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POMPEI (Na). La distruzione di Pompei, fu davvero una punizione divina?

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Pompeii’s destruction: Godly retribution? (La distruzione di Pompei: una punizione degli dèi?) si apre così un servizio apparso il 24 agosto 2010 sul Jerusalem Post, quotidiano online, illustrando un evento che è rimasto memorabile, sia dal punto di vista storico per la sua drammaticità, sia scientifico per le sue conseguenze disastrose sulle persone e le cose.
Ma in questo servizio c’è qualcosa di nuovo: l’aspetto divino dell’evento, ovvero la supposizione che in questa tragedia antica ci sia stata la mano della divinità che abbia voluto infliggere alla popolazione di Pompei una punizione per la sua condotta scandalosa e dal punto di vista della morale umana e dal punto di vista religioso. In breve, un richiamo ad un altro evento di punizione inflitta dalla divinità agli abitanti di due città, Sodoma e Gomorra, riportato dalla Bibbia, per il loro comportamento immorale.
Certamente una interpretazione del genere nella nostra epoca non può essere accettata serenamente da tutti coloro i quali abbiano un minimo di cultura. In verità ciò che colpisce in questa interpretazione è che l’input sia partito da una pubblicazione tradizionalmente molto seria, la BAR (Biblical Archaeology Review).
I lettori, comunque, leggendo le fonti potranno trarre le personali conclusioni sull’argomento.

Pompeii’s destruction: Godly retribution?
Archaeology editor says Jews thought so (Il redattore di Archaeology sostiene che gli Ebrei la pensavano così).

Confesso che appena ho letto l’articolo segnalatomi dall’amico David Meadows dal Canada, ho avuto un sobbalzo. Sentire parlare di punizione divina ai nostri giorni mi fa ritornare indietro non di mesi o anni, ma di secoli. Ho pensato immediatamente al nostro Galilei, al suo processo che lo vide protagonista con il famoso contrasto ragione e fede che i teologi dell’epoca accentuarono, e che invece Galilei non vedeva, anzi egli conciliava le verità della fede con le ragioni della scienza.

Dunque l’articolo da me citato sopra, è riportato dal Jerusalem Post del 24 agosto 2010, con la firma di Gil Shefler.

Da sottolineare, tuttavia, che l’articolo si richiama ad un servizio pubblicato in precedenza dalla rivista BAR (Biblical Archaeology Review), servizio che è apparso per intero online soltanto un giorno, in quanto di solito è riservato agli abbonati.

In sostanza il Jerusalem Post fa una ricostruzione degli avvenimenti del 79 d.C. descrivendo la situazione del giorno in cui gli abitanti della città Romana di Pompei si apprestavano ciascuno a svolgere la propria attività; gli uomini si stavano recando alle terme, gli schiavi si dedicavano alle loro faccende, i commercianti stavano vendendo i loro prodotti al mercato.

Improvvisamente il terreno iniziò a tremare e dal cratere del monte Vesuvio si stava innalzando minacciosa sulla città come una colonna che con una forza tremenda si allargava a dismisura.

In pochi secondi un densa nube di fumo con temperature che raggiungevano i 250 gradi centigradi discese sulla pianura sottostante uccidendo ogni essere vivente sulla sua strada, uomini, donne, bambini, animali.

L’evento catastrofico, che secondo la tradizione si verificò 1931 anni fa, di oggi, fu uno dei più devastanti della storia Romana. Morirono a migliaia, inclusi molti della elite Romana che erano in vacanza nella zona. Ma per gli storici e gli archeologi l’eruzione fu un evento che apportò un tesoro di opere d’arte ben conservate, congelate nel tempo.

Ed ora, dalle ceneri di Pompei, sorge una nuova domanda per alcuni. La distruzione di Pompei fu un atto di punizione divina da parte del dio degli Ebrei? O piuttosto furono gli Ebrei del tempo che considerarono gli eventi da questo punto di vista?

Il Tempio di Gerusalemme era stato raso al suolo dai legionari Romani nel 70 d.C., solo pochi anni prima. Dunque gli Ebrei considerano l’eruzione del Vesuvio come la mano di Dio che punisce coloro i quali avevano osato distruggere la sua casa a Gerusalemme?

Hershel Shanks, il redattore di Biblical Archaeology Review, ritiene che gli Ebrei abbiano fatto un tale collegamento. In una pagina dal titolo “La distruzione di Pompei: una vendetta di Dio?” Shanks ha citato l’antica prova per sostenere la sua tesi. Egli ha affermato di recente al Jerusalem Post che l’idea di prendere in esame un collegamento fra i due eventi gli è venuta durante una visita alle rovine della città Romana che è vicina alla moderna Napoli.

Shanks riferisce che è stato il prof. Shaye Cohen di Harvard a indirizzarlo al Libro 4 degli Oracoli Sibillini, un testo composto da parecchi oracoli ebraici subito dopo l’eruzione. Il libro dapprima menziona la distruzione del Tempio, quindi chiaramente fa riferimento all’eruzione del Vesuvio:

“Quando una lingua di fuoco, fuoruscita da una fenditura della terra [Vesuvio] nella terra d’Italia si allargherà raggiungendo il cielo, essa brucerà molte città e distruggerà gli uomini. Molta cenere ardente riempirà il grande cielo. E una pioggia cadrà dal cielo simile a terra rossa. Allora conoscerai la collera del Dio dei cieli.”

Una seconda prova citata da Shanks è un antico graffito inciso su un edificio di Pompei. Il graffito dice: “Sodoma e Gomorra”. Secondo il parere di Shanks il testo è la prova che un visitatore Ebreo delle rovine abbia ritenuto che il destino della città avesse seguito quello delle due città del peccato che secondo la Bibbia furono distrutte da Dio.

In ogni caso, se la distruzione di Pompei fu un atto di punizione divina, anche alcuni ebrei furono colpiti dalla vendetta. Infatti si è del tutto certi che anche delle persone, forse membri di qualche comunità Ebraica di Pompei, residenti allora in città, persero la vita insieme alla popolazione dei gentili.

Quanto a tutti gli altri Ebrei residenti altrove, è facile immaginare come accolsero con gioia le notizie della catastrofe di Pompei alla luce della devastante rovina di alcuni anni prima.

“Essa colpì al cuore la società Romana e, giusto per dare maggior risalto all’evento, si estese a tutta quanta Roma,” ha dichiarato Shanks. Vi sono delle buone ragioni per concludere che era stata percepita una connessione
fra i due eventi. Agli occhi di alcuni, era chiaro che Dio era all’opera.”

Fonte: Guide.superEva.it, 27/08/2010

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