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Mario Zaniboni. Tubi di Baigong.

baigong

Non molto tempo fa, in Cina, precisamente nella provincia di Qinghai, fu fatta una scoperta che ha lasciato tutti perplessi, giacché si trattava di oggetti che erano talmente al di fuori dal tempo da rendere possibile il definirli “artefatti fuori posto”, OOPArt, in definitiva; oggetti che per la loro natura erano di tempi recenti, ma che si trovavano in un contesto che proveniva dall’antichità.
Ebbene, inizialmente, si era pensato che lo fossero pure i Tubi di Baigong.
Per gli abitanti del luogo, non sono nulla di eccezionale, essendo loro nota la loro esistenza da secoli.
Chi ne ha parlato per primo – almeno così pare – è stato lo scrittore cinese Bai Yu il quale, nel 1996, visitò la zona e fu attratto e incuriosito dalla presenza di tubi che fuoriuscivano dal suolo o dalle pareti della caverna e che, secondo il suo parere, potrebbero essere stati costruiti dall’uomo. Raccolse campioni e li inviò al Ministero dell’Industria Metallurgica, affinché fossero analizzati: il risultato fu che il 92% era formato da metalli (soprattutto ferro), mentre l’8% restava un mistero, nel senso che non era stato identificato.
Nel 1998, ci fu un interessamento da parte di una squadra di scienziati, di cui non si sa nulla di preciso, che stavano facendo ricerche paleontologiche in merito a tracce di dinosauri, cioé di tutt’altro tipo. Le loro ricerche erano effettuate in una caverna nelle vicinanze del Monte Baigong, un collinetta alta una sessantina di metri situata a una quarantina di chilometri dalla città di Delingha, nella provincia cinese di Qinghai. Videro i tubi e di primo acchito pensarono che potessero essere condutture, ciò anche perché, essendo nelle prossimità di due piccoli laghi, forse erano collettori di acqua.
Una volta visti i tubi, si premurarono di comunicare il ritrovamento a funzionari del governo locale, che non diedero peso alla notifica, finché non ci fu un intervento di Ye Zhou che sul giornale cinese Henan Dahe Bao nel 2002 pubblicò la notizia della scoperta. Il funzionario governativo locale Quin Jianven discusse del fatto con giornalisti del Xinhua News Agency e alla fine ritenne che la scoperta potesse rappresentare un’attrazione turistica da sfruttare, puntando sul mistero dei tubi, aggiungendo, furbescamente – se si vuole – per invogliare i potenziali visitatori, che non era escluso che essi potessero essere di origine extraterrestre.
Gli studi geologici effettuati sul luogo descrivono un affioramento della crosta terrestre a forma piramidale, sul cui vertice si trova la grotta nella quale si sono individuati i tubi.
Furono eseguite ulteriori analisi sulla natura dei tubi da operatori di una fornace del luogo, che sono giunti alla conclusione che sono costituiti principalmente di ferro, mentre un buon 30% è diossido di silicio, un componente abbastanza fuori dalla norma; inoltre, si è riscontrata la presenza di circa un 8% di un composto non identificato, confermando quanto sopra ricordato. Come datazione, sembra plausibile il ritenere i tubi comparsi fra i 140 e 150 mila anni fa. E in effetti, stando al parere di Liu Shaolin, il tecnico che ha portato avanti le analisi, i tubi esistono da molte decine di migliaia di anni.
Ora si sa che la Cina vanta progressi tecnologici avvenuti molto tempo prima di Cristo, ma il supporre che i tubi fossero stati prodotti da metallurgisti cinesi in un passato molto lontano sembra un po’ azzardato; e ciò sia perché la presenza dell’uomo in quelle località non è anteriore a 30 mila anni, sia perché la zona è praticamente disabitata e scarsamente frequentata da pochi pastori migranti e, per questo motivo, non è certo un centro industriale ante litteram; e se è isolata ora, sembra impossibile pensare che non lo fosse pure quando i tubi sono nati.
Pertanto, si cominciò a ragionare per giungere a una conclusione in merito alla formazione dei tubi; per un po’, si abbandonarono le ipotesi su un intervento di alieni, sempre caro a tanti amanti dei misteri insolubili e insoluti, per stabiilre se, per caso, non fosse uno scherzo della natura. E una prima ipotesi fu quella riguardante la grande quantità di fratture nelle rocce causate dalle fortissime tensioni interne sorte durante l’innalzamento dell’altopiano Qinghsai-Tibet: forse, il magma in risalita ha incontrato sostanze chimiche le quali, insieme a tutta una serie di processi di carattere geologico, hanno alla fine prodotto quelle strutture, perfettamente inglobate nella roccia, che non si riusciva, fino a oggi, a spiegare. Del resto, di una supposizione si tratta, che purtroppo non ha il conforto di almeno una – dico – prova. Una seconda ipotesi si basa sulla possibiità che sempre le stesse fratture siano state percorse da liquidi con abbondanza di ferro, e l’acqua e l’idrogeno solforato (H2S) abbiano fatto il resto, producendo quei famosi tubi metallici.
Finalmente, una dritta giunse dalle ricerche di due scienziati americani, Mossa e Schumaker che, nel loro resoconto “Ricerca sedimentaria sui calchi dell’albero fossile in Louisiana“, parlavano di strutture simili a quelle cinesi ivi individuate e delle quali la termoluminescenza aveva dato per certa l’età dai 75 ai 95 mila anni; e aggiunsero che la composizione chimica di quei tipi di strutture dipendeva dagli elementi chimici presenti e dal tipo di terreno nel quale si erano formati. I risultati delle analisi fatte con la termoluniminescenza sono stati riportati in un articolo del Journal of Sedimentary Research del 1 Luglio 1993 dal titolo Fossil tree casts in South Louisiana soils. Nella descrizione dei ricercatori si evidenziavano il diametro di circa 70 centimetri dei tubi e la profondità nel suolo del ritrovamento a circa un metro. Gli studi approfonditi che hanno dedicato a quelle forme hanno portato alla scoperta che si trattava di radici di pino alle quali i minerali di ferro si erano associati.
Quindi, stando a quella spiegazione, si poteva intuire che anche i tubi di Baigong avessero la stessa origine naturale.
E per questo motivo, a seguito dell’indicazione proveniente dall’America, gli scienziati cinesi applicarono la spettroscopia atomica su frammenti dei tubi di Baigong e giunsero alla scoperta che negli stessi era presente sostanza organica vegetale, il che significava che con ogni probabiità si era di fronte allo stesso tipo di fenomeno, vale a dire che i tubi erano tronchi vegetali fossilizzati o, almeno, parti degli stessi.
Nel 2001, il Dipartimento di Sismologia cinese confermò l’età delle strutture usando al termoluminescenza: 140-150 mila anni fa.
Dunque, accettando come validi i risultati delle ricerche dei due scienziati americani, i Tubi di Baigong non sono né frutto della tecnologia degli antichi Cinesi, né prodotti di profilatrici di metalli attivate da civiltà aliene, bensì di uno scherzo della natura, che tende a mettere in imbarazzo la pur avanzatissima conoscenza tecnologica delle moderne civiltà.

Autore: Mario Zaniboni – zamar.22@libero.it

 

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