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MILANO. Nuove tesi su Stonehenge luogo di culto o guarigione.

Le pietre enormi e fiere, dritte di fronte all’orizzonte, allineate con il sole in ogni solstizio d’estate, hanno generato decine di teorie e leggende. Ma la loro storia è ancora tutta da scrivere. E’ diventata di colpo un enigma ancora più grande e complesso.
Perché le pietre di Stonehenge erano tutt’altro che isolate, sul loro prato verde, come le vediamo oggi. Erano parte di un disegno e un paesaggio molto più ampio. Una mappa che solo ora gli archeologi hanno iniziato davvero a tracciare, grattando sotto la superficie con la forza della tecnologia, cercando nel sottosuolo con strumenti che prima semplicemente non esistevano.
Il paesaggio nascosto
Tutto intorno al più mitico dei monumenti preistorici – datato tra 3.000 e 2.300 anni prima di Cristo – c’era un paesaggio nascosto, fatto di decine e decine di altri complessi monumentali simili, che ieri per la prima volta è stato svelato anche in Italia, in un convegno organizzato dal Politecnico di Milano.
Intorno a Stonehenge c’erano altri cerchi di pietre e pali, altre tombe e altri simboli da decifrare, addirittura villaggi interi. Proprio lì dove si pensava non ci fosse nulla. Un universo rimasto sepolto per anni, che gli scienziati hanno svelato grazie a sofisticati rilievi geomagnetici e a misure radar svolte su un’area di oltre 14 kmq.
L’opera certosina è iniziata dieci anni fa. Pensatelo come il passaggio di uno scanner potentissimo e preciso, metro per metro sopra quell’area così estesa. Fino a ricostruire tutti gli strati della sua storia. E fino a scoperte enormi come le Durrington Walls: oltre 90 pietre simili a quelle di Stonehenge, a meno di tre chilometri da Stonehenge, erette ben prima. Le prime furono poggiate 4.500 anni circa prima di Cristo. Alcune erano alte quattro metri e mezzo. E fino a pochi mesi fa se ne ignorava l’esistenza.
Le due tesi
«Forse le pietre di Stonehenge erano state usate originariamente proprio a Durrington e poi spostate», suggerisce Immo Trinks, scienziato del Ludwig Boltzmann Institute for Archaeological Prospection and Virtual Archaeology, capofila del progetto insieme all’Università di Birmingham. Che spiega: «Con i punti che abbiamo tracciato sulla mappa intorno a Stonehenge possiamo creare altre suggestioni, nuove teorie e interpretazioni. Stiamo sviluppando algoritmi per provare a fare ordine, ma il compito spetta agli archeologi».
Per loro la grande domanda resta intatta: quali erano lo scopo e il significato di Stonehenge? Scartata l’idea che fosse un primordiale osservatorio astronomico, alla luce delle novità sono due le ipotesi. La prima: che quel luogo così suggestivo fosse dedicato al culto dei defunti. La seconda: che fosse un luogo di pellegrinaggio e guarigione. Forse gli inglesi di allora avevano caricato di proprietà miracolose la cerchia interna di «pietre blu» vulcaniche, quelle portate lì dal Galles nella seconda fase della costruzione del sito. In entrambi i casi, l’allineamento con il sole non sarebbe casuale. E questo pare ormai uno dei (pochi) punti fermi.

Autore: Stefano Rizzato

Fonte: La Stampa, 19 mag 2016

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