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ERCOLANO (Na). Presentato l’eccezionale reperto in legno e avorio. Guzzo: è il primo dell’epoca conservato fino a noi.

Si è conservato sotto venticinque metri di materiale vulcanico, tra acqua e fango, e per duemila anni ha aspettato le mani dell’uomo per essere riportato alla luce.

È il trono della Villa dei Papiri di Ercolano, riaffiorato tra la fine di ottobre e la metà di novembre in una zona distante una cinquantina di metri dalla celebre villa, e dalla quale alcuni anni fa sono stati ritrovati altri due magnifici reperti, una testa di Amazzone e una statua di figura femminile panneggiata.

Prezioso, regale, decorato finissimamente con una impiallacciatura di avorio decorata a rilievo, è il primo esempio di arredo del genere giunto fino a noi dall’antichità. Presentato ieri a Roma nella ex chiesa di Santa Marta.

È un ritrovamento eccezionale perché di questo tipo di soglio si conoscevano fino a ora solo riproduzioni figurative, come per esempio il trono su cui siede Afrodite nella pittura della Villa della Farnesina. O descrizioni letterarie. «È il primo trono originale di epoca romana conservatosi fino a noi – dice il soprintendente di Pompei, Pietro Giovanni Guzzo – La forma del sedile, nonostante la ovvia frammentarietà, è immediatamente riconoscibile».

Sono state recuperate le due gambe dritte (proprio questa particolarità identifica il soglio come un trono; le gambe di altre sedute erano solitamente arcuate) e il tratto iniziale del montante dello schienale. Le raffigurazioni dei rilievi contengono molti elementi che rievocano l’atmosfera delle Attideia, le cerimonie che commemoravano la morte e la resurrezione del dio frigio Attis, consorte e vittima della dea Cibele, introdotte dall’imperatore Claudio (41-54 d.C.) nel calendario romano.

I lunghi e complessi rituali si svolgevano fra il 15 e il 25 di marzo, e che Ercolano avesse una certa familiarità con Attis è provato dall’esistenza di un tempio intitolato a Cibele e a numerosi oggetti ritrovati, riproducenti il giovane Attis.

Dallo scavo sono emersi anche altri reperti probabilmente attribuibili a un altro mobile. Fra questi, un piede a forma di zampa di leone, che non si sa ancora se sia di avorio o di corno. Delicatissimi i problemi della conservazione: per non alterare l’habitat di provenienza, i reperti devono essere sempre mantenuti in una condizione di umidità.

A chi apparteneva, quale era l’uso, dove fu realizzato? Per ora non è possibile neanche fare ipotesi. «È certo che il mondo romano assunse dal mondo greco l’uso del trono chiamandolo solium – dice Ernesto De Carolis, responsabile del Laboratorio di restauro – Questo mobilio divenne piuttosto comune nelle case dei romani. La preziosità dei materiali di cui era fatto rivelava il livello sociale di chi lo possedeva».

La preziosità del trono di Ercolano e il carattere cultuale delle decorazioni potrebbero far anche pensare a un uso del trono nell’ambito dei culti. Gli archeologi non azzardano congetture.

«Ci stiamo interrogando – dice Maria Paola Guidobaldi, direttrice degli scavi di Ercolano – Ogni giorno lo scavo ci riserva sorprese, e dall’analisi dei materiali che emergono si potrà ricostruire la sua storia».

Di certo, il luogo nel quale è stato ritrovato doveva avere un rapporto con la Villa dei Papiri. Ma non è detto che il trono appartenesse a quella dimora. La furia della lava potrebbe aver trascinato questa mobilia da un altro punto, fino a quando non s’è fracassata vicino alla Villa. Ora i lavori sono concentrati in due aree circoscritte, grandi poco più di un metro quadrato.

«Questi recuperi – dice Guzzo – ci indicano come solamente grazie a una attività di scavo attenta e minuziosa è possibile aumentare la nostra conoscenza della complessiva cultura materiale delle antiche città vesuviane».

 

 


Fonte: Il Mattino 05/12/2007
Autore: Maria Tiziana Lemme
Cronologia: Arch. Romana

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