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RAVENNA. Nel tunnel allagato di Classe una miniera di reperti romani.

E’ ingente il bottino di tesori recuperato nelle ultime settimane negli scavi di Classe dai subacquei del Gruppo ravennate archeologico: i preziosi reperti, secondo una prima datazione, risalgono al I e al II secolo dopo Cristo.
Il gruppo non è nuovo a scoperte importanti. Tutto è cominciato 26 anni fa quando, durante la costruzione di alcune abitazioni a Classe, fu intercettato un condotto a circa tre metri e mezzo di profondità dal piano di campagna e, quindi, si iniziò a verificare, attraverso degli scavi, l’origine e l’utilizzo della conduttura.
In quel periodo, si costituì il Gruppo ravennate archeologico che da allora, tutti gli anni, per varie settimane, riapre il cantiere per proseguire questa ricostruzione.
«Due settimane fa abbiamo recuperato due specchi d’argento, piccoli quanto il palmo di una mano, con iscrizioni greche antiche, frutto dei commerci dell’attività portuale» dice il presidente del Gra, Giovanni Fucci. Sono anche stati in superficie un coltello da cucina con manico di corno risalente al I secolo dc; il resto di un cestino di vimini molto piccolo e sottile.
«Non si riesce a capire come sia arrivato fino a noi» evidenzia Fucci. E poi lucerne di vario genere risalenti al I-II secolo. Da segnalare il ritrovamento di una placca in ottone con dei fori che era, presumibilmente, il particolare di un vestito con una scritta in greco antico, d’uso nel porto (I secolo) e di alcune monete la cui datazione si potrà fare solo dopo il restauro. Ora il cantiere è chiuso per la messa in sicurezza in vista dello scavo subacqueo notturno, richiesto, per la prima volta, dalla Sovrintendenza archeologica dell’Emilia Romagna, in programma sabato 23 luglio a partire dalle 21. L’evento suggestivo, aperto al pubblico e gratuito, includerà l’apertura di una parte del condotto che sarà visibile dai partecipanti. «L’iniziativa è un ‘unicum’ a livello nazionale ed è stata inserita sul sito del ministero dei Beni culturali».
Nel team presieduto da Fucci figurano giovani laureati in beni culturali, in archeologia, un architetto, un ingegnere, e anche pensionati. Il loro campo d’azione è la conduttura scoperta 26 anni fa, che viene esplorata dai subacquei.
«Lavorano a mani nude e non possono visualizzare nulla per la torbidità dell’acqua». Il lavoro dovrebbe concludersi tra un paio d’anni. «Quanto scoperto fino ad oggi — riferisce Fucci — ci fa ritenere che siamo in presenza di un pozzo orizzontale del I secolo avanti Cristo, che intercettava acqua di falda per usi domestici e per abbeverare gli animali».
Notevoli i reperti recuperati: oltre 400 casse con grandi stele tombali di marmo, lucerne, vasi di varia fattura e origine, ceramiche, legni lavorati (da secchi a tavolozzi), monili e monete che saranno oggetto di studio e analisi nel Nuovo Museo di Classe della Fondazione RavennAntica.
Il Gruppo si autofinanzia, ma riceve contributi da RavennAntica, Cassa di Risparmio di Ravenna e Marine Consulting. In che condizioni si lavora all’interno del condotto? «La temperatura dell’acqua è molto fredda» riferisce Lorenzo Sforza, coordinatore dei sommozzatori «ma abbiamo attrezzatura di alto livello; il sub si cala con una cima e siamo sempre in contatto radio».
«Una volta ho recuperato due dadi da gioco del I-II secolo» racconta il sub Roberto Arfelli. «Lì sotto è come lavorare in una stanza buia. Non si deve perdere mai il controllo ed è necessario memorizzare tutte le parti posizionate per avere un’idea dello spazio; funziona esclusivamente col tatto».

Autore: VALERIO IAZZI

Fonte: Ilrestodelcarlino.it, 21 luglio 2011

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