Archivi

Giuliano CONFALONIERI, Archeoliguria – Nona parte.

La pratica del pellegrinaggio è un intricato miscuglio di fede, di espiazione delle colpe, di senso dell’avventura e di speranza in un mondo migliore. Non più il movimento di gruppi con bisaccia e il giaciglio precario sotto le stelle, non la locanda o l’ospitale eremo, ma piuttosto le offerte delle agenzie di viaggio con gli itinerari del turismo di massa verso le mete mistiche.
San Giacomo di Compostela, uno dei santuari preferiti dal pellegrino cristiano medievale (famoso il ‘camino de Santiago’ che univa Barcellona a Padròn sull’Atlantico, dotato di rifugi ed ospedali), richiamava folle anche dal nostro paese e la Liguria era uno dei percorsi obbligati.
Le motivazioni che spingono le persone ad affrontare il viaggio ‘religioso’ sono molteplici; una delle definizioni più pertinenti a questo fenomeno è quella di Francesco Petrarca: “di nessun luogo abitante, dovunque sono pellegrino”; una affermazione che ribadisce il bisogno di mettersi ‘on the road’, con la consapevolezza della precarietà umana nella sua esperienza terrena, per confrontarsi con il mondo reale e con quello metafisico.
Le reliquie dei santi, i santuari e le chiese intrise di storia e di spiritualità, le raccolte di ex voto alle cui spalle si celava una miriade di storie fatte di sofferenza e fede, il martirologio con pitture e sculture edificanti, gli ordini religiosi perpetuanti le regole dei fondatori: erano tutte mete – così come la Mecca per il mondo islamico – per pellegrini che in epoca feudale non avevano fretta e nella maggioranza si accontentavano di viaggiare a piedi (una trentina di chilometri ogni giorno), di pasti frugali, di abbigliamento sobrio, di un bastone per difendersi dai grassatori e sostenersi sui percorsi accidentati; i privilegiati viaggiavano a dorso di cavallo, di mulo o in carrozza, questi ultimi con l’inevitabile seguito di cortigiani e servitori. Percorrevano, oltre alle strade consolari ed alla rete viaria minore lasciata in eredità dalla civiltà romana, anche i tracciati usati dalle carovane per i trasporti o per la periodica transumanza. Le imbarcazioni (specialmente quelle di piccolo cabotaggio) salpavano dagli scali dell’intero arco ligure per portare i pellegrini che scendevano dal nord verso Roma e la Terra Santa con numerose tappe intermedie.
Gerusalemme in particolare era considerata ‘la più santa delle città sante’ (le Crociate ne sono la dimostrazione evidente, al di là degli scopi spesso più politici e militari che religiosi) e quindi la Liguria costituiva un punto importante di riferimento come via per il Medio Oriente.
Ancora oggi le processioni con gli artistici Crocefissi, l’attività delle Confraternite e le consuete feste religiose ripetute annualmente, rammentano i tempi in cui le pratiche dei devoti si esprimevano in lunghi viaggi svolti in condizioni ambientali impegnativi, tanto da necessitare sui percorsi canonici di una fitta rete di ostelli per la sosta (a Genova la Commenda di Prè fu uno dei luoghi deputati per l’assistenza fisica e spirituale dei pellegrini medioevali; taverne, monasteri oppure semplici bivacchi costituivano altrettanti punti di ritrovo nei quali riposare, scambiarsi informazioni e sensazioni, raccogliersi in preghiera in attesa della prossima tappa). Altri luoghi legittimarono la sacralità di avvenimenti ritenuti miracolosi con la costruzione dei Santuari che furono poi mete altrettanto importanti di quelle classiche, talvolta irraggiungibili per le mutate condizioni del potere locale.
Nel volume ‘Viaggio in Liguria’, tra le tante testimonianze di stranieri sulle strade d’Italia, quella dell’inglese Henry Alford spicca per i riferimenti alla sua visita nel 1869 alla “Madonna della Misericordia di Savona, una celebre chiesa meta di pellegrinaggi… Man mano che avanzavamo, la folla aumentava. Carrozze, omnibus e carrozzini ricoperti di polvere, viandanti dai curiosi calicò multicolori (da calicot, tessuto indiano di cotone stampato) e dai mantelli di cotone con cappucci e corde intorno alla vita… In fine tutta la scena si aprì davanti e fu la più sorprendente. Una fila di dodici carri stipati e di fronte ad essi oggetti straordinari d’ogni tipo: lanterne dorate, diversi stendardi, larghe croci scintillanti d’argento e una grande brutta Vergine aurea trasportata a spalle sopra una specie di catafalco.
Un accostamento bizzarro ma tentatore riporta all’altro fenomeno migratorio di massa: le numerose Crociate in Terra Santa furono “una storia di santi e di pazzi, di superstiziosi e di eretici, di realisti e di entusiasti; cronaca traboccante di tenebre e disperazione, d’eroismo e strazio, d’amore, ferocia e fede, di egoismo e avidità…” (Johannes Lehmann), grandiosi movimenti scaturiti dall’Europa cristiana nell’intento di liberare la Terra Santa dagli occupanti mussulmani. Un’accozzaglia di gente sospinta dalle più diverse motivazioni a un tremendo viaggio attraverso territori ostili, senza una organizzazione alle spalle, spesso senza possibilità di ritirata, senza assistenza né disciplina: “ignoranti, incolti, avidi di guerra, rapaci”.
La Croce rossa sul petto era l’emblema per centinaia di migliaia di individui che costituirono un fenomeno inimmaginabile. Incitati dal grido “Dio lo vuole” partivano attratti da sogni di conquista, di ricchezza e di meriti per la salvezza dell’anima. Molti si mescolavano a queste orde per motivazioni meno idealistiche poiché si lasciavano alle spalle situazioni molto precarie come l’indigenza, imputazioni per reati commessi e liti familiari: contadini, pellegrini, baldracche, diseredati, predatori, assassini, bambini, principi, cavalieri, frati, soldati di ventura, preti, mistici fanatici e artigiani falliti. Trecentomila furono condotti allo sbaraglio da Pietro l’Eremita nel biennio 1095/1096, decimati ancor prima di giungere in Palestina; in quell’occasione i suoi seguaci trucidarono cinquantamila ebrei.
La prima crociata ufficiale (1097/1099) riuscì ad espugnare Gerusalemme pur senza far cessare la pressione militare araba e turca.
Nel 1147/1149 Papa Eugenio III bandì una nuova crociata agli ordini di Corrado III e Luigi VII per contrastare i turchi (Gerusalemme fu riconquistata dal Saladino).
Con la terza crociata (1189/1192) Barbarossa, Filippo Augusto e Riccardo Cuor di Leone entrarono in San Giovanni d’Acrì ma non a Gerusalemme.
Un intreccio di passioni, battaglie, armistizi e tradimenti: la Terra Santa come palcoscenico e Re Luigi IX di Francia come ultimo attore tragico (1270).

Autore: giuliano.confalonieri@alice.it

Segnala la tua notizia