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TORINO. Riapre Palazzo Madama la doppia faccia di Torino.

Dal 16 dicembre. Dopo quasi 20 anni rinasce il Museo Civico d’Arte Antica.
Il restauro e la riapertura di Palazzo Madama, dopo quasi vent’anni di chiusura, saranno presentati oggi in una conferenza stampa a Roma e saranno inaugurati il prossimo 16 dicembre. Decisivo è stato il contributo della Fondazione Crt, principale finanziatore privato del progetto, con un investimento pari a 12 milioni di euro.

“La riapertura al pubblico di Palazzo Madama ha il significato di rimettere a disposizione dei visitatori, e in particolare dei torinesi, una straordinaria collezione storica e artistica costruita a Torino a partire dal 1860, arricchita nel corso del tempo con donazioni ma anche con acquisti, perché la città non ha mai smesso di comprare».

Così il direttore Enrica Pagella fotografa il significato del ritorno all’attività, a partire dal 16 dicembre (l’annuncio oggi a Roma), del Museo Civico d’Arte Antica di Palazzo Madama, dopo anni di complessi restauri, e dopo la riapertura temporanea di tre settimane nel dicembre dell’anno scorso, che registrò oltre 170 mila visitatori.

Ora presenta 35 sale rimesse a nuovo, che raccontano Torino, dal lapidario medievale alla Torre dei Tesori.
Collocato nel cuore della città storica, quella piazza Castello che deve il nome proprio alla presenza dell’edificio, Palazzo Madama è l’altro grande simbolo architettonico dopo la Mole. Nella sua struttura si rispecchia un’ambivalenza che appartiene naturalmente alla storia della città, ma è anche un’immagine dell’identità torinese: da un lato infatti ci si trova di fronte agli aspri contrafforti di una rocca, di un forte – a memoria di quando, in epoca romana, le odierne mura costituivano una delle porte di accesso di Augusta Taurinorum; ma, dalla parte opposta, il palazzo svela, innanzi tutto nello scenografico ingresso, la grazia juvarriana del riadattamento barocco, il cui fine era di dare un volto regale alle residenze dei sovrani di dinastia sabauda.
Caricato degli apporti di una storia secolare – in cui è fatidica la data del 1637, quando Maria Cristina di Francia, reggente di Carlo Emanuele II di Savoia, elegge il castello a sua residenza, dettandone di fatto il nome fra il popolo – l’edificio viene riscoperto dopo l’Unità d’Italia, come nobile sede museale, ancora una volta in due direzioni.

In primo luogo, per le neonate arti applicate, le cosiddette «arti decorative», base colta dello sviluppo industriale, sull’esempio di quanto accadeva in capitali europee come Vienna, Londra, Monaco, Amburgo. In secondo luogo, per conservare quelle che allora si chiamavano «memorie patrie», a partire dai reperti romani di scavo che emersero dalla costruzione della pionieristica linea ferroviaria che univa Torino a Milano.
«All’origine, dunque, il museo civico aveva scopi fondamentalmente educativi, nella scia della costruzione d’una identità patria – spiega Enrica Pagella -. Ma come accadde per lo Sforzesco a Milano o per il Bargello a Firenze, ben presto il museo divenne un collettore per raccolte molto diversificate, che ricevono l’impronta dai grandi collezionisti».

Il primo rilevante apporto è la collezione di ceramiche e vetri di Emanuele d’Azeglio fra il 1870 e il 1890. Quindi agli inizi de] Novecento arriva la prima grande collezione di pittura: la famiglia del senatore Leone Fontana fa dono d’una raccolta dei primitivi piemontesi.

Oggi le collezioni ammontano a oltre trentamila pezzi, fra dipinti, sculture, codici miniati, ori e argenti, dal Medioevo al Barocco.
Che cosa è avvenuto dal 1988, quando il palazzo è stato chiuso? «L’edificio doveva assolutamente essere rimesso a norma, con un intervento che fra una cosa e l’altra è durato sette anni – risponde il direttore -. Dopodiché, nel 1997, è stato deciso un grande progetto di restauro complessivo, che comprendeva scale, marmi, intonaci, stucchi e il riordino delle collezioni Si sono fatte indagini diagnostiche, si sono ripresi gli scavi ottocenteschi, si è dotata la struttura di moderni servizi, da caffetteria e bookshop alle aule didattiche. Il problema di fondo è stato quello, tipico di tutti i musei allestiti in edifici storici, di annodare i fili di esigenze diverse: valorizzare la bellezza dell’edificio, soddisfare le necessità espositive».


Fonte: La Stampa 23/11/2006
Autore: Alberto Papuzzi
Cronologia: Arch. Medievale

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