggi di proprietà è stato concesso in prestito al museo newyorkese nel 1999. Solo grazie a una ricostruzione complessa e accurata, l’opera è potuta rientrare in Italia nel 2010, in base ad un accordo di restituzione siglato tra le autorità italiane e quelle americane.
romaIl responsabile dell’Ufficio Comando del TPC, Ten. Col. Massimiliano Quagliarella, sottolineando l’importanza di far conoscere la storia di importanti recuperi di oggetti ed opere d’arte, in particolare nel corso di eventi come quello organizzato dalla Sapienza in occasione della Giornata Internazionale contro il traffico dei Beni culturali, ha ricordato che: “Tra gli obiettivi primari del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, vi è la sensibilizzazione dell’opinione pubblica, ed in particolare delle giovani generazioni, sull’importanza del recupero e della valorizzazione delle opere d’arte trafugate che contribuiscono alla memoria collettiva ed identitaria su cui si fondano le nostre civiltà. Il contrasto ad ogni forma di illegalità in questo settore, assume quindi un significato ed un valore, che va ben oltre il valore patrimoniale degli oggetti salvati”.
Tra gli altri capolavori presentati al pubblico per la prima volta, 4 lastre di terracotta dipinte di produzione etrusca, un’eccezionale testimonianza di pittura antica, sequestrate giusto poco prima del loro ingresso nel mercato clandestino grazie all’intervento del Comando provinciale della Guardia di Finanza di Roma nell’agosto del 2019. “Sapevamo che era in corso una trattativa per trasferire via mare dei reperti archeologici in Centro America – Golfo del Messico, tramite una grossa imbarcazione da diporto. Non immaginavano di quali reperti si trattasse, ma siamo intervenuti in tempo utile per evitare che fossero portati all’estero e in quel momento ci siamo trovati davanti le tavole dipinte in stato frammentario, forse ridotte così proprio per facilitare il loro spostamento – spiega il Cap. Manuel Carbonara – Sono state necessarie una serie di analisi diagnostiche per accertarne l’originalità e la datazione e un successivo accurato restauro al termine del quale è stato possibile collocarle in un contesto storico preciso, grazie al contributo delle competenze degli archeologi”.
Inoltre, per quanto riguarda la tutela del patrimonio archeologico sommerso e costiero dell’Etruria Meridionale, in contesti di particolare interesse archeologico come nelle acque antistati il sito etrusco di Pyrgi (Santa Marinella – Roma), la Direzione Marittima del Lazio è impegnata in una costante attività di tutela in collaborazione con la Soprintendenza, essenziale ad impedire scavi illegali anche in contesti sommersi. Tali attività si concretizzano – come spiega il Direttore Marittimo del Lazio CV (CP) Michele Castaldo – grazie all’emanazione di ordinanze di interdizione a protezione dei giacimenti archeologici sommersi che vengono fatte rispettare dai Comandi territoriali e attraverso una serie di specifici controlli condotti sulle unità navali e nei porti per prevenire il trasporto illegale di beni culturali anche all’estero.
“Il filo conduttore del percorso espositivo della mostra è il tema cruciale del contrasto agli scavi clandestini e della tutela del territorio, nei quali la Soprintendenza è da sempre in prima linea – sottolinea la Soprintendente Eichberg – specie in un’area, come quella dell’Etruria, tra le più interessate dalla piaga dei saccheggi dei reperti archeologici. Insieme con le forze dell’ordine, e con la collaborazione con l’università e gli enti di ricerca, siamo impegnati nel contrasto al traffico illecito dei beni archeologici e nel sensibilizzare le comunità locali sull’importanza di tutelare e proteggere il proprio patrimonio culturale e, quindi, la propria memoria”.

romaLa Mostra (che resterà visitabile fino a febbraio 2024) “Caere. Storie di dispersione e di recuperi” allestita nel Museo delle Antichità etrusche e italiche è curata da Laura Michetti, Claudia Carlucci (Direttrice del Polo Museale Sapienza), Alessandro Conti (Dipartimento di Scienze dell’Antichità) e Rossella Zaccagnini (Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e per l’Etruria meridionale).
Attraverso l’esposizione di oggetti di straordinaria rilevanza, e restituiti alla fruizione pubblica attraverso forme diverse, nella mostra il racconto sulla “dispersione” si affianca a quello dell’esperienza virtuosa del “recupero legale”, che ha consentito a opere di grandissima importanza di essere riconsegnate all’Italia.
Il progetto della mostra si inscrive nel quadro di uno dei principali impegni di Ricerca e di Terza Missione portati avanti dal settore di Etruscologia del Dipartimento di Scienze dell’Antichità, in collaborazione con altre università, enti di ricerca, istituzioni museali italiane e straniere e sempre d’intesa con le strutture del Ministero della Cultura: un progetto fondato sulla consapevolezza che le attività di scavo e di ricerca archeologica, largamente supportate dall’Ateneo, non possono essere disgiunte da quelle dell’impatto prezioso che queste hanno sul territorio in tema di condivisione delle conoscenze e valorizzazione.
L’intento è dunque quello di sensibilizzare le persone, a partire dagli studenti universitari che collaborano attivamente a tutte le attività del Museo, sul tema cruciale del traffico illecito dei beni archeologici richiamando l’attenzione del pubblico sulla necessità per la comunità dei cittadini e per le singole comunità locali di tutelare e proteggere il proprio patrimonio culturale e, quindi, la propria memoria.

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