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LIBIA. Eccezionale scoperta archeologica nelle acque della Cirenaica.

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Un gruppo di archeologi e tecnici italiani della Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana e dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, guidati da Sebastiano Tusa, hanno effettuato un’entusiasmante scoperta che oltre alla spettacolarità insita nei suoi contorni ambientali, manifesta interesse scientifico di primaria importanza.
Nel corso del progetto ArCoLibia (Archeologia Costiera della Libia) iniziato alcuni anni fa e che ha già portato ad alcune scoperte eccezionali come quella della nave veneziana Tigre naufragata presso il capo Ras al-Hilal, mentre effettuavano ricognizioni subacquee lungo la costa orientale della Cirenaica tra le città di Derna e Bomba, a non molta distanza da Tobruk, nome che evoca ricordi leggendari riguardanti la seconda guerra mondiale e le mirabolanti imprese di Rommel, si sono imbattuti in una vera e propria città sommersa.
Agli occhi degli archeologi italiani che effettuavano immersioni di ricognizione nelle cristalline acque di Capo di Ras Etteen alla ricerca di relitti e strutture portuali, sul fianco occidentale del Golfo di Bomba, sono comparsi muri, strade, edifici e tombe. Analizzando accuratamente le vestigia giacenti ad una profondità compresa tra uno e tre metri, ci si è accorti di essere in presenza di una porzione estesa oltre un ettaro di una grande città che alcuni studiosi avevano appena indiziato grazie ad alcuni resti di strutture murarie nascosti tra le dune sabbiose battute dai venti che contornano le spiagge del capo.
libia_tomba_02Per effetto di un vistoso bradisismo negativo una grande parte di questa grande città estesa alcuni ettari in prossimità del capo Ras Etteen si è inabissata e mai nessuno ne aveva individuato le vestigia. Una prima indagine morfologica chiarisce che le modifiche dell’area sono state vistose e macroscopiche anche in tempi storicamente recenti. Le vestigia individuate al fondo del mare sono, infatti, pertinenti una città vissuta in epoca romana imperiale (intorno al II sec. d. C.).
La città si trovava in una zona di grande interesse strategico in quanto situata nei pressi del golfo di Bomba, che ha da sempre costituito un ottimo ricovero per flotte ed una zona di approdo sicuro lungo l’infida costa cirenaica battuta da venti e piena di piccoli e grandi isolotti, la cui minima elevazione sul livello del mare ha da sempre costituito un grande pericolo per la navigazione di cabotaggio.
Inoltre la zona ove sorgeva la città, oggi in parte sommersa, era caratterizzata da insenature e bacini lagunari, ancora oggi esistenti, che costituivano ottimi ricoveri portuali naturali. La città doveva, pertanto, essere di grande importanza come tappa obbligata per le rotte di cabotaggio, ma anche per quelle che collegavano la vicina Greta con il continente africano.
Grandi edifici a pianta rettangolare con scansioni interne in vani regolari si estendono sui fondali marini in prossimità del capo. Alcuni sono collegati tra loro, altri sono apparentemente isolati. Poderosi muri in pietra ne definiscono l’andamento lasciando talvolta il passo a poderose strutture costruite sapientemente con i tipici mattoni laterizi romani segnati da diagonali incise.
Vistosi sono i segnali di un evento distruttivo che ha scardinato alcuni tra i muri più superficiali che appaiono spostati di peso dando l’idea della probabile azione di un forte tsunami da collocare forse in prossimità del terremoto del 365 d.C. che sconvolse la costa cirenaica.
Ma l’interesse della scoperta è accentuato dal fatto che siamo di fronte ad una grande città che, per almeno un periodo della sua vita, basò il suo sviluppo economico e la sua fortuna sulla lavorazione della porpora. Immense quantità di tritumi di gusci di murex (il mollusco marino da cui si estraeva la preziosa sostanza colorante scoperta dai Fenici alcuni secoli prima) sono accumulate in alcuni spazi della città sia a terra che in mare.
Iniziando la ricognizione delle strutture sommerse mediante scavo e rimozione dei detriti siamo venuti a contatto di un edificio certamente adibito alla produzione della preziosa tintura. Rimuovendo detriti e pietre di crollo sono comparse piccole vasche accuratamente rivestite di coccio pesto colme di sedimenti ancora da analizzare e quantità cospicue di tritumi di murex. La situazione di rinvenimento da l’impressione che il lavoro si sia interrotto improvvisamente quando ancora i molluschi erano in macerazione insieme a sostanze che ne agevolavano l’estrazione del colorante.
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Info:
Salvo Emma, Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana
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Tel.+39 091 6230638 – Fax +39 091 6230821
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