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Gli Etruschi sono a portata di 3D Archeologia.

Vi ricordate dei Buddha di Bamiyan, le due colossali statue (53 e 38 metri di altezza), tra i piu’ appariscenti simboli dell’arte gandhara, distrutte a cannonate nel marzo del 2001 dal delirio iconoclasta dei taleban? Come in una parabola buddista, sono rinate: in forma virtuale, per ora, ma e’ un primo passo, decisivo, verso una possibile futura rinascita fisica.
Il loro modello fotogrammetrico tridimensionale, preciso fin nel minimo dettaglio, e’ stato ottenuto dai ricercatori della Fondazione Bruno Kessler di Trento, e ora chi lo volesse potrebbe rifare i Buddha in Afghanistan, esattamente come erano, e replicarli all’infinito.
La fotogrammetria e’ soltanto una delle tecniche impiegate nel centro di ricerca trentino: serve a produrre un rilievo 3D partendo dalle immagini. Il responsabile della divisione 3DOM (metrologia ottica tridimensionale), Fabio Remondino, che ha illustrato il lavoro del suo gruppo lo scorso autunno a Torino a «Dna Italia» – il primo salone delle nuove tecnologie applicate ai beni culturali – spiega che «con la fotogrammetria, basandosi sul materiale d’archivio, si possono ricostruire cose che non ci sono piu’».
Una ricostruzione digitale, beninteso, che pero’ potrebbe preludere alla ricostruzione fisica. Un’opportunita’ straordinaria per l’archeologia, che ha gia’ trovato applicazione nel sito di Tucume, in Peru’, dove le vestigia della civilta’ Lambayeque (VII sec. d.C.), fatte di mattoni crudi, si stanno rapidamente degradando a causa delle piogge acide, e nel sito azteco di Xochicalco, in Messico, ormai sommerso dalla vegetazione, ma che possiamo di nuovo esplorare nelle immagini in 3D ottenute grazie alla documentazione fotografica di 60-70 anni fa.
L’altra tecnica e’ quella che fa uso del laser scanner, uno strumento che rileva cio’ che vede in 3D, misurando la distanza rispetto all’oggetto o all’ambiente che si sta riprendendo, con una precisione al decimo di millimetro. Con questo sistema si sono ottenuti i modelli tridimesionali delle orme di dinosauro scoperte sulle Alpi trentine, che consentono ai paleontologi di analizzarle e interpretarle nel modo piu’ preciso, per ipotizzare dimensioni e peso dell’animale.
Ma anche si e’ costruito il modello delle Tre Cime di Lavaredo, simbolo delle Dolomiti, con ricadute possibili nel campo dell’analisi geologica, della documentazione, dell’alpinismo e dei virtual tour. E ancora, attraverso il rilievo multitemporale, i modelli in 3D possono servire a monitorare i ponti. Due cose vanno osservate.
«Innanzitutto – dice Remondino – la nostra e’ una rilevazione metrica, ossia quantitativa, a differenza per esempio della fotografia, che restituisce un’informazione qualitativa».
In secondo luogo, «il laser scanner rileva la forma, i contorni, ma non i colori, la «texture».
Per questo va integrato con le foto, calibrandone la radiometria per ottenere modelli fotorealistici».
Il risultato e’ una sorta di clone digitale della realta’. In cio’ la tridimensionalita’ ottenuta da 3DOM si distingue dalla computer grafica, che – fa notare Remondino – «non e’ metrica: va bene per il cinema, per i videogiochi, ma non per i beni culturali». Una promettente applicazione in questo campo si puo’ sperimentare nella mostra multimediale «Etruschi in Europa», aperta fino al 24 aprile al Muse’e du Cinquantenaire di Bruxelles, che ha nelle immagini in 3D e nelle ricostruzioni virtuali la sua attrattiva principale.
Attraverso una serie di postazioni video, inforcati gli occhialini con le lenti rosse e blu, si puo’ vagare nella campagna laziale, raggiungere Tarquinia, la Tomba della Caccia e della Pesca. E non fermarsi in fondo al «dromos», dove uno sbarramento di vetro impedisce al visitatore in carne e ossa di proseguire, concedendogli soltanto uno sguardo disagevole sulla prima stanza, ma aggirarsi all’interno, raggiungere la seconda stanza, dove su una parete c’e’ il famoso affresco del tuffatore.
E poi spostarsi a Cerveteri, oltrepassare i cancelli di ferro e addentrarsi nei sepolcri chiusi al pubblico (perche’ l’umidita’ prodotta dai visitatori corrode i dipinti), visitare la Tomba dei Rilievi, ammirando spade scudi e elmi scolpiti, meglio che se si fosse davvero in loco. E nella Tomba dei Leoni dipinti, dove ormai le immagini sono scomparse e su tutto prevale l’uniforme colore del tufo, assistere al prodigio: sulla spoglia parete grigia, i colori che tornano a affiorare, i leoni svaniti che riprendono forma. Rinati con la fotogrammetria grazie ai disegni di fine Ottocento.

Autore: Maurizio Assalto

Fonte: La Stampa.it, tuttoscienze, 2 febbraio 2011

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