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NAPOLI. Si riscoprono le Catacombe di San Gennaro.

Dalla collina di Capodimonte scivolano verso la città che si stende a lambire il mare. Le radici della fede si dispiegano nei mattoni e nelle preghiere, si ramificano nelle chiese e nei voti, salgono verso il cielo con le cupole e i campanili. Così quello che il ventre di giallo tufo accoglie e nasconde, finalmente si mostra.
È lì, nelle Catacombe di San Gennaro che pulsa vivo l’embrione dell’amore per Cristo che secoli fa Napoli ha conosciuto e con cui è cresciuta.

«L’anima di Napoli», le definisce l’arcivescovo Crescenzio Sepe. Un’anima un poco velata da quel tempo che indebolisce la memoria, scalfisce la pietra e corregge i sentieri dei pellegrinaggi, ma che non può essere dimenticata. Luogo di cristianità, di storia, di arte, di cultura, «testimonianza viva di fede» per il cardinale Sepe, le Catacombe tornano adesso al centro dell’interesse delle istituzioni laiche, mentre mai sono state lontane per quelle diocesane.
Ed ecco ieri quindi la firma, con la dovuta solennità, del cardinale Sepe, di monsignor Mauro Piacenza, del presidente della Regione Antonio Bassolino, del sindaco di Napoli Rosa Russo Iervolino, del soprintendente Stefano De Caro, in calce al protocollo d’intesa per gli interventi, finanziati con fondi europei, di riqualificazione ambientale, di recupero e di valorizzazione dell’intero complesso catacombale.

Una collaborazione tra arcidiocesi, Pontificia Commissione di archeologia sacra, Regione Campania, Comune di Napoli, Soprintendenza per i beni culturali e paesaggistici che darà i suoi frutti entro l’anno poiché, è la richiesta del cardinale Sepe, le Catacombe di San Gennaro, di nuovo splendenti di colori e di misticismo, dovranno essere aperte e visitabili per la memoria del martirio di san Gennaro, il 19 settembre.

Bellissime e suggestive, originali in ogni parte, le Catacombe di San Gennaro non si stendono in cunicoli stretti, ma si aprono su due piani in ampi spazi, riflesso di quella vicinanza a Gesù che incontra e raccoglie e unisce nella gioia e nella luce. Non rifugio, ma luogo di preghiera e di sepoltura.
In una cavità della collina di Capodimonte, luogo da sempre considerato sacro, donata nel II secolo alla nascente comunità cristiana e dove già esisteva la tomba di un nobile gentile, è il nucleo originario delle Catacombe. Il livello o vestibolo inferiore è il più antico e qui si trova il battistero, in quello superiore c’è la cripta dei vescovi. Sant’Agrippino, il primo patrono di Napoli, vi fu sepolto e sulla sua tomba fu costruita una basilica cimiteriale il cui altare, unico nel suo genere, è scavato nel tufo. Qui è sepolto il vescovo in esilio di Cartagine dal dolce nome di Quodvultdeus. Le spoglie di san Gennaro vi giunsero più tardi, portate dal vescovo Giovanni I nel V secolo. In un affresco si riconosce la più antica icona del santo patrono, ritratto sullo sfondo del Vesuvio. Da allora le Catacombe presero il nome del santo martire e in suo onore fu innalzata a poca distanza la basilica di San Gennaro extra moenia dove il vescovo Aspreno celebrava.
Le Catacombe restituite alla città faranno parte di un Parco archeologico urbano, dopo la messa in sicurezza del costone di tufo, il restauro degli affreschi e la costruzione di servizi per una migliore fruizione del complesso monumentale, anche per gli handicappati.
«Le Catacombe non sono solo pezzi di musei, ma una memoria viva», spiega monsignor Mauro Piacenza, presidente della Pontificia Commissione di archeologia sacra. «Sono talmente belle queste catacombe! – esclama il cardinale Sepe -. Ed è necessario scendere giù per portare alla luce questa bellezza che è la riscoperta delle radici e della nostra anima».
 


Fonte: AV Avvenire 09/01/2007
Cronologia: Arch. Romana

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