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VALLE D’AOSTA. L’archeologia d’alta quota svela la vera storia dei Salassi.

SALASSI

Cos’è un ambiente estremo? E come se ne deve occupare l’archeologia? Quanto l’analisi dei reperti archeologici di alta quota può modificare conoscenze storiche date per assodate? Se ne è parlato con gli archeologi della Soprintendenza Gabriele Sartorio e Alessandra Armirotti, a La Magdeleine, nell’ambito della rassegna culturale «La clé de l’été».
Per la prima volta sono stati presentati i reperti rinvenuti durante gli scavi archeologici del Monte Tantané, il sito d’alta quota dove si insediò la popolazione dei Salassi in epoca pre romana. L’analisi dei reperti rinvenuti durante le lunghe campagna di scavo iniziate nel 2003 e il loro studio portano, per quel che riguarda un periodo ristretto legato alle guerre civili romane, a nuove interpretazioni non più solo legate allo sfruttamento di quelle aree a scopo insediativo: «Prima si era più propensi ad assecondare una favolistica idea della resistenza salassa di fronte all’invasore romano – spiega Sartorio a margine della conferenza – ma dai materiali rinvenuti, da quelli riconducibile a scopi militari, al vestiario, all’armamento di riferimento, si fa strada una lettura che vede queste popolazioni come possibili truppe ausiliarie dell’esercito romano, in un periodo di disordini civili in cui ogni generale cercava di “accaparrarsi” soldati per perseguire il proprio scopo».
Ma cosa significa fare archeologia in montagna?
«La montagna è un concetto già di per sé poco definito, e a cui raramente viene associato il termine “cultura” – prosegue Sartorio -. Secondo noi invece la montagna è anche cultura, e fare archeologia in montagna significa prima di tutto depurare la mente dagli stereotipi, a partire da quello sull’immobilismo dell’ambiente. Non è così, per un uomo vissuto 2 mila anni fa l’ambiente era diverso».
In uno scavo di alta quota, dieci centimetri di terra mostrano la stessa complessità di quattro metri di stratigrafie in un paese della Bassa Valle, inoltre «c’è il problema del riutilizzo: la montagna è avara di risorse, ci sono pochi materiali per dare datazioni cronologiche certe».
Il sito archeologico del Tantané si trova a 2240 metri di quota e le varie campagne di scavo hanno messo in luce una situazione complessa e articolata. Negli anni sono stati raccolti numerosi reperti: «Alcuni ceramici e di tradizione indigena, associati a elementi romani – spiega Armirotti –, e ancora oggetti di ornamento, fibule di tradizione celtica, armi ma anche monete romane».

Autore: Sara Sergi

Fonte: www.lastampa.it, 25 ago 2021

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