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POMPEI (Na). Per ogni crollo di cui si ha notizia, 9 restano nascosti.

Lentamente muore, Pompei. Al di là del clamore di crolli imponenti e fragorosi. Lentamente muoiono, gli scavi archeologici più famosi del mondo. Guardare, per credere. Allo sbando. La parola manutenzione ordinaria non esiste nel vocabolario di chi gestisce oggi il patrimonio di Pompei.
Guardare per credere. Cosa c’è di più famoso a Pompei del rosso «pompeiano»? Oggi c’è la pioggia, che massacra il patrimonio. Perché nessuno si è premurato di mettere un tetto sopra l’affresco della domus nella zona dei teatri. Ma nessuno ha pensato neanche di proteggere il mosaico della Casa del Fauno: è sommerso dall’acqua, da quasi due settimane. E le tessere salteranno come birilli, ora che l’acqua sta divorando la malta. Lentamente muore, Pompei. Camminare per le rovine, per capire. I mosaici ridotti a cubetti, neanche fossero i pezzi di costruzioni per bambini. Nella regio VI, nella via di Mercurio, quei cubetti del mosaico stanno lì abbandonati e divelti chissà più da quanto tempo, ormai.
Dimenticati come i mosaici della casa di Cecilio Giocondo dove il muschio ha preso possesso di un affresco che non potremo vedere mai più. E dire che questa domus era stata inserita nel progetto di restauro dei fondi europei. Sei anni fa furono spesi quasi nove milioni di euro per sistemare la casa di Cecilio Giocondo insieme ad altre quattro case. Dopo il restauro la domus non è mai più stata aperta al pubblico. Del resto oggi si contano sulla punta delle dita le domus che possono essere visitate. C’è la domus del Menandro, fra queste. Entrate dentro e guardate le pitture delle sue sale: sembrano essere rimaste vittime di un vandalo incallito. Semplicemente non sono mai state protette. Curate.
Dimenticate, come i mosaici, tanti, che a Pompei sono in balia di tutti gli eventi. Nella Casa del Fauno nemmeno la copia della bellissima «Battaglia di Alessandro», in uno dei saloni laterali, è rimasta indenne, attraversata com’è longitudinalmente da una lesione piuttosto profonda. Semplicemente nessuno si è mai premurato di proteggerla.
«Semplicemente a Pompei non esiste più da tempo la figura professionale del mosaicista», dice Antonio Irlando, architetto, responsabile dell’Osservatorio culturale della Regione. Poi spiega, scuotendo la testa: «La verità è che a Pompei fino a due mesi fa non esistevano altro se non quattro operai non specializzati che dovevano badare a tutti e 66 ettari di scavi. Oggi sono state fatte 22 assunzioni: 10 archeologi, 8 architetti, 2 amministrativi. Ma oltre Pompei devono occuparsi di Ercolano, Napoli e tutti gli altri beni della Provincia».
In attesa dei nuovi fondi europei (davvero i 105 milioni saranno tutti per questi scavi, alla fine?) a Pompei non si riesce a capire perché i tanti milioni di fondi annunciati con spot negli anni scorsi durante le varie fasi di commissariamento non sono mai finiti nelle domus, o nei teatri, o sulle pitture o sugli affreschi. Dove sono finiti, invece? Nella casa dei Casti Amanti 4 milioni ci sono finiti. L’allora commissario Marcello Fiori definì questo il «cantiere evento». Sono passati due anni. L’evento oggi è che il cantiere non si ancora mosso da lì.
Lentamente muore, Pompei. Al di là del clamore dei crolli.
«La verità è che a voler essere ottimisti negli scavi ad ogni crollo di cui si ha notizia ne corrispondono almeno nove che rimangono nell’ombra», garantisce l’architetto Irlando, facendo i suoi calcoli drammatici: «Un crollo per ogni Regio in cui è suddivisa l’antica città romana. Un vero strazio».

Fonte: Il Corriere.it, 26/02/2012

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