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ROMA – NUOVA VITA PER IL PORTICO D’OTTAVIA.

Il più antico quadriportico di Roma riacquista oggi parte della sua monumentalità grazie ai lavori svolti nell’ambito del progetto di recupero urbano ed edilizio dell’ex Ghetto, iniziati nel 1996, i quali hanno dato occasione anche a nuove indagini archeologiche presso il monumento.

Gli scavi hanno interessato tutta la zona interna e circostante il portico e la lettura stratigrafica ha consentito di acquisire nuove importanti informazioni sulle fasi dell’edificio e sullo sviluppo successivo dell’area circostante.
Costruito probabilmente dal console del 143 a.C., Q. Metello Macedonico, intorno ai templi di Giunone Regina e Giove Statore, il portico fu restaurato tra il 27 ed il 23 a.C. da Augusto, che lo dedicò alla sorella Ottavia; in seguito, ampiamente danneggiato da un incendio, fu restituito alla città dagli imperatori Settimio Severo e Caracalla nel 203 d.C., come indica l’iscrizione sull’architrave. A quest’ultima fase appartengono quasi tutte le strutture attualmente visibili.
Il monumento, costituito da un porticato doppio sui lati lunghi e singolo sui brevi, si presentava di dimensioni imponenti (ca. m. 140 x 160). In età Severiana muri di tufo in opera quadrata chiudevano, dall’esterno, il portico sui lati, mentre la fronte presentava una fila di colonne di granito grigio e marmo cipollino alternate, preceduta, all’interno, da un muro laterizio. Un saggio stratigrafico ha permesso di distinguere l’accesso al monumento di età repubblicana, in linea con la fronte delle ali del portico, dall’ingresso di età augustea, monumentalizzato con un propileo avanzato, del quale rimangono resti notevoli, sia strutturali, che dell’apparato architettonico e decorativo. Da segnalare anche l’individuazione di un tratto di lastricato in travertino, pertinente al Circo Flaminio, nell’area antistante il propileo, e resti di una pavimentazione a grandi lastre di marmo bianco, presso la casa dei Vallati dove, secondo la Forma Urbis, si sarebbe dovuto trovare l’arco di Germanico. La terra di scavo ha riportato numerosi frammenti architettonici dell’arco stesso, che doveva trovarsi più a est.

Nel tempo l’area della porticus subisce notevoli trasformazioni: gradualmente sorgono edifici che inglobano parzialmente la struttura e la sfruttano talvolta come cava per materiale edilizio. Il propileo viene chiuso, sul lato interno, dalla chiesa medievale di Sant’Angelo alla Pescheria, alla quale è legato il mercato del pesce, già attivo nell’alto medioevo, come testimonia il ritrovamento, a livello del piano di calpestio del portico, di una bottega di pescivendolo, con i resti di una vaschetta in peperino, contenente ancora dei gusci di telline. La scoperta più significativa, per l’età medievale, è stata sicuramente la necropoli della chiesa, rivelatasi la più imponente nell’area urbana, tra X e XII secolo. Le tombe, costruite parte in muratura e parte in fossa terragna, con deposizioni a più livelli, sono quasi del tutto prive di corredo funebre.

Nei secoli successivi il piano di calpestio si innalza gradualmente ed aumenta la densità delle abitazioni, provocando un progressivo interramento ed inglobamento del portico. Bisognerà aspettare l’Ottocento per osservare i primi interventi mirati al recupero delle strutture antiche. Durante il pontificato di Pio IX, nell’ambito di interventi strutturali e di ripavimentazione della zona, si scava parte del propileo, fino al piano di calpestio antico. Alla fine del secolo si data la demolizione del Ghetto e la conseguente liberazione del propileo e dell’ala occidentale. Gli sventramenti del anni ’30 mettono in luce il settore orientale, lasciando il monumento interrato per circa 4 metri. Progetti di recupero dell’area vengono redatti anche negli anni ’40 e ’50, senza però essere mai attuati; bisognerà aspettare il 1996 perché il problema venga nuovamente affrontato.

La nuova sistemazione della porticus Octaviae rappresenta oggi la porta d’accesso al parco archeologico del teatro di Marcello, offrendo un percorso che ripristina, per quanto è stato possibile, compatibilmente con la presenza di strutture postantiche, la percorribilità e la spazialità del monumento, collegando l’area del propileo all’entrata della chiesa di Sant’Angelo in Pescheria, verso l’interno, e al livello del Circo Flaminio all’esterno, da dove si può accedere al teatro stesso ed ai templi di Apollo e Bellona, per giungere fin quasi ai piedi del Campidoglio.
Fonte: Redazione
Autore: Ilenia Gradante
Cronologia: Arch. Romana

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