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ROMA: Colonne e porti romani ritrovati nel Tevere.

Grazie a uno studio della Regione è stato possibile scandagliare il fondale del fiume per conoscerne la morfologia.

Colonne antiche e ponti romani sono stati scoperti sul fondale del fiume Tevere. Lo scopo non era quello di andare a caccia di reperti archeologici ma di scandagliare il letto del biondo Tevere per studiarne gli accumuli di sedimenti, l’erosione subìta: tecnicamente, la sua idrodinamica. E invece, sono saltati fuori addirittura: il Pons Sublicius, il più antico ponte di Roma fatto demolire da papa Sisto alla fine del ‘400. Ma anche il Pons Neronianus ed alcune colonne. Un vero tesoro sommerso. Circondato, tuttavia, da carcasse di auto e da circa duecento alberi.

“Il Tevere racconta Roma” è il progetto che ha permesso di viaggiare sul fondale del fiume grazie ad un metodo d’indagine tra i più innovativi del mondo, ed il primo ad essere utilizzato in Italia per studiare la morfologia del letto del fiume: l’ecoscandaglio multifascio (Multibeam).

Lo studio è costato 170mila euro ed è stato finanziato dall’Autorità di Bacino del F. Tevere e dalla regione Lazio. Ed ha interessato il Tevere dalla foce sino al Ponte del Grillo (Monterotondo) per una lunghezza di circa 80 chilometri. “Questo progetto è nato con l’intenzione di coniugare la sicurezza idraulica e la vivibilità di questo importante e storico corso d’acqua”, ha spiegato Angelo Bonelli, assessore all’Ambiente e Cooperazione tra i Popoli della regione Lazio.

“L’individuazione sul fondale del Tevere dei reperti archeologici – ha continuato – permette la nascita di una collaborazione con la Sovrintendenza ai Beni Culturali di Roma, con cui si potrà lavorare in sinergia per arrivare a sapere di più sulle popolazioni che abitarono il fiume. Va comunque sottolineato – ha concluso l’assessore Bonelli, che nel frattempo annuncia l’istituzione di un parco interregionale del Tevere, da Monte Fumaiolo fino alla foce del fiume – che tale studio deve continuare, anche per mantenere un’opera di manutenzione e di pianificazione del Tevere”.

Per quale motivo? È importante, ha spiegato il direttore dell’Ufficio Idrografico e Mareografico della Regione Lazio Francesco Mele, poiché questa prima visione dell’alveo sommerso permetterà, in futuro, ulteriori ricostruzioni archeologiche, e di ampliare le informazioni sull’idrodinamica del fiume, sul trasporto delle sabbie, sulla stabilità delle infrastrutture civili, sulla navigabilità stessa dell’alveo, sulla distribuzione dei sedimenti, anche ai fini della mappatura degli ecosistemi e di eventuali inquinanti.

Fonte: L’Unità Roma, 22/09/2005
Autore: Maura Gulaco
Cronologia: Arch. Romana

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