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POMPEI (Na). Affreschi svaniti, furti e discariche. Scompaiono pietre e dipinti. Reperti nel museo chiuso da 30 anni.

Se: riuscite a dribblare la ressa dei parcheggiatori abusivi, uno ogni due metri.

Se: sapete svicolare anche l’assalto delle guide all’entrata.
Se: avete la fortuna di conquistare un posto negli unici tre bagni in dotazione per ciascun sesso.
Se: siete dotati del giusto intuito per capire la direzione per l’ingresso che i cartelli sbiaditi non indicano più.
Se tutto questo non vi ha ancora scoraggiato, allora: benvenuti negli scavi di Pompei, 440 mila metri quadrati di antiche vestigia che il globo intero ci invidia. Patrimonio dell’Umanità e dell’Unesco.
Una delle Sette meraviglie del mondo. Già, che meraviglia. Antonio Irlando aveva i calzoni corti quando ha cominciato a saltellare tra le rovine di Pompei. Della città che il Vesuvio sotterrò sotto le ceneri nel 79 d.C. non ha mai smesso di occuparsene: come architetto. Come assessore. Come presidente dell’osservatorio regionale sul patrimonio artistico. Sempre impotente.
«Quando ero amministratore ho impiegato nove mesi soltanto per fare una cosa semplice come pedonalizzare la piazza di porta Marina Inferiore: era un groviglio di auto, pullman, bancarelle. Credevo mi sarebbe bastata una settimana».
Gli affreschi
Adesso Irlando conta le pietre che si sgretolano dalle case antiche e l’intonaco che si stacca dalle pareti: «Centocinquanta metri quadrati di affreschi e intonaco che, come minimo, si perdono ogni anno per mancanza di manutenzione ordinaria.
Così per le pietre: almeno tremila quelle che ogni anno finiscono in briciole
».

Benvenuti a Pompei, la città che scompare, si sbriciola, sbiadisce tra l’incuria e l’indifferenza. No, i furti quelli che fanno i titoloni sui giornali non ci sono più: per carità. La lapide della Casa di Obellio Firmo, i medaglioni dei dipinti della Casa Pasquino Procuro, i dipinti della Casa dei casti amanti, gli sfregi lì al Lupanare: roba passata.
«Adesso, a parte un po’ di pezzi che i turisti si portano via con lo zaino, non succede più nulla», spiega serafico Renato Petra, sindacalista della Ugl.
«Ogni giorno vengono sottratte pietre e pietruzze, per il resto non sappiamo quello che succede dentro gli scavi: ufficialmente non ci viene più denunciato nulla», garantisce Vittorio Manzoni, maresciallo di Pompei.

Sarebbe già moltissimo avere un’ idea di quello che succede almeno dentro i Granai degli scavi.
Era il 1978 quando l’Antiquarium, il museo, venne chiuso per restauri: i reperti vennero ammassati nei Granai. E lì stanno ancora, protetti da lucchetti che basta un ladro bambino per forzare. Statue, anfore, pitture antiche: i turisti si impiccano tentando foto attraverso le sbarre.

I reperti ammassati.
I lavori di restauro dell’Antiquarium non sono mica finiti: non sono bastati trent’anni per risistemare un museo. Ma nemmeno ventuno per completare alcuni scavi: era il 1987 quando Antonio Varano diede il via ai lavori per i Casti Amanti. La casa è ancora un cantiere. E ritrovamenti come il putto dai riccioli d’ oro o affreschi sono serviti soltanto a scatenare l’ appetito dei ladri. Che adesso, per carità, mica si vedono più a Pompei.
«Perché i tombaroli hanno cambiato obiettivo», grida l’allarme Antonio Pepe, sindacalista della Cisl. E spiega: «Ora si prediligono gli oggetti non catalogati. E c’è l’ imbarazzo della scelta: un terzo di Pompei non è mai stata scavata. Stiamo parlando di 22 ettari, in balia di chiunque: un patrimonio mai censito. Non si ha idea di cosa c’è là sotto, se qualcosa è rimasto».
Si sa, però, cosa c’è sopra quei ventidue ettari: «Discariche abusive: pneumatici, elettrodomestici, materassi», garantisce ancora il maresciallo Manzoni. Una depressione che si amplifica a guardare lo stato delle meraviglie già portate alla luce. Ma non provate a sentirvi male: dentro gli scavi il pronto soccorso è come un set. Dentro ci sono due dipendenti, ma non sono né medici né infermieri. E sono forse gli unici dipendenti che potrà capitarvi di vedere nel giro in mezzo alle case di Pompei.
Ville chiuse
Ci sono 1.500 case tra le mura: se se ne trovano aperte due su dieci si è vinta una lotteria. E inutilmente i turisti inseguono i fasti della Casa dei Vettii, lì dove il gigantesco membro di Priapo un tempo, per pudore, era coperto da una teca: il gioco era mettere qualche moneta nella mano del custode per svelarlo. Oggi gli 11 euro pagati per il biglietto (da oltre 2 milioni e mezzo di visitatori l’anno) non ti permettono di vedere né questa, né la Casa degli Amorini (che pure è restaurata dal 2004) né quasi nessuna delle pur centralissime vie di Nola e di Abbondanza. Tutte case desolatamente chiuse.
E quelle aperte? La Casa della Caccia Antica? Si chiama così per via di un meraviglioso affresco di caccia, appunto: bisogna crederci per fede. L’affresco è sbiadito, diventato invisibile. La Casa del Fauno? Sarebbe fantastica se non fosse per impalcature e puntelli, sovrastata da orribili strutture in acciaio. Già, l’acciaio: va di moda da queste parti. Basta vedere l’ancora più orribile struttura in costruzione dalla parte di porta Stabia.
«Servirebbe per gli uffici della Sovrintendenza che, però, è stata accorpata con quella di Napoli e dunque non servono più», dice il sindacalista Pepe spiegando che per questa struttura sono stati investiti cinque milioni di euro.

«Gli unici soldi investiti, sembrerebbe: nel bilancio degli scavi, infatti, ci sono 70 milioni di euro mai spesi. Aggiungiamoci i 30 milioni che nel 2006 l’ allora ministro Buttiglione si prese indietro perché a Pompei non si era deciso come spenderli».


Fonte: Corriere della Sera 03/07/2008
Autore: Arachi Alessandra
Cronologia: Arch. Romana

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