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AUTUN (F). Preziosissimo vaso di vetro romano trovato in un sarcofago. Fu scolpito e conteneva “vomito di balena”.

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Trovata nel 2020 in un sarcofago romano, ai piedi di un defunto, la coppa è stata studiata e restaurata. Il prezioso, raffinatissimo contenitore di vetro che reca la scritta VIVAS FELICITER (Vivi felicemente) conteneva tracce di ambra grigia, il “vomito di balena”, una sostanza preziosa, usata in profumeria, ricavata dai resti digestivi dei grandi cetacei.
L’opera rarissima, scolpita in un blocco di vetro, è stata portata alla luce dall’Inrap, in collaborazione con il Servizio Archeologico della Città di Autun (Saône-et-Loire) che ha scavato parte della necropoli situata nei pressi dell’antico insediamento paleocristiano chiesa di Saint-Pierre-l’Estrier.
“Un sarcofago in pietra ha restituito un notevole vaso “diatreta”, risalente al IV secolo d.C. – dicono gli archeologi dell’Inrap – Completo, ma molto frammentato, è stato affidato al Römisch-Germanisches Zentralmuseum di Magonza (Germania). Dopo il restauro e lo studio, questo pezzo eccezionale è tornato ad Autun”.
La coppa diatreta è una tipologia di contenitore in vetro romano di lusso, diffusosi intorno al IV secolo circa, e considerato il vertice delle potenzialità dei romani nella lavorazione del vetro. Le diatreta consistono di un contenitore interno e di una gabbia o un guscio decorativo esterno che si distacca dal corpo della coppa, al quale resta attaccato tramite corti supporti.
“Dei pochi vasi diatreta individuati, rari sono quelli rinvenuti in ambito archeologico. – proseguono gli archeologi dell’Inrap – Questi capolavori dell’arte vetraria romana, scolpiti da un blocco di vetro, richiesero diversi mesi di lavoro da parte di un esperto vetraio. Molto prestigioso, questo vaso fu offerto come dono ad una persona importante, probabilmente vicina al potere imperiale. Questa ciotola di 15 cm di diametro per 12,6 cm di altezza è leggermente inclinata di lato e il suo bordo non è perfettamente circolare. Sulla fascia centrale si sviluppa, appunto, un’iscrizione latina VIVAS FELICITER (“Vivi felicemente”), sormontata da un collare decorato con ovali (motivo a uovo). Una rete in filigrana di otto ovali cuoriformi con rosetta circolare costituisce la base del vaso”.
“Per conoscerne la composizione sono state effettuate analisi di impregnazione. – scrivono gli archeologi dell’Inrap – Le indagini hanno rivelato la presenza di una miscela di oli, piante e fiori oltre all’ambra grigia. Concrezione intestinale di un capodoglio, l’ambra grigia viene solitamente raccolta dalle spiagge. La sua origine è stata a lungo dibattuta, prima di essere compresa nel XVIII secolo. Questo prodotto estremamente raro e prezioso, a volte indicato come “tartufo di mare” o “vomito di balena”, viene utilizzato per le sue proprietà aromatiche e medicinali. Ezio d’Amida, medico greco vissuto a cavallo tra il V-VI secolo d.C., lo cita come componente di una ricetta del “nardo”, un profumo destinato alla chiesa. Le analisi effettuate sul vaso diatreta ne fanno attualmente la più antica testimonianza archeologica dell’uso di questa rarissima sostanza”.
Ma cos’è, esattamente, l’ambra grigia? Il capodoglio produce una secrezione a base di una molecola chiamata ambreina. Di fatto è un lubrificante che protegge le mucose dello stomaco e dell’intestino da frammenti indigesti – ad esempio frammenti di conchiglie -. Il capodoglio rilascia ambra grigia quando vomita – e in quel caso l’emissione è in grossa quantità – o diluita nelle feci. Il prodotto è profumatissimo ed è utilizzato dall’uomo per fissare e rendere più durature le fragranze volatili delle essenze di fiori o piante.

Fonte: www.stilearte.it, 24 ott 2021

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