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ROCCASTRADA (Gr). Il monastero di San Salvatore di Giugnano.

giugnano

Uno dei complessi abbaziali antichi toscani più abbandonati della provincia di Grosseto: il monastero di San Salvatore di Giugnano (de Juniano) costruito presso Roccastrada e il cui orizzonte cronologico, desunto da un’analisi delle tecniche costruttive, secondo il prof. Guido Tigler, ordinario di storia dell’Arte dell’Università di Firenze, si colloca dalla fine del secolo XI o all’inizio del secolo XII, mettendo in relazione quell’ente monastico, per alcune analogie stilistiche, con l’importante complesso di San Salvatore al monte Amiata, che ebbe sicuramente maggior fortuna; mentre le testimonianze documentarie lo fisserebbero entro l’ultimo trentennio dell’XI secolo, se non anteriormente.
La scarsa documentazione raccolta per Giugnano delinea i vari passaggi di mano che il monastero ha vissuto lungo il medioevo.
Chi ha studiato la chartae legate al monastero è propenso a dire che Giugnano sembra essere citato in un documento del secolo IX connesso al conte di Siena Winigi e ad alcuni altri signori di Chiusi, mentre della metà del secolo XI è il primo documento vero e proprio in cui troviamo citato il monastero benedettino di Giugnano, che viene detto confinante con i beni in possesso al conte aldobrandesco Ildebrando V.
Del 18 aprile 1140 è il privilegio pontificio a favore dell’abate Benedetto, che elenca i beni monastici assegnati e per lo più localizzabili lungo il fiume Ombrone e nella media vale dello stesso fiume, in corrispondenza con l’odierna Paganico.
Nel 1207 il cenobio di Giugnano venne, quindi, venduto dai signori del castello di Lattaia all’abate del monastero cistercense di San Galgano e trasformato in una grangia.
Tra la fine del XIII e il primo ventennio del XIV secolo subentrarono, infine, gli Agostiniani di Santa Lucia di val di Rosia e di Sant’Antonio dell’Ardenghesca, probabilmente per effetto di un antecedente insediamento della comunità eremitica guglielmita.
Le citazioni di Giugnano che rimandano ai secoli successivi al XIV si riferiscono, poi e per lo più, alle risorse idriche e minerarie presenti nella zona attorno al monastero, che sappiamo essere state sfruttate dal comune di Siena.
Ciò che oggi rimane dell’intero complesso è la cripta e l’aula rettangolare d’età gotica riferibile alla fase cistercense, che ricorda certi ambienti monastici di San Galgano e che a torto viene creduta essere stata la sua aula capitolare (vedi link immagini); ma ciò già basta a emozionare chi visita il sito di Giugnano caratterizzato oggi dall’osmosi che si è creata tra la natura e quegli alzati sempre più bisognosi di un recupero urgente.
La cripta, a pianta rettangolare, chiusa da un’abside circolare orientata a est-ovest, si presenta infatti interrata per circa tre metri e, sembra, liberamente accessibile solo da una breccia muraria.
A quella situazione, che dimostrerebbe già la precarietà in cui si presentano gli alzati, dobbiamo poi sottolineare che la cripta rischia l’imminente crollo a causa della presenza di una sovrastante e pesante soletta di cemento, di fatto, l’esito di un improvvido restauro degli anni Settanta, che crea seri problemi di stabilità all’insieme dello spazio un tempo sacro e ora estremamente fragile.
Ciò che perderemmo assieme alla cripta è un’aula suddivisa in tre navate da quattro colonne e i cui capitelli, ornati da elementi vegetali, animali e geometrici, sono una delle testimonianze più elevate della scultura medievale su pietra “riolitica”, una pietra vulcanica equivalente all’effusivo del granito, ma di grana molto più fine e caratterizzata dalla quantità di vetro presente al suo interno.
Quel poco che resta, invaso dalle radici degli alberi che devastano a poco a poco gli alzati, è la testimonianza più diretta della competenza delle maestranze che lavorarono a Giugnano, e che secondo gli studiosi possono dirsi particolarmente dotate di cultura e di specializzazioni superiori alla media osservabile nei normali altri cantieri ecclesiastici. Una ricchezza, dunque, che le stagioni presto cancelleranno.
Il sito, essendo compreso nel terreno di una proprietà privata nelle mani di persone che difficilmente potrebbero addossarsi le spese dell’ampio restauro, rischia il completo abbandono, anche della Soprintendenza, che fino a ora ha declinato le responsabilità ad altre figure. Ma a quali?
La scorsa estate l’assessorato alla cultura del Comune di Roccastrada ha mostrato di prendersi a cuore il problema di Giugnano organizzando una giornata di studio e durante la quale la popolazione intervenuta ha eletto i ruderi di Giugnano come “luogo del cuore FAI”, ma senza giungere a grandi risultati.
Su appello del prof. Guido Tigler, storico dell’arte ordinario dell’Univ. di Firenze, vorremmo dunque proporre anche noi qualcosa che somigli a una petizione, cercando di sensibilizzare i soci e gli amici del CERM e le molte altre associazioni con cui siamo in contatto in modo che venga risolta la situazione di quel che resta dell’antica abbazia di Giugnano, che rischiamo di perdere definitivamente.
Qui di seguito i link per accedere alle immagini e a una “biblioteca”, che meglio descrivono ciò che noi abbiamo solo potuto brevemente tratteggiare riprendendo molta parte dei dati dagli stessi:
https://castellitoscani.com/cripta-di-giugnano

Per le immagini fornite dal prof. Tigler:
Cripta, Giugnano

Autori:
Paolo Cammarosano – Marialuisa Bottazzi

Info:
Centro Europeo Ricerche Medievali
Viale Miramare, 317/2 – 34136 TRIESTE, TS
CF 90106760326 – PI 01116370329
www.cerm-ts.orgredazione@cerm-ts.org

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