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PARIGI. Nulla di nuovo sotto il sole d’Egitto.

Quando leggo di alcune sensazionali scoperte egittologiche mi viene subito in mente William Shakespeare. Per la precisione il titolo della sua commedia “Molto rumore per nulla”. È anche il caso di quanto asserito dal francese Jean-Guillame Olette-Pelletier a proposito dell’obelisco di Ramesse II che oggi svetta in place de la Concorde a Parigi e che, fino al 1830, si innalzava davanti al pilone occidentale del Tempio di Luxor.
Secondo il dottore in Egittologia, almeno sette messaggi segreti si celerebbero tra le iscrizioni e le figurazioni del monumento. Le sue conclusioni appariranno su un articolo scientifico di prossima pubblicazione, ma alcune sono già anticipate su vari organi di informazione e sono reperibili su Internet.
Qui cominciano le perplessità. I messaggi segreti scoperti da Olette-Pelletier appaiono, tutto sommato, abbastanza banali a chi ha un minimo di conoscenza della lingua e della cultura egizie senza bisogno delle conoscenze dei dieci egittologi steganografi (decrittatori di messaggi nascosti in altri codici) tra i quali vi sarebbe anche lui.
È noto da decenni che l’arte egizia è piena di giochi fondati sulla compenetrazione tra testo e figurazione possibile con la scrittura geroglifica. Se un sovrano indossa la Corona dell’Alto e Basso Egitto in una scena esposta a ovest non c’è bisogno di pensare, come fa invece Olette-Pelletier, ad una minaccia verso suoi potenziali detrattori. È soltanto il monarca che afferma la sua sovranità sull’intera terra d’Egitto. Le iscrizioni di Ramesse II sono anche stracolme di giochi grafico-testuali in cui si nasconde il nome del celeberrimo monarca.
Così la statua, oggi al Museo del Cairo, del dio Horus che protegge un Ramesse II cela il suo nome di nascita, mentre la figura del dio Ra-Horakhty che sormonta l’ingresso al Tempio di Abu Simbel quello che assunse al momento dell’intronizzazione. Quando, nel 2007, bruciò la moschea di Abu el-Haggag, che si trova al suo interno, fu possibile esaminare le pareti del primo cortile del Tempio di Luxor e leggere così la versione crittografica della titolatura completa di Ramesse sugli architravi del portico.
Ancora una volta, nulla perciò di nuovo sotto il sole d’Egitto. O meglio… Visto che per arrivare alle sue conclusioni Olette-Peletier ha utilizzato i binocoli, l’unica scoperta degna di nota appare essere che gli Egizi avevano una vista migliore della nostra.

Autore: Francesco Tiradritti

Fonte: ilgiornaledellarte.com 2 mag 2025

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