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Jean-Paul THUILLIER, Gli Etruschi, la prima civiltà italiana.

Molto prima della splendida stagione rinascimentale, ma anche prima dei fasti dell’impero romano, un’altra importante civiltà è fiorita sul suolo italico, quella etrusca.
Nel periodo della loro massima potenza (tra il 700 e il 450 a.C.), gli Etruschi hanno dominato quasi tutta la penisola: oltre all’Etruria propriamente detta, compresa tra l’Arno, il Tevere e il mar Tirreno, hanno occupato buona parte della Pianura Padana a nord e della Campania a sud. Inoltre, almeno tre re etruschi hanno regnato su Roma: Servio Tullio e i due Tarquini, originari, come dice il loro nome, di Tarquinia, la città celebre oggi per le pitture tombali.
I problemi legati alla loro origine e alla loro lingua hanno a lungo alimentato il cosiddetto «mistero» etrusco, che, grazie agli studi e soprattutto agli scavi archeologici, si sta infine parzialmente chiarendo. Nessun altro popolo insediato nel nostro paese prima dei Romani ci ha del resto lasciato un numero così grande di iscrizioni, ha prodotto una simile quantità di opere d’arte, ha esercitato un’influenza tanto profonda sulle popolazioni vicine.
In questo volume Jean-Paul Thuillier ricostruisce, con ricchezza di dettagli e sulla base della più aggiornata letteratura scientifica, l’intera storia etrusca, dal periodo villanoviano a quello ellenistico, soffermandosi sulle vicende politiche e sull’economia, sull’arte, la religione, i costumi, facendo insomma rivivere per intero l’avvicente parabola di una civiltà durata secoli e che rappresenta una delle radici di quella europea.

L’autore
Jean-Paul Thuillier, storico francese specializzato nello studio della civiltà etrusca, dirige il Dipartimento di Scienze dell’Antichità presso l’École Normale Supérieure (Ulm) a Parigi. Fra le sue opere ricordiamo: Les Étrusques, la fin d’un mystère?, Les jeux athlétiques dans la civilisation étrusque, Le sport dans la Rome antique.

L’indice:
Prefazione, Prologo, Il mistero dell’ottava laminetta.
Capitolo 1: I due pilastri del mistero etrusco: la lingua e le origini; La lingua etrusca;
La lingua; La letteratura; Le origini.
Capitolo 2: I cinque nomi degli Etruschi, Etrusci, Tusci, Tyrsenoi/Tirreni; I Lidi di Virgilio; Rasenna/Rasna.
Capitolo 3: Le tre Etrurie: L’Etruria tirrenica; Le due belle province dell’Etruria; L’ Etruria padana; L’Etruria campana; Gli Etruschi altrove.
Capitolo 4: Le quattro fasi della storia etrusca; Il periodo villanoviano; Periodo orientalizzante (720-580); Periodo arcaico (580-475); Periodo classico ed ellenistico (475-27); La romanizzazione; Conclusione: la ninfa Vegoia.
Capitolo 5: Le dodici città dell’Etruria: Un insieme di città-stato; Dodecapoli; La lista delle dodici città; Il Fanum Voltumnae; Istituzioni politiche.
Capitolo 6: I tre re etruschi di Roma: La tradizione storiografica: un affare di famiglia; I dati archeologici: una forte presenza etrusca; Quartieri etruschi e realizzazioni urbanistiche etrusche a Roma; Una versione etrusca della storia dei re di Roma; Conclusione.
Capitolo 7: Gli Etruschi tra due mari: La talassocrazia etrusca; Pirati tirreni; I porti e gli «emporia»; La pesca e il sale: Relitti etruschi.
Capitolo 8: Le quaranta caselle del Fegato di Piacenza: considerazioni sulla religione, Il Fegato e gli aruspici; I libri sacri degli Etruschi; Gli uccelli…; … e i fulmini; I Libri del destino («Libri fatales»); Gli dèi; Il tempio; Gli altari; Il riso degli aruspici.
Conclusione. Le cinque immagini degli Etruschi.
Glossario, Bibliografia, Indice dei nomi, Indice delle immagini.

Il prologo: Il mistero dell’ottava laminetta.
Il 10 ottobre del 1992, un uomo entrava nella stazione dei carabinieri di Camucia, una frazione di Cortona situata ai piedi di questa città che domina il lago Trasimeno di storica memoria, per dichiarare alle autorità il ritrovamento di sette laminette di bronzo.

Quel modesto operaio apriva così un nuovo capitolo nella storia dell’etruscologia, poiché su quei frammenti bronzei (che facevano parte di un unico pezzo) era tracciata, in una grafia bella e regolare, un’iscrizione in lingua etrusca: la cosa non deve sorprendere, se si pensa che Cortona era stata una delle più grandi città dell’Etruria indipendente e aveva svolto un ruolo decisivo nella riscoperta degli Etruschi in epoca moderna.
A Cortona fu infatti fondata, nel 1727, un’Accademia Etrusca assai attiva, la quale annoverava tra i suoi membri per corrispondenza personaggi come Montesquieu e Voltaire; i turisti visitano ancora oggi il Museo a essa dedicato, il quale vanta, tra l’altro, un grande lampadario di bronzo riccamente decorato, fabbricato nel V secolo e lievemente ritoccato in epoche successive.
La scoperta delle sette laminette ha dato una delusione a quanti sono abituati a parlare di «mistero» etrusco. Sorvoliamo sulle circostanze del ritrovamento, su cui è difficile sbagliare: l’operaio affermava di aver scoperto per caso i frammenti dell’iscrizione all’interno del cantiere in cui stava lavorando; tuttavia, più verosimilmente, si trattava del bottino di uno dei numerosi tombaroli, vero flagello dei siti archeologici italiani – in particolare etruschi –; senza dubbio, in questo caso si era pensato che la ricompensa ottenuta grazie a un’onesta dichiarazione fosse preferibile alle incognite di una vendita sul mercato internazionale – peraltro assai fiorente – dei reperti archeologici. Sorprende, invece, che sia intercorso tanto tempo tra la consegna delle laminette alla polizia e, successivamente, ai responsabili della Soprintendenza archeologica di Firenze, e la presentazione ufficiale dell’iscrizione al mondo accademico, presso il quale si erano già diffuse voci al riguardo, nonché infine, al grande pubblico.

Infatti, il documento, conosciuto ormai con il nome di Tabula Cortonensis o Tavola di Cortona – a somiglianza, per esempio, della Tavola Claudiana, la magnifica iscrizione latina scolpita su una lamina di bronzo trovata a Lione nel XVI secolo – è stato reso noto soltanto una decina d’anni dopo il suo ritrovamento. Certamente, una simile pubblicazione scientifica esige un lungo studio e ricerche pazienti; tuttavia, la ragione ufficiale del ritardo veniva attribuita al fatto che la segretezza avrebbe permesso di ritrovare più facilmente l’ottavo frammento, per la verità mai rinvenuto: va detto, comunque, che si tratta di una lacuna di poca importanza, che non pare nuocere seriamente alla comprensione dell’iscrizione, presentata alla fine del 2000 alla grande mostra «Gli Etruschi» organizzata a Venezia, a Palazzo Grassi, e successivamente nella stessa Cortona. La Tabula si può ora ammirare presso il già citato Museo dell’Accademia Etrusca, accanto al famoso lampadario e a notevoli statuette di divinità, bronzee anch’esse.
In ogni caso, ci troviamo di fronte al terzo testo etrusco per lunghezza (40 righe: 32 sul lato A e 8 sul lato B, per un totale di 206 parole); comunque, le ombre che hanno circondato il suo ritrovamento prima che fosse reso noto e presentato al pubblico non fanno passare in secondo piano le circostanze davvero avventurose della scoperta della più lunga iscrizione che ci sia pervenuta: la Mummia di Zagabria (1200 parole).

Questo singolare nome accenna infatti a un vero e proprio racconto di mummie in stile ottocentesco: un aristocratico croato, di ritorno da un viaggio in Egitto, si accorge che le bende della mummia che ha recato con sé per ricordo (come succedeva regolarmente nel XIX secolo: i musei d’Europa sono pieni di questi «souvenir» turistici) erano ricoperte di una fitta scrittura, per lo più in inchiostro nero. Si dovrà attendere la fine del secolo per accorgersi che il testo non è in egiziano o in un’altra lingua orientale o semitica, ma in etrusco: si tratta infatti di un calendario rituale, di cui più avanti cercheremo di ricostruire la strana avventura. Dello stesso tenore è la seconda più lunga iscrizione etrusca in nostro possesso, la Tavola di Capua, a lungo conosciuta nella letteratura archeologica come Tegola di Capua, perché il testo è effettivamente inciso su di una grossa terracotta rettangolare a forma di tegola piatta provvista di un bordo: sono ancora leggibili circa 300 parole, vergate in una scrittura assai meno regolare di quella che caratterizza le due epigrafi precedentemente citate.
La Tavola di Cortona (delle dimensioni di 45×30 cm circa), interamente incisa sul lato A e soltanto sulla parte superiore del lato B, è invece stata interpretata dai primi curatori come un testo di natura giuridica: ciò la renderebbe particolarmente interessante, se si pensa che la maggior parte dei documenti epigrafici etruschi in nostro possesso è di carattere religioso – né la cosa deve stupire, dal momento che, come vedremo, già nell’Antichità gli Etruschi avevano fama di essere «i più religiosi tra gli uomini».
Secondo L. Agostiniani e F. Nicosia, ai quali si deve la prima, ottima edizione del documento cortonese, datato attorno al 200 prima della nostra era, sarebbe una sorta di contratto concernente la vendita o l’affitto di terreni, tra cui figurano forse dei vigneti; tra i passi immediatamente comprensibili troviamo, per esempio, l’espressione cen zic zichuche, che significa «questo testo è stato scritto…» e che è perfettamente naturale in un documento giuridico di tal genere. Parimenti, le cifre, piuttosto numerose nel testo, parrebbero riferirsi a misure di superficie o a somme in denaro. I venditori appartengono a ricche famiglie della regione di Cortona: tra queste spiccano i Cuśu , il cui nome compare in altre iscrizioni e le cui tombe aristocratiche sono state identificate. I compratori (o i fittavoli) sono in gran numero e, manifestamente, di condizione più modesta. Sulla Tavola appare una terza serie di cognomi, nei quali si sono voluti riconoscere i garanti della transazione: tra costoro vi sarebbero alcuni magistrati e, soprattutto, uno zilath mechl rasnal (riga 24), a lungo ritenuto il magistrato supremo della Lega Etrusca, ma che potrebbe essere soltanto l’autorità suprema della città di Cortona.
Sul lato B, si legge (forse) la parola tarsminas, che, secondo i succitati esperti, potrebbe designare il Trasimeno e riferirsi, quindi, a terreni situati nella pianura circostante il lago, cioè, come abbiamo visto, ai piedi di Cortona stessa.
L’inizio dell’iscrizione incisa sul retro è una formula di datazione che rispecchia in pieno le consuetudini romane; vi si legge infatti zilci larthal cusus titinal larisalc salinis aulesla che si traduce: «Sotto la magistratura (zil-ci ricorda lo zil-ath già citato) di Larth Cuśu figlio di Titinei (sua madre) e di Lariś Śalini figlio di Aule». Se si eccettua il matronimico, che comunque è un segno dello status sociale elevato di cui godevano le donne nella società etrusca, ritroviamo qui, con i due magistrati eponimi, il costume romano di ricordare gli anni sulla base dei nomi dei consoli in carica: per esempio, il 63 avanti l’èra volgare fu l’anno del consolato di Cicerone e Antonio (in latino, M. Tullio C. Antonio consulibus). Occorre ripetere che queste considerazioni non sono altro che ipotesi, per quanto, va detto, piuttosto convincenti: per dare un’idea di quanto grandi siano ancora le nostre incertezze, basti dire che, poco dopo la pubblicazione del documento, è apparso un lungo articolo firmato da uno dei massimi esperti di lingua etrusca, Carlo de Simone, che vedeva nella Tavola di Cortona un testo… religioso, proprio così: la descrizione di una cerimonia funebre (in latino, una parentatio) organizzata da una vera e propria confraternita familiare. In quella nuova lettura, colava a picco, se così si può dire, anche il Trasimeno. Decisivo per l’interpretazione sarebbe conoscere il luogo di provenienza della lamina bronzea, per la verità assai ben conservata, pur se spezzata in diversi frammenti; si trovava originalmente in un edificio pubblico, ufficiale, o era collocata in una tomba gentilizia, dunque privata? Ci si interroga anche sugli altri oggetti metallici consegnati insieme alla Tavola dal loro «scopritore»: vengono davvero dallo stesso luogo? Come si vede, le domande sono più numerose delle risposte, e il lavoro che attende gli etruscologi è ancora lungo.

Info:
EDIZIONI LINDAU, Corso Re Umberto 37 – 10128 Torino
tel. +39 011 517 53 24,
pp. 360, illustrazioni 36 b/n; formato cm. 14×21
Prezzo: € 24,00 – ISBN: 978-88-7180-758-4


Cronologia: Arch. Italica
Link: http://www.lindau.it/schedaLibro.asp?idLibro=1122

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