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Francesco MALLEGNI. La fanciulla di Vagli? Un maschio al 50%

Purtroppo da qualche tempo girano come esperti della disciplina paleoantropologica personaggi che definire pittoreschi è puro eufemismo. Si pensi a chi ha creato il caso della donna “vampira”, alla quale, per impedirle di mordere, sarebbe stato infilato un mattone in bocca (per potercelo far entrare la bocca doveva essere grande come un forno da pizza).
Affascina anche il caso lucchese/garfagnino della cosiddetta “Fanciulla di Vagli”: esiste la probabilità (50%) che sia un maschio, un ragazzotto anziché una ‘puella’. Problema del resto attualissimo. Vediamone i singolari risvolti.
Nel settembre 2011 viene organizzata nel Museo Nazionale di Villa Guinigi in Lucca una mostra su una tomba ligure del 200 circa a. C. scoperta presso la Murata di Vagli di Sopra. Ne è responsabile Giulio Ciampoltrini, funzionario della soprintendenza per i beni archeologici della Toscana, mentre come curatrice è scelta una studentessa universitaria stretta collaboratrice dello stesso Ciampoltrini, immagino con grande gioia di laureati e di specialisti supertitolati regolarmente disoccupati.
A corredo della mostra viene pubblicato un libro intitolato “ La Fanciulla di Vagli”. Simona Minozzi  è l’artefice dell’analisi antropologica, mentre a Ciampoltrini appartiene lo studio di gran parte dell’aspetto  archeologico, forse un tantino autoreferenziale dal momento che riesce a citare se stesso ben 62 volte su un totale di 93 note bibliografiche a pie’ di pagina.
Qual è la metodologia con la quale gli autori sono riusciti a determinare il sesso? Eccola, in sintesi: il sesso femminile della Fanciulla si basa sulla “evidenza delle dotazioni sepolcrali” ed è sostenuta dall’analisi antropologica fondata, principalmente, “sulla tipologia degli straordinari oggetti di corredo”. Questo modo di procedere rimanda pari pari all’immagine del gatto che cerca all’infinito di mordersi la coda.
Analizziamo l’aspetto archeologico. Per quanto riguarda la suppellettile potoria (kylix, poculo) e gli oggetti di abbigliamento (armilla, fibule, anello d’argento, spirali) va detto che possono essere sia femminili che maschili. Ci sono poi due spirali d’argento che secondo gli autori sono “…verosimilmente funzionali al ruolo di fermatrecce …”. Ma verosimile non vuol dire vero: per esempio è del tutto verosimile, ma completamente falso, sostenere che il sole gira intorno alla terra.
In definitiva gli elementi archeologici presentati come probanti risultano alquanto deboli, ma i dati antropologici lo sono perfino di più.
Un valente, compianto docente di Antropologia era solito chiudere la sua lezione dedicata alla determinazione osteologica del sesso negli individui immaturi con questa frase: “Dopo lunghi e approfonditi studi possiamo concludere che la probabilità di aver determinato correttamente il sesso di un immaturo si aggira sul 50%, la stessa percentuale che potevamo raggiungere facendo a testa o croce”. Attualmente sui resti ossei inumati si può provare una determinazione di sesso tramite il loro DNA antico, ma nel caso della tomba di Vagli i resti sono cremati e la cosa è impossibile perché il calore elevato (500-700°) che si sviluppa durante il rogo funebre distrugge completamente la parte organica. Per gli allievi del suddetto Maestro – e per quasi tutti gli antropologi – questo tipo di determinazione è sottoposto alla regola che essi chiamano del 50%: la probabilità che la determinazione del sesso di uno scheletro sia corretta deve essere superiore in modo statisticamente significativo al 50%, altrimenti tanto vale tirare la moneta.
Restando in ambito esclusivamente antropologico i caratteri che, secondo gli autori, definirebbero l’appartenenza del cremato di Vagli al sesso femminile sarebbero tre: dimensioni relativamente piccole, gracilità delle ossa, frammento di osso coxale di morfologia femminile. Senza entrare in particolari specialistici, devo dire, purtroppo, che le motivazioni addotte fanno acqua da tutte le parti. Per di più tra i caratteri morfologici citati ce ne sono diversi – la forma della cresta iliaca, della fossa iliaca, della spina ischiatica, del foro otturato – che fortunatamente nessun antropologo usa più perché palesemente inconcludenti.
Termino. Abbiamo visto che se la probabilità di determinare il sesso di uno scheletro non è parecchio superiore al 50%, è meglio lasciar perdere. Nel caso del cremato di Vagli, forse sarebbe stato più opportuno il lancio della moneta. Con notevole risparmio di tempo e, soprattutto, di soldi pubblici.

In allegato una recensione più completa.

Autore: Francesco Mallegni
Professore Ordinario di Antropologia
Università di Pisa
e-mail: fmallegni@biologia.unipi.it – tel.cell.3494498885

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