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BORRELLO (Ch). Una nuova scoperta: necropoli principesca o insediamento arcaico?

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Una nuova, importante scoperta destinata ad arricchire il già cospicuo patrimonio archeologico dell’Alto Sannio e di tutta la Val di Sangro, territorio a cavallo del confine, puramente amministrativo, fra Abruzzo e Molise.
La rivelazione viene dall’AVAT, Associazione per la Valorizzazione dell’Ambiente e del Territorio, con sede a Borrello in provincia di Chieti, comune nel quale si trova l’area interessata dai reperti sin qui sconosciuti. Si tratterebbe di una serie di sepolture principesche ovvero di un insediamento abitativo arcaico, comunque di epoca sannita. Se così fosse, la scoperta costituirebbe un unicum dalle conseguenze scientifiche e storiche di grandissimo rilievo.
I soci dell’AVAT-Borrello, associazione nata proprio in conseguenza della scoperta di cui stiamo parlando, hanno fatto le cose a dovere, come ogni buon cittadino che abbia a cuore le sorti culturali ed economiche della propria terra d’origine dovrebbe fare. Hanno tenuto riservata la notizia per alcuni mesi e hanno preso del tempo per effettuare ricognizioni, fotografie e rilievi. Quindi, una volta resisi conto che la scoperta aveva un fondamento e che potenzialmente era anche di un certo rilievo, sono venuti allo scoperto interessando la Soprintendenza di Chieti e il prof. Adriano La Regina, massima autorità vivente in tema di archeologia sannita fra Abruzzo e Molise.
“Si tratta di mura di varia grandezza adibiti a funzioni diverse, fortificazioni, terrazzamenti, sepolture e altre costruzioni non meglio identificate – si legge in una breve nota dell’Avat – collocate soprattutto nella parte orientale della collina di Montalto a poca distanza dal centro abitato di Borrello. Da una prima ricognizione si potrebbe ipotizzare la loro appartenenza al periodo sannitico, in un’area situata tra la regione abitata dai Sanniti Pentri e quella dei Sanniti Carricini. Potrebbe trattarsi di un ritrovamento significativo sia dal punto di vista storico archeologico sia per quanto riguarda progetti futuri di valorizzazione e fruizione dell’intera area”.
Non si può certo dare loro torto. Anche se fossero strutture medioevali – cosa che non si può ancora del tutto escludere – gli edifici della collina di Montalto sono uniche nel loro genere.
“Le ipotesi, ancora tutte da valutare – scrive ancora l’Associazione culturale borrellese – rimandano ad un antico abitato o ad una necropoli principesca, in quanto ci sarebbero tombe somiglianti a quelle dei nobili etruschi. Nessuno ha ancora scavato per capire meglio cosa è nascosto sotto la terra di Borrello. Si comunque suppone che le strutture appartengano al mondo sannita”.
Interrogato a proposito il prof. Adriano La Regina, fra i primi a poter ammirare foto e disegni dell’Avat, si è lasciato sfuggire un giudizio significativo. “Di qualsiasi cosa si tratti – ha detto in sintesi il Presidente dell’Istituto Nazionale di Archeologia e Storia dell’Arte di Roma “ho l’impressione che siamo di fronte ad un ritrovamento importante”. Questa è la prima analisi a caldo che, dice ancora il professore, andrà confermata o smentita dopo una visita sul posto. Che tutti sperano avvenga il più presto possibile.
Chi si è recato a Montalto, nel frattempo, è stata una delegazione della Soprintendenza Archeologica di Chieti allertata dai soci dell’Avat, iniziativa, questa, atta a scongiurare qualsiasi intervento che potesse alterare lo stato dei luoghi. L’ente preposto ha infatti già informato l’amministrazione comunale del paesino ai confini del Molise, noto anche per le splendide Cascate del Verde oltre che per aver dato origine ad una delle casate più importanti del regno di Napoli fra il decimo e il tredicesimo secolo, i Borrello, appunto.
Va detto che fra i soci dell’Avat, un contributo determinante alla individuazione del sito e alla comprensione della sua originalità dal punto di vista storico archeologico è stato sin qui fornito da Angelo Ferrari (Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Metodologie Chimiche, Roma), Amelio Ferrari (Istituto Tecnico Agrario “Emilio Sereni”, Roma), Guglielmo Palmieri (Comunità Montana “Montagna Sangro-Vastese”), Marino Di Nillo (DigitPa, Roma) e Ezio Burri (Università dell’Aquila – Dipartimento Scienze Ambientali).
In conclusione, se l’ipotesi del carattere sannita del sito di Montalto venisse acclarato, si avrebbe un’ulteriore conferma dell’estrema importanza di tutta l’area compresa fra l’alto Sangro e il fiume Trigno in epoca pre-romana. Un territorio dove sono ben noti i ritrovamenti di Alfedena, Pietrabbondante, Schiavi d’Abruzzo, Capracotta, Quadri e molti altri ancora, oltre alla più che singolare concentrazione di cinte murarie fra il V e il IV secolo avanti Cristo. Una zona della quale non è ancora stata compresa, se non da pochi, l’importanza fondamentale dei ritrovamenti di Guastra di Capracotta, Monte Ferrante di Carovili e Civitelle di Agnone, fra le altre. Un’area-cerniera tra l’Appennino centrale e quello meridionale non a caso attraversata da millenni da almeno quattro piste armentizie a breve distanza fra loro, sulle quali, in epoca moderna, furono in buona parte ricavati i Tratturi Regi degli Aragonesi.
Ad uscirne rafforzata sarebbe anche l’idea di una “messa in rete” delle aree archeologiche dell’Alto Molise e dell’Abruzzo meridionale (in una parola “Alto Sannio”) comprese nell’emiciclo di monti intorno ad Agnone del quale anche la collina di Montalto è parte integrante. D’altronde, studiosi, associazioni culturali e amministratori della zona in questione hanno già avviato il progetto del “Parco Archeologico dell’Alto Sannio”, che comprende il territorio circostante il capoluogo dell’Alto Molise che va da Schiavi D’Abruzzo fino a Pietrabbondante, ma che facilmente potrà comprendere gli altopiani di Pescopennataro e di Vastogirardi, San Pietro Avellana e Carovilli.
Dal punto di vista della lettura storica del territorio, infine, si spera che i ritrovamenti di Borrello, una volta datati con certezza, rafforzino la tesi che fra Alfedena – Castel Di Sangro e il suddetto “ferro di cavallo” di monti intorno ad Agnone si sia insediata dall’età del ferro la stessa comunità genetica delle genti sannite. Come aveva ipotizzato certo un signore che si chiamava Theodor Mommsen e come tutti gli indizi geografici, orografici ed archeologici – non escluse le più recenti scoperte di Adriano La Regina a Pietrabbondante – sembrano confermare.

Autore: Nicola Mastronardi

Fonte: AltroMolise, 24-04-2012

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