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CHIARAMONTE GULFI (RAGUSA). Migranti al lavoro in una necropoli.

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Uno scavo archeologico a Chiaramonte Gulfi, nel ragusano, porta alla luce una necropoli del III-IV secolo d.C. ma diventa anche un progetto di integrazione. I giovani richiedenti asilo ospiti di una comunità di accoglienza stanno infatti lavorando insieme a studenti dell'università di Bologna. Gli scavi, condotti nella zona di contrada San Nicola, hanno portato alla scoperta più di 110 tombe, ma anche un ricco corredo funerario che lascia pensare a una comunità ricca e di ceto sociale elevato. ANSA/UFFICIO STAMPA INPRESS ++ NO SALES, EDITORIAL USE ONLY ++

Uno scavo archeologico a Chiaramonte Gulfi, nel ragusano, porta alla luce una necropoli del III-IV secolo d.C. ma diventa anche un progetto di integrazione. I giovani richiedenti asilo ospiti di una comunità di accoglienza stanno infatti lavorando insieme a studenti dell’università di Bologna. Gli scavi, condotti nella zona di contrada San Nicola, hanno portato alla scoperta più di 110 tombe, ma anche un ricco corredo funerario che lascia pensare a una comunità ricca e di ceto sociale elevato.
La cooperativa Nostra Signora di Gulfi, proprietaria dell’area e che gestisce uno dei progetti di accoglienza Sprar/Siproimi del comune di Chiaramonte, ha stipulato una convenzione con il comune, la Sovrintendenza ai beni Culturali di Ragusa e l’Università di Bologna, che sta conducendo gli studi scientifici, storici, antropologici e di genetica per conoscere abitudini e stili di vita degli antenati di 1700 anni fa.
Gli studiosi cercheranno elementi che possano consentire di studiare la struttura corporea e ossea, il tipo di alimentazione, il tipo di lavoro svolto. In un caso si sta tentando di ricostruire un volto.
La convenzione, un esempio di collaborazione tra istituzioni pubbliche e il cosiddetto “privato sociale”, assume un grande rilievo se si considera i migranti richiedenti asilo collaborano a un importante scavo archeologico. Per questo, sono state attivate delle borse lavoro in collaborazione con la Sovrintendenza.
L’area archeologica di contrada Giglia era nota anche nei secoli passati ed alcuni archeologi, tra cui Paolo Orsi, si erano occupati della zona. Ma, al di là di ciò che era conosciuto (e che si supponeva fosse di epoca bizantina) ora sta venendo alla luce qualcosa di nuovo. La datazione delle tombe, dei corredi funerari (piatti, monili, anelli, uno spillone, un piccolo lekytos) è certamente antecedente e tradisce la presenza nella zona di un abitato di cui finora non si aveva notizia.
Sono stati rinvenuti sarcofaghi litici di pregevole fattura e numerose fosse terragne scavate nella terra e chiuse con grosse lastre con pietra di inzeppamento e argilla.
I risultati dei lavori di questi mesi sono stati presentati a Bologna nel corso del convegno “Archeologia negli Iblei tra ricerca e integrazione”, promosso dai Dipartimenti di Beni Culturali e Storia, Culture e civiltà dell’ateneo bolognese.
“La collaborazione tra il pubblico e il privato sociale, che noi rappresentiamo – spiega il presidente della cooperativa Nostra Signora di Gulfi, Gianvito Distefano – offre un servizio agli studi storici e scientifici ed alla nostra comunità. Ringrazio il cardinale di Bologna Matteo Zuppi ed i partner del progetto per il sostegno e la fiducia”.

Fonte: www.ansa.it, 24 feb 2020

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