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NEW YORK. Il carro di Monteleone potrebbe essere un falso.

Lo sostiene lo studioso Jerome M. Eisenberg in uno studio appena uscito.
Nell’aprile scorso sono state riaperte al pubblico le sale dedicate all’arte greca, etrusca e romana del Metropolitan Museum di New York. Tra i reperti esposti spicca un principesco carro da parata proveniente da Monteleone di Spoleto, un’opera di fattura notevole e databile poco dopo la metà del VI secolo a.C.
Il carro è assurto agli onori della cronaca negli ultimi anni per la richiesta di restituzione del piccolo comune umbro, dove venne trovato nel 1902, in considerazione del fatto che il suo ingresso negli Stati Uniti d’America sarebbe avvenuto illegalmente. La richiesta è stata respinta dalla direzione del museo, e la stampa ha parlato di scontro “tra Davide e Golia”, con il gigante ad avere la meglio.
Intorno al carro si addensa una nuova tempesta mediatica: lo storico dell’arte antica Jerome M. Eisenberg, allievo di Otto J. Brendel, ha avanzato l’ipotesi che il carro sia un falso realizzato tra il 1890 e il 1902.
Le sue osservazioni sono state appena pubblicate, per il mondo anglosassone, sulla rivista “Minerva” da lui diretta e, in esclusiva per l’Italia, dal mensile “Archeo”.
Lo studioso ritiene che siano oltre settanta gli elementi in grado di provare la falsità dei rivestimenti bronzei delle sponde laterali e anteriore della biga.
Propone inoltre di riconoscere alcuni dei modelli del falsario nel piatto detto di Euforbo, proveniente da Rodi e conservato nel British Museum, e in un’anfora attica attribuita al Pittore di Monaco 1410 e giunta, attraverso il commercio antiquario, a Monaco.
Tra gli elementi che farebbero ritenere falso il pannello sinistro, dove si tende a vedere raffigurato il duello tra Achille e Memnone, Eisenberg evidenzia la forma davvero insolita della punta della lancia del guerriero di sinistra, che termina come un pennello, e il braccio rattrappito del suo avversario. Nel pannello destro, interpretato come l’apoteosi di Achille, nota invece la strana raffigurazione della ruota del lato più lontano del carro e non del più vicino. Nel pannello centrale, con la consegna delle armi ad Achille da parte della madre Teti, lo studioso tende a riconoscere una mano diversa e più sbrigativa testimoniata da figure con la testa “molto più grande e sembianze più realistiche”.
Dal punto di vista stilistico la proposta di Eisenberg non sembra convincere l’etruscologo Francesco Roncalli (Università di Napoli “Federico II”) che – in occasione della fortunata mostra Antichità dall’Umbria a New York da lui curata nel ’91 – ha avuto la possibilità di esaminare da vicino il carro; mentre Giovanni Colonna (Università di Roma “La Sapienza”) ritiene che un certo eclettismo vada ritenuto insito nell’arte di epoca arcaica. C’è da aggiungere che il carro, in vista della nuova esposizione, è stato smontato e restaurato da operatori del Metropolitan Museum con la supervisione di Adriana Emiliozzi (Consiglio Nazionale delle Ricerche) e non sono sorti dubbi sulla sua autenticità.
Nella rocambolesca vicenda che ha portato il carro sino a New York si possono trovare spunti per ipotizzare una sua eventuale non autenticità? L’intera storia è stata ricostruita da Mario La Ferla in un volume, La biga rapita (Stampa Alternativa) e dalla stessa Emiliozzi nel catalogo della mostra.
La biga venne rinvenuta nel febbraio del 1902 da un contadino all’interno di una tomba scoperta casualmente e da lui fu venduta, insieme ad altri reperti dello stesso corredo funerario, a un commerciante di Norcia che, a sua volta, la rivendette con ogni probabilità alla famiglia Riccardi nell’estate dello stesso anno. Più tardi il banchiere J.P. Morgan la acquistò – non si comprende bene se a Roma o a Parigi – per donarla al Museo dove giunse nel novembre del 1903. I Riccardi, oltre che antiquari, erano abili falsari e proprio al Metropolitan negli anni successivi vendettero alcuni falsi, tra i quali due monumentali guerrieri di terracotta. Lo scandalo della scoperta della biga di Monteleone di Spoleto scoppiò comunque presto: nel giugno del 1902 si ebbe una prima relazione ufficiale sull’accaduto e i carabinieri sequestrarono alcuni reperti rimasti in casa dello scopritore e li depositarono presso il Museo Archeologico di Perugia.
Probabilmente ai Riccardi non sembrò il caso di aggravare la situazione: occorreva piuttosto liberarsi presto del materiale in loro possesso. Solo nel 1907 gli organi preposti, sotto la direzione di Angiolo Pasqui, effettuarono nuovi scavi rinvenendo alcuni frammenti riferibili alla biga, conservati nel Museo Archeologico Nazionale di Firenze. La spy-story del carro di Monteleone di Spoleto è destinata a continuare.


Fonte: La Repubblica 09/08/2007
Autore: Giuseppe M. Della Fina
Cronologia: Arch. Italica

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